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Nel nome di Socrate per una primavera del merito. Lettera di scuse ai giovani di un ex notabile della "videocrazia".
Creato il 23 marzo 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlogdi David Incamicia |
Sfoglio il settimanale Panorama e mi imbatto nel seguente titolo: "In Tv non ci sono più i raccomandati di una volta". Approfondisco e rilevo che si tratta di un pezzo che affronta il tema imbarazzante e attuale dei giovani e del merito, seppure limitatamente al mondo dello spettacolo. E' l'intervista che non ti aspetti al noto giornalista e autore televisivo Cesare Lanza, artefice di "capolavori" del piccolo schermo come la fu Buona Domenica di Canale 5 e a lungo pure la più blasonata rivale Domenica In, da sempre vanto della rete ammiraglia della Rai.
Trasmissioni che, bisogna ammetterlo, hanno contribuito negli ultimi anni in modo notevole al decadimento culturale e morale del Paese, ospitando e dando risalto a schiere di ciarlatani e starlette senza arte né parte, veri e propri mostri del tempo presente dove conta solo apparire, e incentivando così la gente, specialmente le nuove generazioni, al ricorso sistematico alle furbizie e alle scorciatoie quali strumenti per l'affermazione di sé nella società. E in effetti il buon Lanza, che è stato a lungo uno dei simboli più influenti della cosiddetta "videocrazia", si produce in una franca autocritica e decide di fare qualcosa di più.
La fondazione Socrate. Ritorno al merito è la sua ultima creatura, ma stavolta dagli obiettivi evidentemente opposti a quelli della mission di un tempo. Un movimento di opinione che può già contare sul sito internet Socrate 2000, che ovviamente mi sono precipitato a visionare. Ed è proprio qui che ho riscontrato con stupore, al netto di ogni ragionevole dubbio, come nella vita perfino per i personaggi più illustri e privilegiati ci può sempre essere il tempo per l'umiltà e per la redenzione. Soprattutto, quando ci si riesce, per il buon senso.
La lettera di scuse che Lanza rivolge ai giovani, a quei giovani a cui è stata tolta la speranza del futuro e che sono diventati loro malgrado "la questione" italiana per eccellenza, mi ha molto colpito e la ripropongo integralmente in questa sede. Si tratta di parole tristi ma forti, frutto di una consapevolezza che non cede il passo alla rassegnazione anzi, vuole spronare i giovani stessi e l'intera società a uno scatto di orgoglio e a una dignitosa reazione.
Forse sono pensieri ancora troppo isolati ma il fatto che provengono dalla lucida mente di chi ha abilmente gestito l'industria del trash mediatico, rappresentando forse nel modo peggiore l'egoismo e la sordità degli adulti dinanzi al grido di dolore di chi ha dovuto accorgersi, pagando in termini di dignità e sovente rassegnandosi alla pena dell'esistente, che in questo Paese il sacrificio e l'onestà - e appunto il merito - non bastano per realizzarsi, apre uno spiraglio alla fiducia. Eccolo, dunque, il mea culpa del nuovo profeta della meritocrazia e fiero avversario della "cultura del calcinculo".
