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Mario Lunetta: IDENTIFICAZIONE BIOMETRICA

Da Lindapinta

IDENTIFICAZIONE BIOMETRICA, Robin Edizione, Roma, 2011 (pag.125)

di Ninnj Di Stefano Busà

Una personalità poliedrica e preparata quella di cui vado a trattare, una penna che sa dosare e ritmare in forma di scrittura mirata, la condizione dell’esistente e dell’assente che, dalla sua dissertazione, prende forma “biometrica”appunto, come lui stesso titola il suo volume.

La scrittura e la poesia di Mario Lunetta sono il contrario del lirismo affabulante e mieloso, trattasi di poesia sperimentale che non ha le caratteristiche delle avanguardie minimalistiche: vi si riscontra una poetica affilata, tagliente, narrante, presente che mostra appieno la società scardinata e impotente di una generazione in declino, paranoica e multimediale, basata sulla precaria condizione del genere umano, votato ad un ultramodernismo smisurato, quanto privo di connotazioni interiori, di presenze valoriali, sterile e incompiuta, di un tecnologismo sofisticato, ma arido, fatto di misure aliene al vivere civile, sottoposte ad attriti, a sforzi, a conflitti, a disuguaglianze, a disordini invero inamovibili, con una scarsa o nulla propensione a rimuovere alcunché, che possa imprimere una sterzata di verità, di giustizia, di superamento sociali e umani. Una società e umanità, le nostre, drammaticamente povere in spiritualità. Infatti, “in interiore homini” vi appare come una forma aliena di protagonismo irreversibile: una società slabbrata, inadeguata ad una vita senza qualità superiori, ma indifferente all’azione, inconsapevole del suo inenarrabile “seccume”, pur ammettendo l’arsura in cui è immersa, e di cui è la prima forse a riconoscerne l’esacerbata sterilità, l’impreparazione a porvi rimedio  e ad avvertire qualsiasi forma di realtà viva e fisiologica. Viviamo in un limbo in cui si sente pericoloso il dominio delle forze avverse, ma si è incapaci di reagire, di apportare una correzione di rotta alla nave in deriva. un mondo che sopravanza in pigrizia e nel sonno riparatore di una amorfa e ignava raffigurazione dell’essere in profonda mutazione di sé e da sé. Una focale enucleazione dei motivi che soggiacciono al pragmatismo dei sentimenti, degli affetti valoriali dell’uomo, una perseveranza all’inerzia che fa rischiare l’implosione in sé.

Mario Lunetta ingloba un pensiero forte, ammonisce e addita spesso responsabilità dell’uomo: vanaglorioso e vacuo, perso in un mondo irreale, da cui non può che adeguarsi ad una incongrua situazione di arresto, di necrosi quale esito di un fallimento culturale e umano che ha determinato lo svilimento e l’anarchia di un periodo storico tra i più difficili e mistificatori sul piano culturale della specie.

La scrittura di Mario Lunetta è il cuore pulsante del suo sentire in controcorrente, attraverso una potente rimozione dell’omologazione collettiva, che in poesia è ben lungi dal dare risultati autentici, perché, come bene afferma lo scrittore, ne diviene il perpetrare di un male supremo di degenerazione non solo linguistica, che non dà scampo alla visione d’insieme e cresce a danno di un mondo, che si ravvisa estraneo alla logica, all’autoconsapevolezza, alla dottrina e libertà di pensiero e d’intelletto.

Infine si estenua l’idealità del vissuto, perché non corroborata da forze vitalistiche al bene e al giusto. In uno dei suoi affondi, il poeta Lunetta afferma che le parole “sono ordigni esplosivi a tempo” (Depistaggi pag.4) proprio a significare il genere di miccia  o di polvere che innesca il dramma di un mondo in disordine, divorato dal “sistema” inerme, che non fa nulla per ottemperare a rimedi o rendersi immuni dalla drammaticità invasiva e pervasiva che incombe.


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