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Muore la seconda repubblica, (ri)nasce la Politica
Creato il 09 agosto 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlogIl "modello Berlusconi" ha incarnato il modo di fare politica nella cosiddetta (e presunta) seconda repubblica: il leader crea il partito e gli fornisce un senso. E guai a chi osa ribellarsi! Un modello al quale hanno dovuto adeguarsi, chi più e chi meno, un po' tutti gli altri soggetti in campo: la Lega, l’Italia dei valori, l'Udc, in parte anche Sel e Fli, non sono forse dei monoliti immutabili dove ogni ricambio di classe dirigente è di fatto precluso e le regole di democrazia interna sopravvivono solo a livello di parvenza? Basta osservare bene la scheda elettorale quando ci rechiamo alle urne, da tempo trasformatasi in un citofono dove ai simboli e alle loro storie, fatte di ideali e di tradizioni, si sono sotituiti tanti cognomi in bella evidenza.
Tuttavia, come gli ultimi avvenimenti anche di natura economica e finanziaria dimostrano, lo Stato italiano, diventato nella sostanza presidenziale, si trova di fronte a un futuro senza leader e senza partiti. Una prospettiva che molti confondono con l'antipolitica ma che in realtà è tutta politica, di una nuova politica che trova legittimazione (soprattutto morale) dal basso in una società civile stanca del vecchio e desiderosa di un ritrovato protagonismo. Se così non fosse, non avremmo certo registrato una massiccia partecipazione popolare ai recenti referendum e forse i sindaci di Milano e Napoli oggi non si chiamerebbero Pisapia e De Magistris.
La seconda repubblica, che in realtà altro non è stata che la peggiore continuazione della prima, è dunque ormai alla fine. Vent’anni dopo l’avvio, arranca faticosamente insieme agli attori principali che hanno contribuito a fondarla e a plasmarla: Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. In particolare, appare logoro proprio il modello imperniato sulla personalizzazione iperbolica del partito e del governo, enfatizzata dall’uso dei media. A differenza di quel che avviene nelle altre democrazie occidentali, in Italia il partito non agisce come una macchina per selezionare e sostenere il leader. E' viceversa il leader stesso a creare il partito, a fornirgli regole e valori, identità e organizzazione, legando indissolubilmente il destino della sua creatura al proprio.
Un modello a lungo vincente e per questo riprodotto da tutti, non solo dagli attori di governo, in base alla diversa disponibilità di risorse (mediatiche ed economiche). Ma comunque e sempre con al centro la figura cardine di Berlusconi, vero artefice della seconda repubblica scaturita dal vuoto politico prodotto da Tangentopoli. Come detto, guardandoci intorno vediamo solamente imitazioni, più o meno riuscite.
Paradossalmente il Pd, l'unico soggetto che ha tentato di non appiattirsi sulla decadente formula berlusconiana mantenendo molte regole dei vecchi partiti, soprattutto in quanto a democrazia interna, pur aprendosi a diverse sperimentazioni capaci di coinvolgere la propria base elettorale e di iscritti (con le primarie), rischia a sua volta di non sopravvivere alla morente seconda repubblica e di non raccogliere l'eredità dello sfacelo lasciato dal berlusconismo, proprio come era capitato alla Dc quando venne meno lo spauracchio del comunismo.
Perchè tutti gli esperimenti tentati nell'ultimo ventennio, anche quelli animati da migliori intenzioni, oggi che tutto sta crollando appaiono come gusci svuotati di senso e consistenza. Innanzitutto sul piano morale. La scomparsa di Berlusconi dalla scena pubblica segnerà la fine del suo non-partito ma trascinerà a fondo l'intero sistema. Forse solo la Lega potrà salvarsi, in virtù della propria diffusa organizzazione sul territorio ma a condizione che trovi il coraggio di tornare alle sue origini di movimento antisistema. Che significa sacrificare e superare il suo dominus fino a oggi indiscusso: Umberto Bossi. Figura che in ogni caso è condannata a seguire la stessa sorte di Berlusconi.
Insomma, ci avviamo a un futuro prossimo che nei fatti è già iniziato: senza leader e senza partiti. Ma non senza politica e forse con una democrazia più forte. Ciò spiega pure il ruolo assunto dal presidente Napolitano, troppo interventista per alcuni e troppo cauto per altri, certamente l'unico leader in grado di mostrare lungimiranza e che goda di grande fiducia nell'opinione pubblica per meriti "personali" più che politici. E' la personalità istituzionale che è riuscita meglio ad apparire come autonoma e indipendente dagli attuali partiti.
Coloro che, rinchiusi nel proprio fortino autoreferenziale e attaccati come sanguisughe a privilegi vacillanti, continuano a gridare "al lupo al lupo" paventando scenari apocalittici a discapito della sovranità popolare, sono in malafede e distantissimi dai reali sentimenti della gente. Nessuna deriva è all'orizzonte. La crisi del modello berlusconiano ha infatti sollecitato la reazione positiva di molte persone che, in proprio, hanno saputo ripensare le forme di partecipazione diretta alla vita democratica, agendo nella società civile, sul territorio, in Rete, ma anche alla periferia dei partiti stessi.