LETTERA DI SCUSE
Scrivo nel giorno in cui si apre la primavera. Il cuore si apre alla speranza. Così, con un sentimento di indispensabile fiducia, vorrei spiegare perché ho fondato un movimento di opinione, assolutamente apolitico e trasversale come si dice oggi, che si chiama "Socrate. Ritorno al merito". E' un movimento aperto a tutti coloro che credono nell'indispensabilità del ritorno alla meritocrazia. Intendiamoci subito: non mi illudo certo che si possa eliminare l'abitudine, eterna, dei favoritismi, delle spintarelle, dei cosiddetti calci nel sedere, insomma delle raccomandazioni, o addirittura dei favori di scambio, delle scalate grazie ai servilismi o alle prostituzioni, che alimentano in maniera alluvionale le cronache italiane, giudiziarie e gossipare, di questi ultimi mesi. Il fenomeno, insito nelle debolezze dell'animo umano, è invincibile e ineliminabile. Non siamo utopisti né moralisti. Ma pensiamo che, in Italia, si sia andati ormai al di là di ogni, pur generoso, confine. Insomma, quel che è troppo, è troppo. Vogliamo dare un piccolo contributo a un valore tanto prezioso quanto, oggi con particolare violenza, oltraggiato: il merito. La fiducia è che poi il merito, alla fine, possa e debba prevalere. Perciò abbiamo dedicato questa iniziativa al nome di Socrate, un'icona e un simbolo. Socrate infatti non scrisse una riga, ma pensava, e parlava con i suoi seguaci e con chiunque incontrasse per la strada. Non ebbe riconoscimenti, anzi fu contestato, avversato, processato e infine condannato a morte. Non si sottrasse alla pena, che pur considerava ingiusta. E disse di no a chi voleva indurlo alla fuga. Morì dignitosamente, senza tremare. Dopo millenni, il suo pensiero e la sua persona, tramandati dai discepoli e dai filosofi, dagli ammiratori e dagli studiosi, sono e continueranno ad essere oggetto di attenzione e riflessione. Il merito ha dunque vinto, contro ogni ostacolo. Milioni di giovani di oggi, meritevoli, certo non sono novelli Socrate e comunque non possono aspettare millenni. Hanno merito, hanno qualità, ma trovano sbarrata ogni strada per emergere. Da chi? Da chi non possiede qualità, ma sa come trovare scorciatoie, mortificanti e sempre più diffuse, per affermarsi: senza studiare, senza applicarsi, senza saper fare qualcosa, senza sacrifici. Ciò che mi amareggia di più è che i giovani meritevoli di oggi sono, per lo più, rassegnati, frustrati, rifugiati nelle mura di casa. Non si battono più, sono disillusi. I più fortunati si trasferiscono all'estero e così il nostro Paese perde potenzialità, risorse straordinarie. Sto scrivendo un libello, "Lettera di scuse", dedicato a un mio nipotino, ma idealmente a tutti i ragazzi nati in questo millennio. Il titolo, presumo, dice tutto. I miei coetanei e io - sono nato nel 1942 - non pensavamo di lasciare un'Italia in queste condizioni. Sognavamo. Avevamo illusioni. Pensavamo che l'uscita dalla guerra e il '68 ci avessero dato l'ispirazione e gli stimoli, la forza, l'entusiasmo, la determinazione per rendere grande e luminoso questo Paese all'epoca devastato. Oggi c'è un benessere evidente rispetto a quell'epoca, si buttano soldi per le superfluità, ci sono molti televisori nelle case (e nelle seconde e terze case), le automobili sono alla portata di tutti, al ristorante si va quotidianamente, non si rivoltano i cappotti, i ciabattini non esistono più. Però... Abbiamo rubato l'anima ai nostri ragazzi. Non vedo passione, non vedo cuore, non vedo speranze. L'ignoranza dei nostri ragazzi è colossale. La disoccupazione è disperante. Abbiamo fatto scempio delle nostre bellezze naturali. Potrei andare avanti per tutte le pagine di questa rivista, squalificandomi come un retore che non voglio essere. La colpa di tutto il disastro è solo nostra: certo non volevamo coscientemente questo disastro, ma un disastro è stato. Sostengo che ai nostri giovani lasciamo una pesante eredità, fatta di debiti e di problemi terrificanti. E tuttavia non è neanche questo l'aspetto più demoralizzante. Il vero problema è che i ragazzi di oggi - per colpa nostra, ripeto, e solo nostra - crescono soggiogati dal cinismo, senza ideali, e si lasciano vivere, senza progetti. Le scuse non bastano. Nel tempo che mi resta vorrei fare qualcosa di più. Chi condivide queste idee e questa malinconica condizione spirituale, chi vuol cambiare almeno un po' le cose, è affettuosamente invitato a darmi una mano. Cesare Lanza
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