“Una piccola storia non può cancellare sette anni di magie…mio grande eroe!” appariva scritto su uno striscione della Curva B nella primavera del ’91 quando il grande fuoriclasse argentino, Diego Armando Maradona, dopo aver portato il Napoli all’apice del suo splendore risultò positivo all’antidoping.
Sette anni di successi e di gloria che hanno animato il caldo pubblico partenopeo dal luglio dell’84, anno in cui l’eccezionale mezz’ala d’attacco della nazionale argentina fu acquistata dal Napoli per la considerevole cifra di tredici miliardi di lire, fino a quando nel 1991, implicato in un’oscura vicenda di droga, lasciò l’Italia.
Giorni di indescrivibile fervore quelli vissuti dalla cittadinanza napoletana e dai cuori azzurri di tutta Italia in quel periodo, quando il Napoli era il “Magico Napoli”, la grande squadra capace di far tremare i campioni più forti d’Europa, temuta in qualunque campo nazionale e internazionale.
Erano i giorni della grande stagione 1986-87: quella del primo storico scudetto del Napoli.
E oggi, cosa rimane a un’intera tifoseria che vive nel perenne ricordo di questi tempi di gloria ormai andati, e che inizia a soffrire il peso di sempre più numerose sconfitte?
Lo so bene, cari tifosi azzurri, le ultime domeniche sono ormai diventate impossibili da digerire: quei pochi minuti che passiamo con un orecchio incollato alla radio, con una speranza e mille preoccupazioni, segnano profondamente il nostro animo napoletano e fanno male. Fanno male soprattutto a noi, troppo giovani per sapere, per ricordare la nostra storia. Noi, che non abbiamo mai conosciuto le domeniche di sconforto e delusione vissute dai nostri padri negli anni ’60, quando si assisteva a continue ascese e discese del Napoli, tra A e B. Sì, proprio quella serie B che oggi ci allarma terribilmente, quella stessa B tanto amaramente “assaggiata” per l’ultima volta proprio in quegli anni. Da allora non si è più tornati indietro, da allora siamo passati tra mille avventure, tra grandezze e miserie, fino all’immenso Maradona, agli scudetti e alla Coppa UEFA.
Un’intera generazione è cresciuta all’ombra della A, sempre la A, fortissimamente la A. quella generazione, la nostra, non conosce neanche lontanamente il significato della parola retrocessione, e ora che l’incubo prende corpo sente forte la rabbia e l’amarezza di chi non ha scordato il forte Napoli di ieri e spera in un forte Napoli oggi.
“La nostra storia, la cultura, le tradizioni non vanno infangate. Su la testa, portateci in alto!”, così recitava uno striscione degli Ultrà alcune domeniche fa, e adesso che la salvezza non solo di una società, ma soprattutto di una maglia, di una tifoseria, di una città, sta diventando una dolce chimera, queste parole risuonano come un invito, per chi l’azzurro ce l’ha nel sangue a continuare a tifare con la stessa intensità che ha accompagnato il Napoli nei suoi anni d’oro.
E se mai dovesse accadere di retrocedere in una categoria che non ci appartiene è doveroso, per noi tifosi napoletani, che da sempre di tutto facciamo passione, dramma, eccesso, dimostrare di non aver scordato come si fa a gridare l’amore per la nostra squadra, per quella maglia che porteremo sempre nel cuore.
———————————————————————————————————-
Era in corso la stagione 1997-98 (l’anno prima tra mille stenti eravamo arrivati in Finale di Coppa Italia), io ero ancora un pischello liceale ed insieme ad una mia collega scrivemmo questo pezzo per il giornalino scolastico. Quanti Ricordi! Il primo amore, i compagni di scuola, la spensieratezza d’una stagione di vita che non ritornerà mai più. Cosa mi rimane di allora? Poco, pochissimo. Il ricordo di quell’amore ahimè mai ricambiato, le delusioni di una buona parte di quei “compagni” (sic!) di scuola, un quotidiano mal di vivere che stride fortemente con la serenità di quel tempo. Comune denominatore in questi anni è stato, però, l’Amore per il Napoli. Ho dovuto mettere a soqquadro anni di scartoffie per ritrovare quel pezzo. Rileggerlo mi ha fatto venire un tonfo al cuore. All’amarezza di quella stagione (culminata con una dolorosa retrocessione) hanno fatto seguito annate ancor più buie (come quelle del fallimento o della serie C). Poi finalmente la svolta, ed oggi spero con tutto il cuore che la vittoria di questa benedetta Coppa Italia non sia che l’inizio di un ciclo di gioie e trionfi. E se quell’imberbe diciottenne di allora potesse sentirmi, vorrei dirgli che la vita che lo aspetta è come la parabola di questo pazzo Napoli, deve toccare il fondo per poter ripartire. Forza Napoli!!!