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Omicidio di Garlasco, ricorso in Cassazione contro l’assoluzione di Alberto Stasi

Da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Mariangela Maritato
Omicidio di Garlasco, ricorso in Cassazione contro l’assoluzione di Alberto Stasi Una realtà rimasta inconoscibile in quanto gli accertamenti dei periti già disposti in primo grado, e confermati, non hanno portato ad alcun "risultato probatorio" rispetto alla colpevolezza dell’unico imputato. 
La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha reso note le sue motivazioni sul verdetto di assoluzione emesso il 6 dicembre scorso nei confronti di Alberto Stasi, unico imputato per l’omicidio della fidanzata ventiseienne Chiara Poggi, massacrata nella sua villetta di Garlasco (Pavia) il 13 agosto 2007. 
Nessuna verità sulla morte della ragazza, ritrovata con la testa fracassata da un oggetto contundente (mai rinvenuto) e con sei capelli stretti nel pugno della mano destra, a prova di una resistenza all’assassino o a chi ha concorso alla sua morte. Un risultato, come ammettono i giudici, «certamente non appagante per qualsiasi indagine penale ed a maggior ragione nel presente caso che ha ad oggetto un efferato omicidio». 
In assenza di un movente – i due procedimenti, quello per omicidio e quello per detenzione e diffusione di materiale pedopornografico sono stati divisi e l’ex bocconiano lo scorso 13 febbraio è stato condannato per la detenzione a 30 giorni convertiti ad una pena pecuniaria di 1140 euro e altre 1400 euro di multa, interdetto inoltre da qualunque “incarico di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori” non essendo stato considerato “cultore” della materia – i giudici di Milano hanno ritenuto le prove insufficienti a ricostruire la scena e la dinamica dell’omicidio della giovane il cui padre, Giuseppe Poggi, ha già annunciato il ricorso in Cassazione contro la sentenza di assoluzione. 
 La sentenza di assoluzione – che ha confermato quella emessa in primo grado dal gup del Tribunale di Vigevano Stefano Vitelli – è stata ritenuta “immune da vizi e merita di essere confermata” argomentano i giudici d’appello che si sarebbero soffermati ance su uno degli indizi ritenuti più forti dall’accusa: il sangue non trovato sotto le suole delle scarpe di Stasi che ha, tuttavia, attraversato la scena del delitto. Le tracce potrebbero essersi cancellate anche con «il semplice strofinio delle suole sullo zerbino di ingresso della caserma» o per altri motivi, scrive il giudice. E quindi «nulla si può affermare riguardo a ciò che effettivamente si è verificato nella realtà. Realtà che quindi è rimasta inconoscibile nei suoi molteplici fattori rilevanti». I due indizi a carico del giovane, cioè le tracce del dna della vittima rinvenute su pedali della sua bici e l'impronta del giovane stesso sul dispenser del sapone nel bagno della villetta di Garlasco, sono stati ritenuti non "gravi". 
Omicidio di Garlasco, ricorso in Cassazione contro l’assoluzione di Alberto StasiE i capelli ritrovati nella mano della vittima? Nella relazione tecnica del Ris, inviata alla procura di Vigevano il 16 novembre 2008, si parlava di “reperto 10-A”: “Una “ciocca di capelli, lunghi circa 20 centimetri, variamente imbrattati di sangue, verosimilmente relativi alla vittima”. Tutti “privi di radici” e quindi ritenuti dai Ris non utili per estrarre il dna “nucleare”. Quanto agli esami sui capelli della vittima, invece, erano emerse tracce di nicotina che avevano fatto avanzare l’ipotesi della presenza di un “terzo uomo” nel luogo dove si è consumato l’omicidio considerato che la giovane non era fumatrice e che lo stesso Alberto, stando alle analisi, non fumava. 
 Quanto alle analisi dei periti sulle macchie di sangue, i giudici parlano di «un gioco di variabili multiple di probabilità assolutamente caotiche, non sondabili, non identificate nel corso del giudizio, e tutte in grado di determinare in modo significativo il risultato finale». 
L'utilizzo di risultati sperimentali solo orientativi non avrebbe dunque condotto ad alcun utile risultato probatorio» - si legge in un passaggio delle motivazioni - rispetto alla conoscenza del fatto incerto da provare, e cioè la circostanza indiziante che riguarda l'unico imputato». "Le ipotesi alternative alla non provata responsabilità di Stasi non sono eventualità remote, ma riguardano scenari alternativi dei quali la presenza della bicicletta nera da donna fuori l'abitazione della vittima potrebbe costituire un elemento costitutivo. Scenari attraversati da altri protagonisti, e che forse sono stati caratterizzati da progressioni criminose non esplorate, e quindi rimaste ignote". 
 Nei cinque anni di processo, altri giovani vicino a Chiara ed Alberto sono stati indagati o chiamati a testimoniare: le cugine di Chiara, Paola e Stefania Cappa (sulle quali lo stesso Stasi aveva gettato ombre pesanti nel febbraio 2009 avanzando l’ipotesi che l’arma del delitto fosse stata una stampella) e Marco Panzarasa, ex compagno di liceo di Alberto laureato in giurisprudenza all’Università degli studi di Pavia (tesi sulla prescrizione del reato in assenza di prove) il quale aveva passato con l’imputato le vacanze a Londra tornando insieme il 4 agosto insieme. E che proprio il 13 di agosto (il giorno dell’omicidio) era rientrato a Garlasco dopo un week end passato con amici in Liguria. 
 L’avvocato di parte civile aveva chiesto, nella propria discussione lo scorso dicembre al processo d’appello, chiarezza alla Corte in merito ad altri possibili indagati ("Se non è stato Stasi a compiere l'omicidio, chi può essere stato?"). Un quesito al quale Fabio Tucci ha risposto precisando che non è compito dei giudici rispondere, essendo responsabilità degli investigatori e della procura individuare i presunti responsabili. L’imputazione nel presente giudizio è stata infatti formulata nei confronti di un solo imputato: Alberto Stasi.

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Omicidio di Garlasco, Chiara Poggi, Alberto Stasi, Corte d’Assise d’Appello di Milano, Chiara Paola e Stefania Cappa, sentenza di assoluzione,


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