1) Presto la vedremo su canale 5 nella seconda serie della fortunata fiction Le tre Rose di Eva, può raccontarci il suo personaggio?
Chi è Amedeo? Chi è quest’uomo che arriva all’improvviso, che conosce storie, aneddoti così intimi della famiglia Taviani? E’ forse il padre delle tre rose? Non posso ovviamente dire molto, ma Amedeo conosce un segreto fondamentale che verrà svelato solo alla fine della storia e che terrà, speriamo, i telespettatori col fiato sospeso. Amedeo è un medico, ricco e affascinante che, insieme alla sua giovane e splendida moglie Veronica, interpretata da una straordinaria Euridice Axen, ha acquistato la tenuta di Pietrarossa, al cui interno troneggia un inquietante castello. Entrerà con forza nella vita delle tre ragazze e soprattutto in quella di Aurora.
2) Ha prestato la voce a Richard Gere, Jeremy Irons, Patrick Swayze, Bruce Willis e a tanti altri, di questi attori qual è stato più impegnativo?
Direi Jeremy Irons. E’ un attore straordinario ma il suo modo di dire le battute è molto “british” se mi è concesso il termine. L’ho doppiato tante volte ed era uno straordinario argentino in La casa degli spiriti, un perfetto francese in Butterfly, un magico americano in Lolita. Ma il suo modo di parlare rimaneva sempre elegante, armonico, quasi musicale. A volte in contraddizione con il suo sguardo. E io non sapevo che fare. Se seguire il suono della sua voce, o parlare con la voce del suo sguardo, che suggeriva altri toni, altre musicalità.
Diverso il discorso con Richard Gere. Entrare, diciamo così, nel suo corpo, mettere “la sua faccia sopra la mia”, (perché questo fa un doppiatore, sente di parlare con la bocca dell’attore che doppia, si muove con quelle gambe, quelle braccia, sente il cuore e il cervello del “suo” attore come propri) fare tutto questo, dicevo, mi è facile. Ne conosco, ormai dopo tanti anni che lo doppio, ogni ruga del suo viso, so come respira, come guarderà quella donna, la pausa che farà prima di dire una battuta e così via.
Ma c’è un attore a cui sono particolarmente legato. Rowan Atkinson, il famoso Mr. Bean. L’ho doppiato nel film “Quattro matrimoni e un funerale”, dove interpreta un sacerdote imbranato che non ricorda i nomi degli sposi e ogni volta che deve dire… “spirito santo”… gli scappa un “spiritoso santo” . E’ stato fantastico misurarsi con un personaggio buffo, così diverso dai ruoli romantici che si addicono al mio timbro di voce.
3) E’ diverso lo studio del personaggio dal punto di vista del doppiatore rispetto a quello dell’attore? ci sono diversità nella recitazione?
Completamente diverso.
L’attore a tutto tondo costruisce un personaggio, parte da una battuta scritta, la studia e ne estrapola un carattere e quel carattere si porta dietro un modo di camminare, di abbracciare, amare odiare e via dicendo. E’ l’attore che sceglie se il personaggio è, ad esempio, arrabbiato in quella scena, oppure no, e se lo è, quanto è arrabbiato. E una volta trovato il “quanto” bisogna scegliere il “come” manifesta quel “quanto”, addirittura se lo manifesta. E’ l’ atto di costruzione di una vita e di quello che c’è dietro, è il trionfo della fantasia, del cuore della “creazione”.
Il doppiatore questa scelta se la trova bella e fatta dall’attore che doppia. Qualcun altro ha scelto per lui. Il suo compito sarà quello di entrare in quella scelta, in quel corpo, in quell’anima-altro da sè e dare corpo al magico patto che c’è tra il doppiatore e lo spettatore.
Pensate: noi andiamo a vedere un film di R. Gere e sappiamo che l’attore sullo schermo è un attore americano, che in quella commedia si chiama Tom Jones e lo vediamo entrare, che so, nell’Empire State Building. Poi Richard Gere si rivolge a un altro attore e gli parla in italiano….. e per noi è la cosa più normale del mondo!!!! Anzi, se parlasse in americano, salteremmo sulla sedia. Meravigliosa magia!!!!
4) RIS, Distretto di Polizia, Provaci Ancora Prof, Cento Vetrine oltre e ora L’Onore e il Rispetto 3 e tanti altri, c’è un ruolo al quale si sente più legato?
Fermo restando che spesso un attore è legato all’ultima interpretazione, perché è ancora viva dentro di lui e quindi opterei per Amedeo di Le 3 rose di Eva che fa ancora capolino ogni tanto nelle mie giornate, mi sento particolarmente legato a Don Tano Mancuso, “il padrino” di L’onore e il rispetto.
Per tanti motivi.
La difficoltà del personaggio, l’aver lavorato accanto a una grande attrice come Giuliana De Sio, lo straordinario rapporto con i registi Alessio Inturri e Luigi Parisi, giovani di enormi capacità professionali e umane. Fare un “padrino” ha significato sentirsi un grande potere dentro, quasi un senso di onnipotenza e fare un grosso lavoro di controllo del mio corpo.
Ho dovuto abbassare il tono della voce perchè chi ha potere difficilmente alza il tono, perchè non è ha bisogno, basta che dica e tutti obbediscono. Un padrino si muove lentamente, ti comanda con uno sguardo e questo per me, che sono un carattere allegro ed energico, ha significato dover rallentare i ritmi del movimento. E’ stato fantastico dovermi misurare con un personaggio così lontano da me, così profondamente diverso. Ma è il bello dell’attore.
Anche a Cento Vetrine sono molto legato. Per me ha significato il ritorno alle scene dopo alcuni anni di assenza, in cui ho fatto solo il doppiatore. Ho riassaporato il gusto di creare un personaggio, di usare il corpo, lo sguardo, ho reimparato ad avere gli occchi addosso di chi ti guarda, dopo il buio tranquillizzante di una sala di doppiaggio.
Ma, se permettete, una piccola citazione vorrei farla. Ho interpretato un ruolo comico nel film “Qualunquemente” di Giulio Manfradonia, con Antonio Albanese. E’ stato fantastico. Io, che spesso faccio la parte del cattivo, perchè spesso, nel nostro mondo, vieni etichettato e finisci per fare gli stessi personaggi, interpretavo “L’invalido”, un buffo ometto, una specie di patetico gagà da 4 soldi di un paesino calabrese. Dopo anni di primari, colonnelli, imprenditori, magistrati e commissari un personaggio piccolo e divertente. Non so come Giulio abbia potuto pensare a me per quella parte, ma gliene sarò eternamente grato.
5) Chi le piacerebbe interpretare in futuro?
Se ci riferiamo al doppiaggio, devo dire che c’è un attore che rimpiango di non aver mai doppiato: George Clooney. Mi perdoni Francesco Pannofino, sua straordinaria voce italiana, ma mi sarebbe piaciuto tanto.
In scena invece mi piacerebbe interpretare Giuseppe Fava, il giornalista ucciso dalla mafia il 5 agosto 1984. Siciliano, come me, ha dato la vita per difendere i propri ideali. Un eroe del nostro tempo, con il suo grande coraggio e la sua straordinaria umanità. Che cosa provava Pippo? Cosa sentiva, quando sapeva di mettere a repentaglio la sua vita dicendo quelle scomode verità? Avere la possibilità di vivere queste emozioni e di rendere merito a un uomo così straordinario è il mio sogno.
6) I suoi prossimi progetti ?
Vacanze. Non penso ad altro. Giuro. Da domani.
di Katya Marletta per Oggialcinema.net