Oro in calo su dati americani dell’occupazione
INVESTIRE IN ORO
Passo indietro dell’oro dopo la pubblicazione dei dati statunitensi sul mercato del lavoro
Dati fondamentali all’interno del calendario macroeconomico internazionale, che hanno sancito un risultato ancora più fondamentale: il sistema occupazionale a stelle e strisce si è ripreso a ritmi più veloci di quanto fosse lecito attendersi poche settimane fa, incrementando le speculazioni – oramai, non più solo tali – che la Federal Reserve accorcerà di tempi utili per poter applicare la propria presumibile decisione di incremento dei tassi di interesse di riferimento.
Sulla scia di tale considerazione di base, i futures per dicembre hanno perso circa 2 punti percentuali nelle negoziazioni newyorkesi, calando a quota 1.190,30 dollari l’oncia. Un livello che, a ben scorgere quella che è stata la progressione degli ultimi dieci mesi, è il livello più basso mai toccato dallo scorso 31 dicembre. L’altalena dell’oro sembra pertanto essere giunta a un punto di ritorno: considerato che a marzo i prezzi del metallo prezioso erano cresciuti del 16%, le notizie provenienti dagli Stati Uniti hanno contribuito a cancellare quasi totalmente quel guadagno, ponendo le basi per una possibile chiusura negativa delle quotazioni dell’oro rispetto allo scorso anno (già di per sè particolarmente deludente).
Al di là delle considerazioni teoriche, quanto accaduto negli ultimi giorni è particolarmente utile per cercare di comprendere cosa accadrà nel prossimo futuro. Le notizie positive sul mercato del lavoro americano si sono infatti rivelate ben più forti dell’approfondirsi delle tensioni in Russia e in Iraq (sanzioni nel primo caso, lotta all’Isis nel secondo), dimostrando come l’oro sia influenzabile soprattutto per vicende legate ad aspetti economico-finanziari, piuttosto che esogeni a tale mondo. Le notizie macro americane hanno permesso al dollaro di prendere ulteriore quota, andando pertanto – come noto – a ridurre la domanda per il metallo.
Ad essere convinti di tale trend sono gli analisti della Pension Partners di New York, secondo cui il rafforzamento del mercato del lavoro americano “incrementa la percezione che la Federal Reserve alzerà i tassi molto presto. Un elemento negativo per l’oro” – si legge in una nota. Di simile approccio è anche l’opinione di Goldman Sachs, che in un recente focus ha dichiarato come il rafforzamento evidente dell’economia statunitense può condurre a effetti negativi sulle previsioni aurifere: di qui la conferma di una stima non certamente esaltante a 12 mesi, quando il prezzo dell’oro dovrebbe aggirarsi intorno alla soglia dei 1.050 dollari l’oncia.
Ancora, Societe Generale in una nota ha comunicato che il driver fondamentale per interpretare il prossimo andamento dell’oro è proprio la politica monetaria statunitense, a sua volta condizionata da un forte dollaro. “L’oro non sta offrendo grandi ritorni al momento” – affermano dall’istituto – “Gli investitori oggi sono molto disillusi quando si parla di oro”.
Se il metallo più prezioso non offre grandi soddisfazioni, lo stesso si può dire per l’argento, i cui futures per dicembre sono calati di 1,3 punti percentuali, e per il palladio, che a pari termine è calato di 1,8 punti percentuali. Il platino – con riferimento alle consegne di gennaio – è invece calato di 3,4 punti percentuali.
Per quanto infine concerne un cenno al calendario macro e al principale elemento legato alla pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro statunitense, ricordiamo brevemente con il Dipartimento del Lavoro abbia pubblicato oggi dei dati che dimostrano come l’incremento delle buste paga nel mese di settembre sia stato pari a 248 mila unità, seguendo il risultato già positivo del mese di agosto (180 mila unità) e le stime che Bloomberg aveva avuto modo di produrre, pari a 215 mila unità. Il tasso di disoccupazione è ai minimi dal luglio 2008.