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Nymphomaniac: Epopea di una donna che non si perdona

Creato il 03 aprile 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Tanto è stato detto, e scritto, di Nymphomaniac, nuova pellicola firmata Lars Von Trier, da noi vista in anteprima all’ultima Berlinale. Chi ha gridato allo scandalo, chi parla di porno d’autore, chi inveisce contro un autore che, a suo modo, ha rivoluzionato il modo di guardare i corpi e lo stesso concetto di scandalo. Diciamolo subito: Nymphomaniac non è AntiChrist, non è una provocazione pseudointellettuale o artistica fine a se stessa, e non è neanche un film-scandalo. Non venite a dirci che nel 2014 una fellatio esplicita, o una penetrazione (con protesi, chiaramente, è tutto finto – anche se non sembra, chiamasi cinema) più o meno violenta, sciocchi ancora qualcuno.

Nymphomaniac è, piuttosto, un racconto di formazione. Sentimentale, sessuale. Narra in flashback e secondo capitoli (alla Von Trier, appunto) la crescita ormonale di un’adolescente come tante con la curiosità, la voglia, la sete di esplorare una delle sfere fondamentali della nostra esistenza. E lo fa a modo suo: lasciamo le bacchette ai moralisti, se non tutte le ragazze fanno a gara di conquiste su un treno, tutte si innamorano dell’uomo sbagliato. E questo capita anche alla povera Joe (la bravissima Stacy Martin), che pur giurando all’amica che mai cadrà nell’inganno dell’amore (la recita del “Mea vulva, mea maxima vulva” è memorabile), finisce per restarne suo malgrado incagliata. L’amore è l’”ingrediente segreto” del sesso? Un quesito che la tormenta, anche quando è ormai una donna cresciuta (Charlotte Gainsbourg). La incontriamo così, stesa a terra, sanguinante, con i capelli scompigliati.

Gallery Nymphomaniac

La sequenza iniziale è forse una delle migliori che Von Trier abbia mai firmato, tra il nero insistente che catapulta il pubblico nello straniamento e quel poetico insistere su dettagli, la neve che scivola sulle travi di legno, dando sfoggio di una maturità registica che avevamo già intuito soprattutto in Melancholia. Da lì parte un monologo a due, perfettamente teatrale (si parte da Dogville, e da una donna “sbagliata” come, di nuovo, in Melancholia) tra la Gainsbourg e Stellan Skarsgard, sconosciuto che raccoglie il corpo malconcio della donna e la porta subito al caldo, in casa, sotto le coperte – metafora dell’accoglienza, dell’ascolto, della cura. E volendo anche messaggio subliminale del regista stesso: mettetevi comodi e ascoltate la storia che sto per raccontarvi.

Una storia che ha per protagonista una donna ferita, che tanto ha vissuto e poco si perdona. Ha perfettamente senso la scelta di far alleggerire i suoi turbamenti emotivi dall’ironia dello sconosciuto a cui li confida. Nel racconto della lotta tra sessi, e dunque corpi, nell’immortalare volti, smorfie, espressioni, e dunque sentimenti, Von Trier non fa che narrare – attraverso immagini e dialoghi eccellenti, finalmente – l’avventura sessuale che, a vario titolo e secondo diverse vicissitudini, tutti viviamo. Compresa una memorabile Uma Thurman, che va in frantumi quando scopre di essere tradita dal marito, e fa tintinnare i frammenti del suo cuore in uno dei monologhi più tragicomici e sensazionali che le abbiano mai affidato.

E’ un film da vedere, in sostanza, questo primo capitolo. Che lascia ben sperare per il secondo, di cui è in fondo ironica e curiosa introduzione. Tenete stretta la voglia di gridare allo scandalo: le scene che scorrono lungo i titoli di coda, tratte dal secondo volume, fanno pensare che vi sarà utile più avanti.

Nymphomaniac, vol. 1 esce oggi nelle sale italiane. Il vol. 2 è previsto per il 24 aprile

di Claudia Catalli per Oggialcinema.net

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