Ci apre le porte di casa Silvana Sanna. Intervista a cura di Alessandro Noseda.
Buongiorno e grazie per l’accoglienza. Ti va di raccontarci perché leggi e scrivi?
Buongiorno a voi!
Desidero subito premettere che io non oso definirmi una scrittrice, ma solo una scribacchina che ama raccontare. E dunque l’invito a questa intervista mi giunge doppiamente gradito. Grazie!
Perché leggo? Leggo perché quando a sei anni ho scoperto che quelle nere formichine tutte in fila formavano parole e frasi e sapevano raccontarmi storia meravigliose, sono rimasta fulminata! Ho iniziato a leggere tutto quello che mi veniva a tiro e non ho più smesso. Da bambina quando le mie coetanee chiedevano in dono giocattoli o capi di abbigliamento, io domandavo libri, e solo libri. Credo che leggere arricchisca la mia vita e apra la mia mente, ormai non potrei più fare a meno di avere almeno un paio di libri incominciati (riesco a leggere persino mentre giro il risotto che cuoce sul fornello…). La scrittura è arrivata dopo, come conseguenza della passione per la lettura. Ma quest’ultima è sempre in pole position e come “scrittrice” non mi prendo molto sul serio.
Le tue storie: come nasce l’idea?
Sono una buona osservatrice e mi piace la gente, specie quella comune come me. A volte per mettere in moto le rotelline del mio cervello mi bastano un fatto di cronaca ascoltato in televisione o una conversazione colta per caso mentre sono in fila alla cassa del supermercato. E poi ho una buona memoria per gli avvenimenti del passato, sono stata giovane anch’io!, e ho avuto anche una vita piuttosto movimentata, ho vissuto ad esempio per parecchi anni in diverse città toscane, cosa che mi ha dato modo di “sciacquare i panni in Arno” come diceva il mio amatissimo Manzoni, e spesso proprio dal mio passato attingo per scrivere le mie storie. Inoltre ho molte amiche e tre figli che hanno, a loro volta, uno stuolo di amici che bazzicano per casa e gli spunti mi vengono anche da loro. “Non raccontate i fatti vostri a mia madre che poi vi ritrovate in una novella” dice mia figlia ridendo alle amiche. E loro, ovviamente, me li raccontano!
Dove scrivi? Hai un “luogo del cuore” dove trovi ispirazione? Carta e penna o direttamente sul p.c.? Preferisci il silenzio o ami la musica di sottofondo?
Ho la fortuna di abitare in campagna in una casa centenaria grossa come un convento e posso permettermi una stanza tutta mia, dove mi rintano per scrivere e per fare altri traffici, come decorare vecchi mobili, altra mia passione. Scrivo direttamente sul p.c., per fortuna che c’è, non sono mai riuscita a fare amicizia con la macchina da scrivere e ho una calligrafia quasi illeggibile, quando scrivevo a mano se tardavo a rileggere, a volte, poi, non riuscivo nemmeno io a decifrare le mie frettolose zampe di gallina! Il colmo, eh?, per una che ha insegnato a scrivere a intere generazioni di bambini in anni in cui la “bella calligrafia” ancora aveva il suo bel peso.
Sono abbastanza abile nel concentrarmi e a lasciare fuori dall’uscio il mondo esterno, ma preferisco comunque il silenzio, rotto solo dal ronfare discreto di Tigrotto e Lucifero, i miei gatti, che adorano sdraiarsi tra la tastiera e il video per farmi compagnia mentre lavoro.
“Un nome inventato” è la tua ultima fatica. Dove hai trovato spunto? Quanto prendi in prestito alla realtà e quanto è frutto della tua fervida fantasia?
Pur non essendo la mia ultima fatica, dato che l’ho scritto diversi anni fa, è l’ultimo lavoro che, dopo la pubblicazione in cartaceo a cura della casa editrice Miremi col titolo “Sul filo dei ricordi”, ho pubblicato in ebook recuperando il titolo originale “Un nome inventato”.
