Contro la violenza domestica gli ospiti in studio forniscono gli elementi essenziali per riconoscere uno stalker. Quando è troppo disponibile, troppo attento, troppo presente, insomma
quando è troppo, perché si entra nell’area delicata
del controllo. Lo stalker
è un grande manipolatore, tenta di apparire per quello che non è, pertanto si presenta con
atteggiamenti sensibili e premurosi poi quando si sente “incastrato” dalle responsabilità scatta il “è colpa tua” e comincia il martellamento. Il maltrattamento da parte degli uomini “non ha classe sociale”: si verifica senza distinzioni tra operai, impiegati, dirigenti, artigiani e commercianti, professionisti, disoccupati. Una condotta criminosa che affonda le proprie radici in un
disagio psicologico dello stalker, soggetto che spesso presenta gravi difficoltà ad elaborare l’abbandono della persona amata in relazione ad un’infanzia vissuta nel dramma della trascuratezza. Lo stalker è spesso un individuo con serie difficoltà a gestire le relazioni interpersonali. Questo disagio non gli permette di elaborare ed accettare l’abbandono: nel momento in cui “sente di perdere” una persona importante, attiva automaticamente una serie di comportamenti orientati a mantenere un contatto “controllante” con la vittima e farla desistere dal proposito d’allontanamento. Queste azioni sono, per lo stalker, quasi “istintive” in quanto il distacco dalla persona “amata” risveglia violentemente dei dolorosi “ricordi emotivi” di un vissuto abbandonico celato nell’infanzia.
Le vittime subiscono forti pressioni psicologiche giocate sui sensi di colpa e vengono condannate
paradossalmente dalla famiglia e dalla società. L’ordinamento italiano ha accolto il
reato di stalking tre anni fa, decretando, di fatto un
grande passo avanti del nostro paese in materia di diritti civili. All’entusiasmo e ai buoni propositi, tuttavia, non ha fatto seguito l’altrettanto sperata efficacia della l
egge 612-bis. Una legge che avrebbe dovuto tutelare ulteriormente tutte le persone vittime di una
forma di violenza molto subdola ed in particolare le donne. Di fatto si è
rivelata una sconfitta. Secondo recenti indagini, uno stalker su tre, dopo la denuncia (e talvolta dopo la condanna) continua imperterrito a perseguitare la vittima. Se la legge prevedesse la possibilità per lo stalker di prendere parte ad un
percorso di risocializzazione, l’altissima recidiva del reato potrebbe diminuire drasticamente. Percorsi di psicoterapia mirati ad una presa di coscienza del problema e all’elaborazione di dolorosi vissuti personali non superati con un supporto specializzato coordinato da esperti.
La dinamica dello stalking, ha un altissimo rischio di recidiva e di passaggio all’atto grave senza manifestazioni intermedie, spesso si passa dalla violenza psicologica agli atti persecutori, di solito dopo una separazione o rifiuto, fino ad omicidi, stragi e suicidi.
Purtroppo sono realtà che interessano tutte le relazioni interpersonali, la famiglia, la casa, la scuola, il lavoro e la coppia. Bisogna insistere sull’assistenza, rompere il senso di impotenza e solitudine in cui vengono relegate le vittime. Chiedere aiuto ai centri antiviolenza è determinante perché forniscono il supporto psicologico e legale a titolo completamente gratuito, grazie al lavoro volontario di professionisti.
E’ risaputo che il crimine si adatti alle situazioni sociali più rapidamente della giustizia, e l’aleatoria politica in tema di privacy di alcuni
social network favorisce inconsapevolmente la proliferazione di un altro orrendo crimine: lo
stalking per mezzo della rete internet, denominato anche
cyber-stalking. Incontri che nascono in rete e si dimostrano pericolosi. Il popolare Facebook, ha collezionato una lunga serie di “presenze” nelle vicende di stalking, compresi casi finiti in tragedia. I social network sono una fonte di incontri tra conosciuti, persone che si mostrano ben integrate nella società, insospettabili, ben inserite, hanno un lavoro, sono subdoli. Non è raro leggere di ex partner pieni di risentimento che creano profili con le generalità della vittima per diffamarla, diffondere fotografie scattate nell’intimità o confondere gli
amici della stessa al fine di ottenere informazioni riservate.
Prevenire, piuttosto che “curare il crimine”, sarebbe anche in questo caso un grande passo avanti per rendere i social network un reale centro d’aggregazione e di comunicazione e non una grande difficoltà per chi vuole tutelare la propria identità o vuole cercare amicizie.
Vite spezzate e storie di donne che chiedono giustizia. E’ tempo di informazione. L’obiettivo del dibattito televisivo ha voluto informare le vittime che possono ricevere aiuto ma al contempo ha cercato di sensibilizzare forze dell’ordine, politica e psicologi sul delicato tema dello stalking e della violenza psicologica, partendo da una prospettiva capovolta: lavorare sull’autore per
affrontare adeguatamente questo allarme sociale.