Alla fine ce l’ha fatta. Il congresso della Lega Nord convocato ad Assago ha eletto Roberto Maroni segretario federale del partito ed Umberto Bossi presidente.
Tutto apparentemente è filato liscio ed i delegati hanno votato compattamente per l’ex ministro dell’Interno. Il Senatur costretto dagli eventi, e dalla debolezza fisica e politica in cui versa ha dovuto fare un passo in dietro consegnando la sua creatura politica a quello che fino a poco tempo fa era il suo eterno numero due. Nonostante quello che traspare il partito di Via Bellerio però non è ancora un partito unito e pacificato. Lo scontro tra bossiani e maroniani i cosidetti “barbari sognanti” è lungi dal placarsi.
Troppo diversi gli uomini e troppo alternative le visioni per il futuro. Da un parte Bossi, animale politico raro, e la sua visione familistica del movimento, dall’altra Maroni e la sua voglia di rivalsa e di rinascita.
Quella di Bobo dovrebbe essere una Lega Nord diversa, basta alle adunate folkloristiche come Pontida, stop al dialogo con i partiti romani, guerra aperta al governo Monti ed alle forze che lo sostengono. La sfida è tanto semplice da comprendere quanto ardua da attuare: cercare di arginare l’emorragia di consensi che ha colpito il partito dopo lo scandalo della gestione dei “rimborsi elettorali” dell’ex tesoriere Belsito. Prima però la Lega Nord aveva il copyright di forza antisistema, ora il M5S drena voti nel suo stesso bacino elettorale e nella stessa fascia di malcontento soprattutto nelle regioni del nord.
Il vecchio adagio leghista “padroni a casa nostra” rischia di diventare “inquilini in casa Grillo”.
I limiti del nuovo carroccio, sono sotto gli occhi di tutti. Come può, infatti, Maroni invocare discontinuità con il passato, quando lui stesso di quel passato era un protagonista indiscusso? Che credibilità hanno Zaia, Cota e Calderoli e gli altri dirigenti padani che ieri ad Assago hanno tentato di mettere una pietra tombale sulla precedente gestione quando fino a ieri accettavano come verbo indiscusso la parola di Bossi senza mai criticarlo?
Potranno convivere la Lega moderata e costituzionale del sindaco di Verona Flavio Tosi oggi segretario del Veneto con quella razzista ed antieuropea di un Mario Borghezio?
Veneti, lombardi, piemontesi, autonomisti, secessionisti, indipendentisti fino a ieri erano tenuti insieme da Bossi che distribuiva poltrone ed incarichi ed espelleva chi dissentiva, potrà Maroni , leader con molto meno carisma fare lo stesso?