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Non è un paese per vecchi! Premio Sele d’Oro Mezzogiorno 2013 Parte Prima
Creato il 11 settembre 2013 da Angelo Napolillo-Modaholic @modaholicOliveto Citra (Sa) Di questo posto ho amato le persone e poco la gente. Ho amato le persone che senza timore si sono avvicinate a me, superando l’iniziale fastidio e comprensibile perplessità: “Chi è quello straniero?”. Quelle persone che nel forestiero non vedono un nemico bensì un “utile” e gradito ospite.
Per alcuni quel preliminare imbarazzo svanisce, abbracciando la curiosità d’un nuovo volto da conoscere, d’una nuova storia da scoprire e poter raccontare, magari.
Non come la gente: Infruttuosa moltitudine. Che dall’alto del suo castello Normanno pare un gregge stizzito e civettuolo, affamato di critiche sterili, dalle bocche piene di discorsi senza mordente. Come quella tizia che gestisce un albergo senza il minimo senso della cortesia, o quel cafoncello che alla parola gay sputa a terra disturbando tutti i santi. Quell’espressione di disgusto è forse stata l’unica vera nota stonata di questi 8 intensi giorni trascorsi ad Oliveto Citra (Sa) in occasione della 29° Edizione del Premio Sele D’Oro Mezzogiorno.
Ma ripensando alla bellezza della Valle del Sele e a tutte le meravigliose persone che ho avuto il piacere di conoscere, quel suo gretto gesto è decisamente poca cosa.
Critiche a parte. Tanti erano e sono i giovani. Nei loro occhi ho letto la gioia e speranza. E la passione, linfa vitale e forza motrice.
Mi hanno raccontato di loro, dei loro guai, delle loro passioni e della noia.
Quella noia di paese, che se non ci vivi in un paesino di tremila anime non puoi comprendere.
Quella che se poco poco sei debole, t’inchioda ad un tavolino d’un bar per pensionati, carte da gioco e birra alla mano.
Anche io sono cresciuto in un paesino di “poche anime”. Tremila circa. E mica tutte buone!?!
E comunque, vi confesso, che questa noia non la giustifico.
Perché ammiro quelli che la combattono sognando e quindi agendo.
Sognando di migliorare il luogo in cui si è nati e cresciuti e non come me, che compiuti i 18 anni non ce l’ho fatta e sono fuggito via. Hanno tutta la mia stima. Sincera.
E’ anche per questo motivo, e grazie a loro, che il Premio Sele D’oro ha ragione d’esistere e resiste ancora oggi, da ben 29 edizioni.
Perché quando arriva questa settimana piena zeppa di eventi, questo piccolo paesino rinasce.
“Perché c’è movimento, c’è vita!”: mi dice Claudio, che nella settimana del festival assieme al suo amico Valentino sono addetti agli arrivi e alle partenze degli ospiti. Insieme ai loro amici formano una efficientissima squadra di instancabili autisti. Dalla Stazione ferroviaria di Salerno o dall’aereoporto di Napoli fino ad Oliveto Citra e così via. Avanti e indietro a qualsiasi ora del giorno e della notte, sempre col sorriso. Sempre pronti ad accogliere i numerosi ospiti, giornalisti, fotografi, artisti e musicisti.
A rimarcare la loro estrema gentilezza e disponibilità, quel “VOI”. Che qui - da noi al Sud - anche dopo la caduta del Fascismo non è andato in disuso. Per loro quel “voi” è sinonimo della più alta forma di rispetto e buona educazione, mi dicono. E non di certo una comune forma di riverenza.
Così quando gli faccio notare che, da loro coetaneo, avrei preferito del “TU”, nulla da fare. Voi, voi, e ancora voi.
“La gente buona è come il vento. E’ solo di passaggio” dice Kaio (Giovane volontario del Premio) rivolgendosi a Guido Martirani e Justyna Pawlowska (fotografi), ad Oliveto Citra per scattare un reportage su quest'edizione e i suoi ospiti, i suoi volti, la sua anima. Nel raccontarmelo Justyna e Guido trattengono a stento le lacrime, come dei ragazzini nostalgici alla fine d’una vacanza, quando è giunto il momento di salutare quei nuovi amici, nella speranza di riabbracciarsi presto.
E’ qui che comprendi che indipendentemente dagli ospiti illustri della politica, della cultura e dello spettacolo, dalle ore ed ore trascorse a pianificare, organizzare e riorganizzare, qualcosa di molto più grande è stato fatto. E quindi lunga vita al Sele d’Oro!
Questo Premio, lasciatemelo dire, è innanzitutto dei giovani. Quei giovani - volontari del Premio e non - che ad Oliveto Citra sono tanti, resistono e ci credono. E mi auguro che nelle future edizioni, la parola “gioventù” in questa Valle del Sele possa riecheggiare ancora più forte, raggiungendo quelle vette più alte.
Attingeremo da ciò che di buono è stato fatto in passato per poter guardare al futuro, ma non tarpiamole le ali a questa buona gioventù che E’ e deve essere forza primaria di questo Paese. Basterebbe dargli/darci un po’ più di fiducia.
E allora, solo allora, potremo finalmente dire a gran voce: “Non è un paese per vecchi!”.
p.s: Non è un addio di certo, sia ben chiaro. La 30° edizione è alle porte e un anno, si sa, passa in fretta.
Ma come disse Agrado in Tutto su mia madre: “Mi piace dire addio alle persone che amo, anche se solo per mettermi a piangere”.
❍ Foto tratte dal reportage a cura di Justyna Pawlowska e Guido Martirani online sul portale kuvaworld.com
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