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Napoli tra sacro e profano (il primo “stadio”)

Da Antonio

A Napoli si cominciò a giocare davvero al calcio su un sconnesso nella zona del porto compresa tra le vie C. Colombo – De Gasperi – Depretis che anticamente veniva chiamata ‘o Mandracchio, toponimo oggi caduto praticamente in disuso. Secondo alcuni il largo del Mandracchio doveva il suo nome per via delle mandrie di bovini che vi pascolavano (anche se non risulta che nella zona a ridosso del porto e del mare vi fossero terreni adibiti a pascolo), altri ancora vogliono fare risalire l’etimologia ad una lingua orientale. Un’altra ipotesi, invece, fa leva sul piccolo molo angioino che dava sul limitrofo specchio d’acqua – oggi interrato – che era chiamato “Porto o Mar ad Arcina” e proprio questo “Mar ad Arcina” pare che nel linguaggio popolare si trasformò in “Mandracchio”.

Verosimilmente, però, il termine si riallaccia con sostantivo spagnolo “mandrache”, cioè darsena. In effetti in quella zona a ridosso del mare e del porto vi fu ubicata in tempo viceregnale una darsena che, per essere al solito caotica e – forse – lercia fu ricordata con il termine spagnolo mandrache addizzionato del suffisso spregiativo “acchio”.

Perché si iniziò a giocare lì è presto detto, il calcio è sbarcato a Napoli come nel resto del mondo tramite giovani e baldi inglesi, i quali, quando potevano, scendere dalle loro navi e si mettevano alla ricerca di uno spiazzale adatto per giocare a football (e quale posto migliore del Mandracchio?), attirando non solo la curiosità e gli sberleffi dei residenti della zona (del resto vedere un manipolo di giovani rincorrere con foga una palla non era cosa da tutti i giorni), ma anche gli sguardi del gentil sesso, felicemente imbarazzato quando i giocatori si dovevano spogliare per indossare la tenuta di gioco.

Ovviamente oggi non è rimasto nulla di quel terreno da gioco, né tantomeno del porticciolo attiguo. L’unica testimonianza del passato è data dalla chiesetta di Santa Maria di Portosalvo, edificata nel 1554. La chiesa, che conserva ancora l’antico livello stradale, divenne sede di una confraternita di marinai che realizzava opere di misericordia a favore dei marittimi, tra cui l’assistenza ai marinai ammalati. Al suo esterno c’è la cinquecentesca fontana della “Maruzza” (lumaca) e la quarta – e meno famosa – Guglia che la città di Napoli possiede, eretta nel 1799 dai legittimisti borbonici per la vittoria sugli invasori e massacratori francesi.



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