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Nuovo passo indietro dell’oro su super-dollaro (10 ottobre 2014)

Da Mrinvest

Nuovo passo indietro dell’oro su super-dollaro (10 ottobre 2014)
INVESTIRE IN ORO

oro
Nuovo passo indietro dell’oro, che dopo una breve settimana positiva deve accontentarsi di retrocedere su più miti posizioni.

Ancora una volta, a nuocere alle quotazioni del lingotto sembra esser stato il dollaro, che con il suo apprezzamento sta nuocendo alla tenuta del prezzo del metallo prezioso.

Ne è derivata la flessione delle quotazioni dei futures sull’oro, in un clima di grande ottimismo per la ripresa dell’economia statunitense, scalfita solamente da qualche nota pubblicata sulle minute del Fomc, che pongono qualche ombra prudente sul proseguimento del ritmo di crescita dinamico proprio a causa del super – dollaro e della crisi congiunturale globale.

In altri termini, le minute del Fomc avvertono gli stakeholders a stelle e strisce che il bel tempo potrebbe non essere illimitato. Il super dollaro potrebbe infatti nuocere alle esportazioni nordamericane, e il danno potrebbe essere amplificato proprio dal fatto che il ritmo di crescita delle economie di Europa, Giappone e Cina è più cauto di quanto in precedenza era stato preannunciato. Ne deriva una situazione esplosiva, nel quale una eccessiva forza del dollaro potrebbe risultare addirittura controproducente.

In ogni caso, tornando all’oro, sullo stesso mercato nordamericano i prezzi sono calati dell’8,4% nello scorso trimestre, quale diretto riscontro del miglioramento dell’economia statunitense (una ripresa che ora è pienamente “certificata” anche dagli sviluppi positivi in ambito occupazionale). Diventa inoltre sempre più probabile che la Federal Reserve nella riunione del 28 e 29 ottobre possa porre fine alla propria strategia di politica monetaria di acquisto, e diventa sempre più probabile che nella prima parte del 2015 possa ripartire la stagione degli incrementi dei tassi di interesse di riferimento.

Comune e omogenea appare essere l’opinione di tutti gli analisti di maggiore riferimento. Optionsellers, ad esempio, sostiene che il dollaro è sempre più forte e che l’oro non può far altro che consolidare i suoi guadagni passati. Di simile valutazione sono tutti i principali istituti finanziari, che oramai guardano con sempre maggiore convinzione alla correlazione che sussiste tra l’oro e il dollaro.

Per quanto concerne gli sviluppi a breve termine, i futures sul gold con scadenza a dicembre sono diminuiti dello 0,3% a 1.221,70 dollari l’oncia al Comex, con prezzi che qualche giorno fa avevano agevolmente superato quota 1.230 dollari l’oncia, per i massimi delle ultime settimane, poco prima che i fondi iniziassero a ridurre le posizioni net-long.

Per quanto riguarda invece gli altri metalli preziosi, l’argento cede lo 0,7% per quanto concerne i futures con scadenza a dicembre, per un prezzo di 17,303 dollari l’oncia. In calo anche il platino, che la NYME cede l’1,3% a quota 1.261,60 dollari. Il palladio, con i suoi futures per lo stesso mese di dicembre, retrocede dell’1,9% a 785,05 dollari l’oncia.

In altri termini, e come già anticipavamo qualche settimana fa, non rimane altro da fare che guardare con maggiore attenzione a quanto accadrà nel corso delle prossime settimane. Salvo sorprese, la strada per un continuo apprezzamento del dollaro sembra essere stata tracciata con particolare convinzione, e niente sembra poter fermare il super dollaro nel suo tentativo di diventare sempre più forte.

Sul fronte dei timori espressi dalla Fed, difficilmente l’economia americana potrà sostenere nel breve termine degli eventi talmente sfidanti dal danneggiare la tenuta delle esportazioni. Più che sul lato del super – dollaro le attenzioni dovrebbero essere piuttosto incentrate sui fenomeni internazionali che, in maniera più o meno diretta, stanno coinvolgendo gli Stati Uniti d’America. Il focus dovrebbe quindi essere spostato sui tentativi di risoluzione della crisi europea da parte dei governi locali e della Banca Centrale Europea e, dall’altra parte, sui potenziali impegni militari (e non solo) degli USA sui fronti più caldi del globo.


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