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Médard

Creato il 06 giugno 2011 da Dragor

Congo_rwandais_432_23012009    Oggi è l’anniversario della morte di Médard. Era il più bello dei 3 maschi di Marguerite. Alto, elegante, sportivo, coltivato, dotato di un sorriso assassino, faceva strage di cuori.

   Voleva aprire una scuola informatica ed era riuscito a farsi finanziare dall’ONU. Ricordo che l’ho aiutato a cercare le sedie per le aule. Nato in esilio, sognava di riconquistare il Rwanda e c’è tornato da clandestino nel 1987 durante la dittatura di Habyarimana. Una sera ha alzato troppo il gomito, ha proferito commenti poco lusinghieri sul regime e ha rimediato una manica di botte. Lo hanno rispedito a Bujumbura più morto che vivo e poteva ancora considerarsi fortunato.

   Nel 1991, quando il FPR ha cominciato la pressione militare nel Nord del Rwanda, si è arruolato. Poiché aveva una laurea in Scienze della Comunicazione conseguita a Louvain, in Belgio, è diventato addetto stampa. Ho una cassetta che lo mostra rispondere in buon inglese alle domande dell’inviato della BBC.  Nelle vicinanze si vede il futuro presidente Paul Kagame in tuta mimetica e sul terreno alcuni cadaveri di militari delle FAR, le Forze Armate Rwandesi, presso una posizione appena espugnata.

    Nel 1994, per battere i 50.000 delle FAR appoggiati dalla Francia e mettere fine al genocidio, invece di puntare subito su Kigali Kagame ha ideato una manovra a spirale per liberare progressivamente il paese. Numericamente molto inferiori, le forze del FPR spingevano davanti a sé masse di profughi civili che ingombravano le strade impedendo ogni manovra agli avversari. Così le FAR si sono ritirate per un mese, fino al giorno della battaglia per l’aeroporto. Prendere l’aeroporto significava prendere Kigali, e prendere Kigali significava vincere la guerra. Per una volta le FAR hanno accettato lo scontro e combattuto con tanto accanimento che alla fine Kagame ha reso loro l’onore delle armi. I francesi avrebbero voluto rifornirle di munizioni, ma il FPR ha abbattuto gli elicotteri rifornitori e le FAR si sono dovute arrendere perché erano rimaste a secco.

   Médard sperava di arrivare per primo alla casa del dittatore, situata poco lontano dall’aeroporto. Gli sembrava già di vedere la sua fotografia su tutti i giornali del mondo, di essere intervistato dai giornalisti del mondo intero. Così è partito a bordo di un veicolo militare ed è saltato su una mina. Per fortuna è morto sul colpo. Non avrei tollerato di vederlo invalido o sfigurato. Ha lasciato la moglie e 2 figli.

   Caro Médard, tanti anni dopo alla casa di Habyarimana ormai trasformata in museo ci sono arrivato io con 2 tue sorelle, una delle quali mia moglie, e le figlie di mia cognata, le tue nipotine Alice e Lisa. Nelle vicinanze c’è il luogo dove, il 6 aprile 1994, è precipitato l’aereo che portava  il dittatore, in seguito all’attentato che ha scatenato il genocidio. Ho visto le bambine scrutare l’erba fra i rottami del Falcon 70, conservati come cimeli. “Forse è rimasto qualche pezzo di carne”, ha detto Alice speranzosa. “No, se l’è mangiato il gatto”, ho replicato. Giuro che mi è parso di sentirti ridere.

 Dragor


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