L’ultimo numero de l’Espresso contiene un fascicolo di lettere. Personaggi della cultura, della scienza e dello spettacolo scrivono ai figli spiegando ciò che desiderano e augurano per l’anno appena iniziato. L’ultima è la risposta di una figlia al padre e la prima si rivolge a un nipote. Umberto Eco, semiologo e scrittore che apprezzo, tesse l’elogio della memoria. Sono molto d’accordo e mi permetterò più avanti di citarne qualche brano.
Ai tempi di noi nonne la memoria veniva, dalla “Vispa Teresa” in avanti, esercitata obbligatoriamente almeno a scuola, e lo scolaro negligente di solito sanzionato, con il pieno appoggio dei genitori. Recitare poesie e prose è inusuale da un pezzo (ma sembra alle porte un recupero) e, vedi vignetta, a essere messi sotto accusa se i figli non studiano sono piuttosto i docenti. Malissimo, si capisce, sia quanto a educazione che a “tenuta” intellettuale. La memoria, scrive Eco “è un muscolo(…), se non lo eserciti avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota.”
L’articolo prosegue indicando, se le poesie poco attirano il nipote, altri contenuti - calciatori, pirati o moschettieri- che può avere interesse a rammentare (“la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi d’ogni tipo”). Chi ricorda è ricco, riassumo e approvo. I computer che ormai tutti (o quasi) abbiamo davanti, venivano detti alle origini cervelli elettronici, perché concepiti a somiglianza del nostro. Il quale con l’esercizio migliora costantemente, fino all’età avanzata, mentre il pc in pochi anni rallenta, peggiora, va cambiato. Pensaci, nipote!
La parte finale del pezzo è dedicata alla memoria storica, della quale ho parlato in altre occasioni. Se noi nonni ne abbiamo, nel piccolo, il dovere della trasmissione familiare, essere privi (non imparando e non ricordando) di quella ampia e globale, è grave errore, molto diffuso tra i nipoti. Sempre ai tempi nostri, si poteva entrare al cinema quando si voleva, magari a metà spettacolo. E ingegnarsi a capire quel che era successo prima: un utile esercizio, non più praticabile.
Nella vita invece noi continuiamo a presentarci ” quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quel che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove“. Una spiegazione corretta e semplice, adatta ai nipotini. I quali, conclude Eco, per sapere quel che è stato, possono servirsi (oltre che dei libri) dell’amata rete, oltre che con gli amici, c’è modo di ” chattare (…) con la storia del mondo. (…) Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite …” Così mi sento, da nonna amante della memoria, e ne sono lieta. Mi auguro riesca, a loro modo, anche ai miei nipoti. Coraggio, muovetevi, ricordare è divertente!
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