di Valentina Magrin
I pubblici ministeri Cristina Palaia e Marco Mansi, secondo le notizie trapelate dalla Procura di Roma, hanno iscritto diverse persone nel registro degli indagati. I loro nomi non sono stati resi noti, ma pare siano tutti legati alla pista del movente passionale.
I FATTI – Flavio Simmi, 33 anni, viene ucciso il 5 luglio 2011 alle 9,30 del mattino nei pressi della sua abitazione nel noto quartiere Prati di Roma. L’uomo è appena salito a bordo della sua macchina, una Ford Ka grigia, in via Grazioli Lante. Insieme a lui c’è la sua compagna, Paola Petti.
I due si accorgono che la loro auto ha una ruota bucata. In quel mentre, spuntano d’improvviso due uomini a bordo di uno scooter con casco integrale. Simmi non fa nemmeno in tempo a scendere dall’auto: viene raggiunto da una raffica di colpi al torace – 9 in tutto – sparati con una pistola calibro 9×21, che lo uccidono sul colpo.
LE INDAGINI – Pochi mesi prima della sua morte, il 7 febbraio, Simmi aveva subito un altro agguato nel corso del quale era stato gambizzato. L’episodio era avvenuto davanti all’attività commerciale della famiglia, un “Compro Oro” nei pressi di Campo De’ Fiori.
Un omicidio mancato, o più probabilmente un avvertimento. Ad ogni modo, qualche giorno dopo l’agguato il padre di Flavio aveva ricevuto un telegramma in cui il misterioso mittente prometteva che avrebbe lavato con la morte il suo onore. Ma chi poteva avercela così tanto con il giovane Simmi?Dalle indagini e dai racconti dei famigliari ben presto era emerso un episodio, risalente al 2005, che oggi viene ritenuto la chiave di volta della vicenda. Flavio Simmi, infatti, insieme a un amico era stato accusato di violenza sessuale ai danni della moglie del pregiudicato Ivan Gennaro Musto, all’epoca detenuto.
Grazie alla presenza di un video, Simmi era stato completamente scagionato dall’accusa, ma le voci che giravano erano che Musto non aveva perdonato lo sgarro. Il padre di Flavio, Roberto Simmi, dopo aver ricevuto il telegramma di minaccia aveva anche cercato protezione per il figlio rivolgendosi ad alcuni “pezzi forti” della criminalità romana, ma evidentemente non era bastato.
Ecco, dunque, il perfetto movente passionale. Una vendetta per uno sgarro risalente a 6 anni prima. Semplice. Forse troppo semplice, almeno se si mette in relazione la morte di Flavio Simmi con altri episodi che riguardano la criminalità romana, oggi (come ieri) prepotentemente presente nelle pagine di cronaca dei quotidiani.
L’OMBRA DELLA BANDA DELLA MAGLIANA – Probabilmente non c’entra nulla, ma nel passato della famiglia Simmi c’è l’ombra della malavita: Roberto, il padre di Flavio, in passato era stato legato al mondo dell’usura e, insieme suo fratello, era stato coinvolto nell’operazione Colosseo che nel 1993 aveva sgominato la Banda della Magliana.
Durante il processo era stato assolto, ma restano confermate alcune sue frequentazioni con boss del calibro di Giuseppe De Tomasi (detto Sergione, arrestato, per coincidenza, pochi giorni dopo la morte di Flavio Simmi) ed Enrico Nicoletti. Quest’ultimo, il cassiere della Banda della Magliana, secondo quanto riferito da un nostro informatore, il 4 luglio 2011 aveva ricevuto proprio la visita di Roberto Simmi. Probabilmente non c’entra nulla, ripetiamo.Ma cosa si saranno detti? Forse avranno parlato di quella famosa “protezione” per le minacce subite da Flavio?
Nicoletti, per inciso, verrà arrestato il 6 luglio, il giorno dopo l’omicidio di Prati, nell’ambito dell’operazione “Il gioco è fatto”. L’accusa a suo carico è di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di millantato credito, truffa, usura, falso, riciclaggio e ricettazione. Volendo continuare, ma solo pour parler, a fare ipotesi, si potrebbe supporre che l’omicidio di Flavio sia legato proprio a questi strani “movimenti” della sua famiglia.
Da notare, infatti, che il telegramma in cui si parlava di onore e vendetta era indirizzato proprio al padre di Flavio Simmi… strano, se davvero si è trattato di un regolamento di conti per motivi passionali! Così come fa riflettere il fatto che, una volta giunto sulla scena del delitto, il padre Roberto in preda alla disperazione si sia messo ad urlare: “È colpa mia! È colpa mia!” Fisiologica reazione alla morte di un figlio, probabilmente. D’altra parte anche la mamma di Flavio, il giorno in cui il ragazzo era stato gambizzato, aveva urlato ai killer in fuga: “I figli non si toccano!”.