“Ha scritto poco, e le piacerebbe aver scritto meno”
Mentre noi passiamo sovente le giornate a chiederci perché l’editore non ci risponde (forse perché non è affatto buono quello che abbiamo scritto); o ad attendere che qualcuno scarichi la nostra opera da Amazon (e non accade, ma è ovvio, siamo in troppi a scrivere): c’era chi scriveva queste cose.
Ci prende sempre la vertigine quando all’improvviso troviamo certe affermazioni, e al volo comprendiamo che non sono di sbruffoni; ma di uomini (in questo caso, donne: la scrittrice ) che hanno sempre qualcosa da dire, ma quel qualcosa non è per riempire il silenzio di chiacchiere.
Bensì per dare al silenzio un senso più grande.
Questo è il tempo della scrittura ovunque, è l’era di “tutti scrittori”, e leggere quanto pensava Cristina Campo può far sorridere. Soprattutto in un Paese come il nostro, dove a leggere è una minoranza.
Credo al contrario che lì ci sia parecchia verità, e che se si desidera offrire qualche speranza alle nostre parole (perché abbiano un senso), non possiamo moltiplicarle.
Quando un settore ha un eccesso di offerta, ci sono solo due modi per non essere travolti e confusi.
Puntare all’eccellenza. E puntare alla sobrietà. È inevitabile.
Tanto le persone non possono leggere quello che scriviamo: hanno altro da fare. Per esempio: una vita da vivere. Perciò chi scrive deve tornare ai fondamentali. In questo modo, se costui o costei ha una voce, suonerà più limpida e sovrasterà il bailamme che domina la nostra vita. Sarà riconosciuta, non da tutti ovviamente: da pochi, eppure sarà già un successo. Perché questo non si nasconde nei grandi numeri, ma nell’intelligenza che si sveglia dal torpore, scopre che ha diritto al meglio. Alla bellezza per esempio.
Non conosco nulla di Cristina Campo, ma mi basta quella frase per capire tanto, forse tutto.