E’ una piccola saga familiare che va dalla fine dell’800 fin quasi ai nostri giorni, ed è la storia di una famiglia contadina vissuta da sempre nel paese del Basso Piemonte in cui ora vivo anch’io. Dato che si tratta delle vicende reali della mia famiglia di origine, non ho fatto fatica a trovare gli argomenti. La spinta immediata mi è venuta dal ritrovamento, in un cassetto di un vecchio mobile finito in solaio, di un libretto rilegato in cartapecora che mi ha incuriosita e affascinata: il “Libretto Personale del Regio Esercito Italiano” intestato a mio nonno, classe 1880. Mio nonno era una persona speciale che ho molto amato, e ho sentito il desiderio di raccontare la sua storia di bambino preso all’orfanotrofio dal mio bisnonno che aveva sei figlie femmine e un podere, con un buon numero di pertiche di terra, da mandare avanti. Un bambino col cognome inventato che poi… ma, tranquilli, mi fermo qui. Aggiungo solo, e perdonatemi la mancanza di modestia, che sta avendo un buon successo di vendite. Trattandosi di una storia vera, sia pure in parte romanzata, ho lavorato poco di fantasia. Comunque di solito preferisco scrivere del mio mondo e di “quello che so”, mi pare in questo modo di essere più credibile. E difatti definisco la mia scrittura “semplice e domestica”. Ovviamente anche l’immaginazione ha il suo bel peso, tuttavia cerco sempre di creare situazioni verosimili. Solo quando invento storie misteriose per ragazzi come ad esempio “La danza dei lupi”, allora la fantasia corre a briglie sciolte. Sebbene, anche qui, non manchi mai un aggancio con la realtà.
Come delinei i personaggi? Segui una scaletta o ti fai guidare dalla storia? Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura del romanzo?
Di solito ho già in mente a grandi linee la storia che voglio raccontare, ma non ho l’abitudine di farmi una scaletta. Poi nel procedere della stesura la storia quasi “si scrive da sé” , gli episodi e i particolari arrivano di conseguenza. Accade anche che a un certo punto la storia inizi a prendere una piega diversa e strade che non avevo previsto, come se i personaggi avessero deciso di vivere una vita propria indipendentemente da me. E allora il racconto cambia, cambiano le situazioni e pure il finale.
Per i personaggi mi ispiro di solito a persone che conosco o ho conosciuto e, lo ammetto, molti dei miei personaggi femminili hanno qualcosa di me, del mio modo di pensare e del mio atteggiamento nell’affrontare le situazioni, belle o brutte che siano. Sono donna, scrivo di donne e per le donne, e difatti la mia scrittura è diretta soprattutto a un pubblico femminile.
La difficoltà maggiore nella stesura di un romanzo è, almeno per me, superare lo scoglio del “mettermici”. Ho una famiglia pesante, il tempo per scrivere è poco e spesso rimando continuamente di iniziare anche se la storia è lì che preme dentro la mia testa e insiste per essere scritta, e mentre faccio i mestieri di casa trincio mentalmente dialoghi e descrizioni. Mi capita anche di notte e ho persino un blocco notes sul comodino per annotarmi quello che poi al risveglio sarebbe finito inevitabilmente nel dimenticatoio. Poi, come riesco a partire, non mi fermo più, sono capace di lavorare anche fino alle tre o alle quattro del mattino senza nemmeno rendermene conto.
Ovviamente se la storia necessita che io prima mi documenti, lo faccio, non mi va di scrivere cose inesatte o campate in aria. Ad esempio per scrivere il racconto “Le orecchie di Aman” che fa parte della raccolta “Sognando il primo amore” e che parla di ebrei e di deportazione, nonostante fosse in fondo solo un racconto “rosa”, oltre ad aver spulciato un sacco di documentazione sono persino andata a Casale a visitare la sinagoga e ho fatto una bella chiacchierata col rabbino che mi ha fornito anche parecchio materiale. E tutto per un racconto di sole 45.000 battute….
Hai altri progetti in fieri?
Il mio vero “lavoro” è quello di collaborare in modo abbastanza continuativo con due settimanali femminili per i quali scrivo racconti, miniserie, romanzi brevi e romanzi lunghi. Il resto è un di più che mi diverte. In questo momento sto lavorando a un romanzo da pubblicare a puntate.
E se ti proponessero una sceneggiatura per un film? saresti d’accordo o ritieni che i tuoi romanzi e i tuoi racconti soffrirebbero nella trasposizione cinematografica?
Almeno! Ben venga! Io sono qui!
Descriviti come lettrice. Quali libri compri? Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo? E se devi regalarlo un libro come scegli?
Sono una lettrice… accanita! Per darvi un’idea ho in casa circa seimila volumi, ci sono librerie persino sui pianerottoli delle scale. Da quando, poi, ho scoperto i libri digitali che hanno un prezzo più contenuto e mi danno la comodità di acquistare on-line chi mi ferma più? Per fortuna il marito ha la mia stessa passione altrimenti credo che il mio continuo usare soldi della famiglia per l’acquisto di libri ed ebook potrebbe sfasciare un’unione che dura da ben mezzo secolo!
I miei gusti spaziano dai classici ai lavori degli autori esordienti, mi piacciono le storie romantiche, ma non zuccherose, i gialli e i romanzi di avventure e, moltissimo, i libri per bambini e ragazzi. Non amo le storie di genere erotico, e non perché sia una vecchia donnetta di campagna, ma perché certe scene che a volte sconfinano nel volgare mi infastidiscono. Però mi è capitato anche di leggere qualcosa di ben scritto e condotto con raffinatezza, allora l’ho apprezzato.