L'unica prospettiva da scongiurare, pertanto, è che la seconda repubblica, prima di spirare, si produca in nefasti colpi di coda; mentre la vera speranza da coltivare è che i tanti cittadini di buona volontà del movimento invisibile cresciuto in questi ultimi mesi continuino a combattere per accelerare la sua fine senza rassegnarsi. Magari sostenendo una originale iniziativa del magazine online ilFuturista, da sempre in prima linea contro le degenerazioni dell'odierna politica, partorita lo scorso 7 agosto e tesa a "licenziare per giusta causa" il governo Berlusconi.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri Palazzo Chigi Piazza Colonna 370 00187 ROMA
7 agosto 2011
Chi scrive, in questa domenica di agosto calda e ansiosa per quanto ci avete raccontato negli ultimi giorni, è una massa indeterminata, fatta di italiani stanchi, delusi e parecchio adirati. Perché dopo una attenta riflessione si è giunti a una conclusione ben chiara: possiamo chiedere il licenziamento del governo. L’Italia è come un’azienda, ha detto spesso Silvio Berlusconi, e noi anche dalle pratiche privatistiche mutuiamo qualche spunto. I motivi per i quali il popolo italiano ha deciso di scrivere all'esecutivo questa lettera di licenziamento sono diversi. Tuttavia, data la gravità della situazione in cui versa il Paese che richiede tempi ridotti per ogni iniziativa, li abbiamo riassunti e argomentati. In tutti questi anni noi italiani abbiamo dovuto sopportare diverse ingiustizie e violazioni di ogni natura. Qui, schematicamente, le riportiamo.
Perdita della dignità a livello internazionale della “azienda Italia”
L’Italia era un Paese florido e rispettato in Europa e nel resto dell’Occidente. Ora siamo diventati il Paese del bunga bunga, dello sfascio, dell’immondizia per strada. Ovunque nel mondo si scrive che l’Italia è in pieno degrado politico, sociale ed economico, che le mafie non mollano e influenzano la politica. L’Italia, tra i fondatori dell’Europa, nell’Unione europea non conta più nulla e i suoi principali leader evitano il capo del nostro governo. Anzi, lo chiamano solo per rimproverarlo e dargli ordini. Come la stampa internazionale che non usa mezzi termini: il vostro governo è guidato da un uomo che «ha fottuto un Paese intero».
Scontro istituzionale continuo, incapacità evidente di gestire le istituzioni
In questi anni il governo, pesantemente influenzato dall’approccio tipico del suo capo, ha lanciato il Paese in una confusione istituzionale producendo un clima di scontro continuo tra i
poteri e tra le istituzioni. Un risultato negativo che neanche la parentesi degli anni di piombo e di Tangentopoli avevano determinato. Ciò evidenzia la volontarietà della condotta.
Arretramento culturale della società e della politica italiana
L’Italia è da sempre la patria della cultura e dell’arte. Oggi è la vetrina del malcostume e del malgoverno i cui effetti sono sotto gli occhi di tutto il mondo. Crolla Pompei, chiudono i musei, i principali monumenti sono senza restauro, la ricerca è vittima di un ministro incompetente che prende ordini dal ministro che ha le chiavi del Tesoro e che disprezza la cultura. Situazione che dipende dallo stile personale del presidente Berlusconi. Allo stesso modo anche la politica è stata pesantemente soggetta a un imbarbarimento del linguaggio e dei modi.
Condotta extralavorativa idonea a far venir meno il vincolo fiduciario
Contestiamo, al di fuori dei luoghi di lavoro, l’assenza di moralità e dignità di Silvio Berlusconi, che sostiene di guidare il Paese. Che chiede sacrifici e diligenza ma che puntualmente contravviene al minimo della decenza. Siamo sessanta milioni ad avere una vita normale e sobria e il vostro governo, segnatamente il vostro leader, avrebbe dovuto comportarsi ancor meglio. Ma, al contrario, siamo stati costretti a subire cronache disgustose e offensive.
Ingiurie e grave diffamazione nei confronti del datore di lavoro e di superiori gerarchici (gli italiani)
Una concezione moderna considera il governo subordinato ai cittadini che sono, al tempo stesso, i suoi datori di lavoro e i suoi superiori gerarchici. Molto spesso dalle vostre persone abbiamo subito ingiurie gravi, ora irripetibili. E questo il presidente del consiglio lo dovrà capire. Nelle sue aziende funziona così.
Negazione libertà di espressione e occupazione dei media
Con il governo Berlusconi l’Italia ha visto la sua stampa degradata da libera a parzialmente libera. Gli osservatori internazionali addebitano tutto alla condotta di un governo quotidianamente impegnato in atti di censura e diffamazione ai danni della libertà di espressione occultando gli errori dello stesso governo nonché critiche e un dibattito sereno e democratico. A tutto vantaggio dei media di proprietà del presidente del consiglio obbligati a descrivere una realtà che non esiste.
Utilizzo di cariche pubbliche per fini privati
Nel corso di questi anni è stato continuamente violato il principio dell’imparzialità dell’azione di governo e del legislatore creando una pericolosa prevalenza dell’interesse privato del capo del governo sugli interessi e le aspettative legittime dei cittadini. Norme medievali tentano continuamente la sovversione di principi fondamentali per una democrazia occidentale.
Grave inadempimento del contratto con gli italiani
Gli impegni presi con gli italiani, in modo talvolta ridicolo, sono stati interamente disattesi. Tra gli altri, mancano le infrastrutture, scuola e università sono in emergenza cronica, le forze di polizia non riescono a garantire la sicurezza, i tribunali sono in affanno, aumenta la pressione fiscale e la manovra di emergenza peggiorerà lo stato sociale.
Tutto ciò premesso e considerata la necessità del commissariamento da parte delle istituzioni comunitarie e dei principali Paesi occidentali che denotano il fallimento istituzionale, comunichiamo l’immediato licenziamento del governo italiano per giusta causa.
Gli italiani
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