Magazine Maternità
Sono sola, mi sento sola - e questo forse è la cosa più dolorosa - e il fatto di non avere nessuno su cui potermi appoggiare quando ne ho bisogno, qualcuno su cui contare, rende le cose più dure da sopportare.Ma oggi il sole splende e come dicevo casa mia è un casino totale, ma di quello allegro e gioioso.
A Beautiful Mess: stiamo preparando le cose per la vacanza.
Eggià noi si parte, per raggiungere un posto speciale speciale.
Ci siamo stati anni fa, quando ancora ogni mese collezionavo delusioni una dopo l'altra, quando ancora non sapevo che il mio ventre da solo non ce l'avrebbe mai fatta, che qualcosa dentro mi aveva mollato, tradito e io avrei dovuto disfarmene, come si fa coi panni vecchi e logori. Quando tutto questo era ancora un sogno lontano.
Sono stati quindici giorni di amore folle, totale e assoluto, violento, crudele.
Quindici giorni di vicinanze morbose, di fughe vigliacche.
Quindici giorni di mare, di relax, di ricerca del piacere, ma anche di litigate furiose, di scatti d'ira furibondi, di pianti improvvisi e bruschi, come certe nuvole che arrivano ad oscurare un cielo limpido, senza preavviso.
Di sindrome premestruale invadente, del ciclo che arriva, sulla spiaggia, a tingere di rosso l'ennesima sciocca e inutile speranza. E poi visioni di Panzeovunque, di famigliole felici (o almeno, ora lo so, a me parevano sempre e solo felici), di bimbi nudi e liberi. E di cene fuori, a cercare di riappacificarmi con la vita, col destino.
E di alcool, Santo Alcool.
E oggi sono qui, a fare i preparativi, a riempiere quelle valigie piccole che tanto ho desiderato nelle vacanze passate, che tanto mi sono mancate. Con vestiti piccoli, con oggetti altrettanto piccoli. Costumini nuovi, pantalocini e canottiere, cappellini da spiaggia. Il primo gommone di Simone, la tenda verde da montare sulla sabbia. Tutto per lui che ora è Il Tutto.E ho scelto oggi per farlo perché non è un giorno qualunque. Oggi è stato, due anni fa, il primo giorno della nostra nuova vita. Quello in cui fai il secondo passo, perché il primo è stato chiamarlo quel centro. Dopo devi trovare la forza di andarci, di parlare di te, di voi, di una scelta che ti cambierà la vita, in un senso o nell'altro, ma sarà per sempre. E noi ci siamo andati.Era caldo, troppo per essere il 29 di giugno. Ricordo l'asfalto rovente di Firenze, le strade che bruciano e le suole dei miei sandali che scottano. Le vesciche sotto i piedi, noi a passo svelto con la paura di aver fatto tardi.
La sala d'attesa, che tu non sai neanche di cosa.
Lei che ci chiama, tonda e sorridente, la Zia Toscana.
La commozione difronte alle foto di cellule uovo fecondate, il pensiero che forse anche a noi toccherà prima o poi.
Le paure, le mille domande.
La mia riserva ovarica che langue, lei che conferma che le tube sono da togliere, entrambe.
Lei che mi dice quelle parole, con la sua voce, che a ripensarle oggi ancora mi fanno ridere:- Te basta che me ne fai uno. Bono. -E io a ripetermi dentro: dipendesse da me...Era il 29 giugno, il giorno dopo la visita dal primario che ha confermato l'inutilità delle mie tube e il bisogno di rimuoverle. L'operazione lontana, ma così presente dentro di me. Un pensiero costante, di quelli che ti martellano il cranio come fosse un tamburo. Fino a perdere il senno.
Ma non l'ho perso - il senno - e alla fine sono arrivata dove volevo, dove speravo. Sono arrivata qui, oggi, a raccontarvi che mercoledì partiamo, andiamo in Sardegna, in quel campeggio di tanti anni fa dove io e lui ci siamo amati e feriti, coccolati e fatti male, persi più volte e poi sempre ritrovati.
Dove ci siamo stretti forte una notte tra le lacrime - tra il mio terrore di non farcela ad affrontare tutto e la sua sicurezza di quercia salda e stabile, che ancora adesso io mi chiedo dove la trovasse quella convinzione cieca lì, quella fiducia in me, in noi, nel nostro domani - ci siamo avvinghiati, come se qualcosa potesse arrivare a dividerci e ci siamo promessi che se mai un giorno un figlio fosse diventato realtà, noi qui saremmo tornati.
Che il primo mare, il suo primo mare, sarebbe stato questo e nessun altro.
Che questi luoghi - che ci avevano visti straziati, stanchi, sfiniti di tanto cercare, credere per poi ogni volta cadere - dovevano poi ammirarci anche nella nostra vera luce: quella di una nuova vita.
Ce lo siamo giurati e noi siamo gente che la parola la mantiene. E fra tre giorni quei posti lì, quelle calette, ogni insenatura, il verde degli alberi, dei cespugli, il Blumillesfumature di quel mare ci rivedrà di nuovo: distrutti, si, sfiniti, ma di un'altra stanchezza che ha la voce di un bimbo, il rumore cristallino della sua risata. E noi saremo Sempre Noi, ma diversi, cambiati in un modo che non so neanche spiegare. E saremo vivi di una vita nuova che scorre sorda e silenziosa nelle vene e di tanto in tanto esplode, violenta e scema, dura e implacabile, cercando vie di fuga, spazi di manovra e libertà che un figlio non concede. Ma è bello anche così, è giusto anche così.Saremo in tre, una vacanza senza tregua nè riposo io già lo so e non mi illudo. Ma è quel che ho voluto e inseguito insieme a Lui, è quel che abbiamo cercato e trovato. E' tutto quel che non cambierei mai. E' tutto quel che ora voglio.
Io vi saluto, ci rivediamo al mio ritorno.Buone vacanze, a chi resta e a chi parte. Buona estate, a voi che ancora cercate e non vedete la fine del tunnel: la luce c'è e anche voi un giorno la raggiungerete. Ne sono certa.
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