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Nanosecondo di autocelebrazione

Creato il 19 giugno 2011 da Lanterna
Non parlo spesso della mia attività di insegnante di danza. Anzi, davanti alla mia maestra e alle altre allieve evito proprio: mi vergogno di fregiarmi di questo titolo, pur non avendo voluto seguire i percorsi studiati per le insegnanti (a differenza di molte mie "colleghe", non ho un diploma ufficiale né ho seguito corsi ad hoc).
Sicuramente a Milano non avrei futuro né mercato: perché una ragazza dovrebbe venire a lezione da me anziché da Francesca Pedretti o Alessandra Centonze o Sabina Todaro o una delle tante bravissime insegnanti che conosco?
A Bereguardo, non ho concorrenza. Anzi, faccio una specie di servizio pubblico: insegno a persone che probabilmente non andrebbero a scuola a Milano o Pavia.
Due anni fa, quando ho cominciato, avevo una dozzina di allieve, tutte variamente motivate: c'era quella che si voleva sentire figa, quella che veniva per fare gruppo, quella che si era innamorata della danza orientale e via.
Poi per un anno mi sono fermata, e ho perso per la strada la maggioranza di quelle persone: alcune hanno proprio smesso, altre hanno cercato altre scuole (che si sono rivelate più in sintonia con i loro gusti, oltretutto).
Quest'anno ho ripreso senza grandi illusioni. Infatti non ho avuto molte allieve, solo 4. Sufficienti per ripagare i costi dell'assicurazione e della sala. Tre erano già state con me, la quarta invece era una principiante.
Sono persone che non potrebbero essere più diverse tra loro: una ragazza sui 27-28 anni, una mia coetanea con una figlia alle elementari, una signora con un figlio universitario e un'altra signora sui 50.
Le accomuna il fatto di essere curiose e non superficiali, di volersi mettere in gioco e accettare le sfide.
Quasi da subito, una volta gettate le basi, ho deviato dalla semplice danza del ventre. Io non sono una professionista e non formo persone che diventeranno professioniste, quindi ho pensato di farmi ispirare dalle attitudini e dalle esigenze delle mie ragazze e di modellare il corso in divenire.
Abbiamo mescolato i movimenti della danza orientale con gli esercizi di euritmia, ho applicato un po' di storytelling per migliorare l'interpretazione, ho dato fondo a tutte le mie risorse.
Ho cercato musiche che non fossero quelle classiche della danza orientale e che fossero un po' più "connesse" con l'immaginario musicale che ci circonda. Questo non significa che io abbia attinto alle programmazioni delle radio: ho cercato musiche particolari e inusuali, ma senza partire per forza dalla musica araba.
Ho cercato di costruire i pezzi insieme alle ragazze, incitandole all'improvvisazione (ove possibile) e mettendo l'accento più sull'interpretazione che sulla corretta esecuzione.
So benissimo che spesso avranno pensato che ero pazza o che chiedevo loro qualcosa di eccessivo.
E invece ieri sera mi hanno dimostrato che ero nel giusto, che ho fatto bene a insegnare loro lo spirito della danza anziché fossilizzarmi sulle sequenze e sui movimenti.
Ieri sera, le mie ragazze sono state ospiti del saggio di una mia amica, lei sì insegnante professionista, e hanno interpretato splendidamente i due pezzi che avevamo costruito insieme. Sono state ammirate, hanno ricevuto complimenti e soprattutto hanno fatto qualcosa di bello e piacevole per se stesse.
Io sono una ballerina mediocre, sono una che non pratica tutte le declinazioni della danza orientale, sono una che non otterrà mai un diploma di insegnante da un organo serio. Ma ieri ho avuto la prova di aver fatto qualcosa di importante per quelle quattro persone.
E loro hanno fatto qualcosa di importante per me, rendendomi fiera di averle portate su quel palco.

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