Se devo fare un regalo opto quasi sempre per un libro. E lo scelgo in base al carattere della persona che lo riceverà. E non sbaglio quasi mai.
Che consiglio daresti ad un esordiente che ha la sua storia nel cassetto e non ha trovato ancora nessun editore interessato a pubblicarla?
Non sono in grado di dare consigli! La pubblicazione del mio unico cartaceo è avvenuta quasi per caso, senza che io facessi nulla per sollecitarla.
Ora per gli esordienti l’autopubblicazione rappresenta una bella opportunità. E l’unico consiglio che mi sento di dare è di curare molto la forma. Mi è capitato, purtroppo, di leggere un romanzo autopubblicato da una giovane scrittrice la quale non conosceva l’uso appropriato del congiuntivo e del condizionale.
Ti piace presentare i tuoi libri al pubblico?
No, e non ho mai fatto presentazioni, sebbene sia stata più volte sollecitata dall’editore. A volte posto le copertine dei miei lavori sulla mia pagina fb e rarissimamente su qualche pagina letteraria. E tutto finisce lì. Ma vendo comunque. E la cosa stupisce anche me.
C’è uno scrittore che ha avuto un significato speciale nel tuo percorso di scrittrice? Se tu potessi cosa gli chiederesti?
Mi piace moltissimo Rosetta Loy, ma le scrittrici che amo particolarmente, e che in qualche maniera hanno influenzato il mio modo di scrivere, sono purtroppo passate tutte a miglior vita! Sono Lalla Romano, Natalia Ginzburg e Elsa Morante. Se potessi chiederei loro… il numero di telefono, per fare una bella chiacchierata. Un posto speciale nel mio cuore è occupato da John Steinbeck, e specie dal suo romanzo “Al Dio sconosciuto”. l’ho letto per la prima volta da ragazzina, poi l’ho riletto un’infinità di volte e ancora adesso ogni tanto lo prendo in mano. Penso che il modo di raccontare di Steinbeck abbia un poco influenzato il mio.
Prima di salutarci ti chiediamo, come consuetudine di Giallo e Cucina, di lasciarci con una ricetta ed una citazione!
Sono vegetariana, tendente al vegano (ma non sono una fanatica!), e dunque ecco qui la ricetta per una deliziosa TORTA SALATA che non prevede l’utilizzo di ingredienti di origine animale.
Ingredienti:
Due tazze di farina di ceci |Due tazze di acqua fredda |Sei cucchiai di olio extra vergine di oliva |Un cucchiaino di sale |Una cipolla | una carota | una manciata di piselli | una zucchina | due falde di peperone |una patata | una canna di sedano.
Procedimento:
Mescolare la farina di ceci con l’acqua e il sale, deve risultare una pastella semiliquida, liscia e senza grumi. Lasciarla riposare a recipiente coperto per un’oretta.
Intanto preparare uno spezzatino di verdure tagliando a cubetti quelle indicate negli ingredienti facendole poi stufare in padella con due cucchiai di olio, un pochino di acqua e un pizzico di sale, oppure, al posto del sale, un mezzo cubetto di dado vegetale (io uso il Rapunzel che è bio ed è buonissimo). Portare a metà cottura, le verdure non devono spappolarsi, ma lo spezzatino deve risultare piuttosto asciutto con il liquido di cottura quasi del tutto evaporato.
Ora aggiungere alla pastella di ceci il resto dell’olio e mescolare con cura.
Ungere una tortiera antiaderente o meglio ancora foderarla con la carta da forno, adagiarvi le verdure fatte intiepidire e ben distribuite sul fondo, versarvi sopra adagio la pastella e infornare per 30/40 minuti a 180 gradi.
Servire accompagnata da insalatina di stagione condita con olio e acidulato di umebosci o, se si preferisce, con olio, sale e limone.
La torta è buonissima anche fredda e può essere preparata anche con altre verdure, ad esempio broccoli o cavolfiore.
Per la citazione avevo pensato ad una affermazione ad effetto di Albert Einstein, tanto per far la figura della persona intelligente ed impegnata.
Ma poi ho cambiato idea, e per tener fede al mio essere una donnetta di campagna e alla mia scrittura “semplice e domestica” vi propino una frase che diceva sempre la mia nonna contadina, e che, nel mio caso (e forse anche nel vostro), è del tutto veritiera. E le vorrete perdonare la non perfetta correttezza:
“I figli, una volta che te li sei fatti, non te ne liberi più”
Grazie! Un abbraccio al mio gentile intervistatore e a tutti quelli che avranno avuto la pazienza di arrivare fin qui!