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"Io ho il consenso, voi no", questo è il messaggio che il primo ministro Mario Monti ha inviato ai politici italiani dalla lontana Cina, sventolando i risultati dei sondaggi che danno il suo governo tecnico molto più popolarità che ai partiti politici, al loro minimo storico nel gradimento degli italiani.
A ben vedere però anche il gradimento degli italiani verso il nuovo governo appare in calo, grazie anche alla pantomima in atto sull'art.18 dello statuto dei lavoratori, che in tanti non riescono a comprendere cosa possa entrarci nel rendere più competitivo il sistema produttivo nazionale.
Non c'è dubbio che tutto il funzionamento del mercato del lavoro dovrebbe essere rivisto, così come pure quello del welfare, si si volesse veramente stimolare le imprese a nuovi investimenti e a nuove assunzioni, ma la semplice modifica dell'art.18, che consentirebbe un più facile licenziamento degli operai delle grandi imprese, appare solo un modo per liberarsi con poca spesa del personale in eccesso o semplicemente sgradito.
Naturalmente questo non sarebbe possibile per la pubblica amministrazione, i cui impiegati sono da sempre figli di un Dio Maggiore e pertanto al riparo da qualsiasi rischio.
Ma come sappiamo il professor Mario Monti più che un primo ministro del governo italiano è il commissario della Unione Europea e degli organismi finanziari internazionali (Ocse, Fmi,Wto e via dicendo) e tutto quello che può fare è di eseguire gli ordini ricevuti dall'alto, grazie anche all'appoggio di Sua Maestà Re Giorgio I, che gli ha conferito l'incarico e che continua a sostenerlo ogni giorno, non facendogli mai mancare il suo appoggio e il suo incoraggiamento.
La lodi e incoraggiamenti non arrivano solo dagli organismi internazionali citati, ma anche dai maggiori leader politici mondiali, da Obama alla Merkel, con l'invito a continuare sulla strada delle "riforme", che secondo tutti loro stanno raggiungendo il risultato voluto, che dovrebbe essere quello di mettere in sicurezza i conti pubblici italiani.
Peccato però che quelle stesse manovre stiano provocando degli effetti collaterali molto gravi, come quello di impoverire la classe media e gli italiani tutti in generale, provocando il crollo dei consumi interni e nuova recessione e con il prezzo della benzina che continua a crescere e l'arrivo degli aumenti dell'iva e la nuova imposta Imu sugli immobili c'è da star certi che le cose non potranno che peggiorare ancora e se già oggi c'è gente che arriva a darsi fuoco come un bonzo tibetano di fronte alle sedi dell'agenzia delle entrate, per protestare contro una pressione fiscale ormai insostenibile, figuriamoci quello che potrà accadere domani.
Difficile quindi poter pensare che Monti e il suo governo possano mantenere la popolarità sbandierata in questi giorni, anche perché non viene detto che una buona metà degli interpellati nei sondaggi preferisce non rispondere ai quesiti, e sarebbe meglio che il primo ministro e l'inquilino del colle più alto pensassero meglio a cosa fare nel prossimo futuro.
Che il vento stia cambiando l'hanno ben capito i politici, che cominciano a mostrare insofferenza di fronte alle scelte del governo tecnico, ma la loro debolezza è tale che altro non possono fare in questo momento che penare a come riassicurarsi la rielezione in parlamento nelle prossime consultazioni elettorali, oltre che a mantenere il controllo sulla Rai.
Intanto però Monti deve registrare la defezione tra le fila dei suoi sostenitori del gruppo editoriale L'Espresso - La Repubblica, che a parte il padre fondatore del quotidiano Eugenio Scalfari, sta prendendo nettamente le distanze dal governo tecnico, seguendo la linea dettata dal suo editore Carlo Debenedetti, particolarmente acido verso il suo ex assistente Corrado Passera, oggi ministro per lo sviluppo economico e da tanti indicato come il prossimo leader di un movimento politico centrista omnicomprensivo di quasi tutti i partiti. Gli rimangono fedeli La Stampa, di proprietà della Fiat, e il Corriere della Sera, quotidiano da sempre controllato dalle banche, anche se sulle pagine del quotidiano milanese non mancano le critiche degli economisti Giavazzi e Alesina alle mosse del loro ex collega Mario Monti, che su quel giornale, prima di diventare premier, aveva indicato ben altre necessità da affrontare.
Nel frattempo la crisi economica mondiale non accenna a rientrare e se si è accantonato per un po' il problema del debito pubblico greco ecco che riappare quello del debito spagnolo a far risalire spread dei titoli di stato e a deprimere gli indici azionari, in quello scenario da video game più volte evocato dall'ex ministro del tesoro Giulio Tremonti, nel quale distrutto un mostro ne arrivava subito un altro più forte e minaccioso.
Il futuro rimane dunque incerto più che mai e non sembra proprio che le mosse messe in campo per cercare di risolvere i problemi siano efficaci. Non lo sono quelle promosse dagli enti internazionali e non lo sono quelle promulgate dai governi nazionali.
Occorrerebbe uno scatto d'orgoglio e creatività, cominciando con l'affrontare seriamente il vero grande problema italiano, la spesa pubblica e i suoi enormi sprechi, cominciando con il tagliare i finanziamenti ai partiti, specialmente dopo gli ultimi scandali avvenuti, ma questa è una scelta irrealizzabile, dal momento dovrebbero essere gli stessi partiti politici a trovare la forza di autoriformarsi, cosa che appare fuori da ogni ottimistica previsione.
Non rimane così null'altro da fare se non aspettare e vedere cosa accadrà nelle prossime settimane, quando gli italiani toccheranno con mano i primi risultati dell'opera di "risanamento" del governo tecnico, con l'arrivo delle nuove tasse e delle bollette maggiorate.
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