“Martini dry per tutti? Non c’è miglior tranquillante.”
Il fascino discreto della borghesia, Luis Buñuel – 1972
Una foto di famiglia. Il dettaglio della madre che interpreta il ruolo di signora per bene.
Fermare quell’attimo, plastificarlo, piegarlo al volere dei ricordi e cucirgli addosso una collezione che trae ispirazione dal guardaroba classico femminile. Il passato si fa presente. Un cortocircuito di emozioni che spazia su più dimensioni: quella epica della ribellione che fu, quella armoniosa, discreta, monolitica della piccola borghesia italiana.
Marco Rambaldi, bolognese classe 1990 e uno stile definito e formato a dovere. Una composizione strutturale degna di nota, accostamenti cromatici azzardati, che irrompono e irradiano lo spazio. Stampe eccentriche ma coerenti, sperimentazione materica che va oltre il semplice tessuto tecnico. Una consapevolezza di sé e del proprio lavoro che si riflette in un’immagine pulita, lineare, fatta di geometrie a incastro. L’insofferenza alla monotonia della vita si riversa invece in una classicità inedita, quasi a voler sottolineare che l’unica routine possibile è quella della moda.
Nel febbraio di quest’anno Marco Rambaldi vince Next Generation, l’iniziativa promossa dalla Camera Nazionale della Moda Italiana in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano a chiusura della settimana della moda femminile di Milano.
Giovani Avi è una pellicola del prossimo autunno-inverno girata in un interno, di giorno. L’attenzione è tutta rivolta alla tradizione italiana, sviluppando la collezione a partire da punti fermi del guardaroba femminile: il loden, la mantellina, la gonna a ruota o a pieghe, la camicia e la giacca da tailleur. Capi emblematici, che si stratificano l’uno sull’altro, perdendo di vista l’origine e la proporzione. Si sporcano di geometrie inedite, mutuando l’uno dall’altro proporzioni e stampe.
Materiali della modernità si insinuano tra i capi: scuba doppiato con jersey di lana, seta lavorata tecnicamente effetto nylon, pvc stampato a formare maxi paillettes. Elementi di disturbo, dal vago sapore islamico. Un fiorire di stratificazioni: abiti e soprabiti, gonne e sottogonne lasciano scoperte le caviglie. L’abito buono rivive, risplende, rigoroso e superbo: una semplicità che annichilisce, ancor più del concetto anacronistico del “perbene”.
Una collezione, quella di Marco Rambaldi, che si racconta da sé, senza premesse ulteriori o giri di parole. Un’immediatezza che lascia di stucco. Una tranquillità rabbiosa che rivive nel cappotto buono o nella gonna dalla mezza lunghezza. Una moda che cita se stessa, reinventandosi ad arte.
ANDREA PESAOLA
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