Il sindaco di Roma Gianni Alamanno e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si trovano politicamente agli estremi opposti, però in fatto di preti devono avere gli stessi gusti, visto che hanno stretto una santa alleanza per celebrare il 140° anniversario della Breccia di Porta Pia in salsa clericale. Infatti, per la prima volta da quando si festeggia questa ricorrenza, hanno invitato a partecipare un esponente del clero, in questo caso il cardinale Tarcisio Bertone.
Da tempo il Vaticano aveva delle mire su Porta Pia, la festa che ricorda la presa di Roma il 20 settembre 1870, la fine del potere temporale della Chiesa e l’esordio dello Stato liberale. Già nel 1970, centenario di Roma capitale, il papa Paolo VI avrebbe voluto celebrare una messa a Porta Pia per rimediare allo schiaffo ricevuto un secolo prima, ma l’allora presidente Giuseppe Saragat gli ha risposto seccamente: “Non si può trasformare un evento laico in una celebrazione religiosa, sia pure conciliativa. Non è possibile includere una messa in un evento laico e risorgimentale.” Quest’anno il Vaticano è tornato alla carica sostenendo che bisogna riconciliarsi, che è ora di seppellire l’ascia di guerra, che i tempi sono cambiati. Ma lo sono veramente? Nel 1857, 13 anni prima di Porta Pia, Camillo Benso conte di Cavour scriveva a sostegno della commissione d’inchiesta sulle ingerenze del clero nelle elezioni:
“Ma quando il clero, avendo noi riconquistata ed assicurata la libertà,vuol combattere per riacquistare gli antichi privilegi, per far tornare indietro la società, per impedire il normale e regolare sviluppo della civiltà moderna, allora è da deplorare il suo intervento nelle lotte politiche (...). Io ho troppa fede nel principio del progresso e della libertà per temere che possa essere posto a cimento in una lotta condotta con armi puramente legali. Se la libertà ha potuto fare dei progressi immensi quando aveva a lottare contro il clero e le classi privilegiate, e la libertà era in certo modo inerme, come mai potrei temere che ora essa potesse correre vero pericolo se avesse a combattere i suoi avversari ad armi uguali? (…) Ma se io non temo le lotte politiche, quando siano combattute con armi legali, non posso dire altrettanto, ove il clero potesse impunemente valersi delle armi spirituali di cui è investito per ben altri uffizi che per trionfare questo o quell’altro politico candidato. Oh! Allora veramente la lotta non sarebbe più uguale; ed ove si lasciasse in questo terreno pigliare piede e assoldarsi l’uso di queste armi spirituali, la società correrebbe i più gravi pericoli, la lotta da legale correrebbe rischio di trasformarsi in lotta materiale”.
Da allora è cambiata la situazione? Sì, ma in peggio, perché allora il governo faceva inchieste sulle ingerenze clericali nella politica, mentre oggi queste ingerenze sono all’ordine del giorno, impunite, orgogliosamente rivendicate e praticamente ufficiali. In breve,il clero continua a fare quello che ha sempre fatto nel corso dei secoli, prima impedendo all’Italia di diventare una nazione, poi cercando di controllarla con continue ingerenze. Come si può parlare di riconciliazione su queste basi?
Così, cari preti, fateci il santo piacere: per una volta restate a casina. Non guastateci la festa. Con tutte le feste religiose che avete, lasciatene almeno una laica. Come a noi non salterebbe mai in mente di rubarvi la Pasqua, voi non rubateci Porta Pia.
Dragor
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