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“Ospite” a Novecento: l’Andrea Doria

Creato il 28 settembre 2010 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

“Ospite” a Novecento: l’Andrea DoriaRai Tre : “Novecento“, la nuova rubrica televisiva, condotta da Pippo Baudo,  racconta gli anni e i personaggi più importanti nel secolo appena trascorso, la protagonista della storia, di questa puntata,  era bellissima, raffinata e chiamata: “Gran dama del mare”, proprio per la sua eleganza,

L’Andrea Doria, la prima nave transatlantico italiana del dopoguerra. Dopo 100 traversate nell’Atlantico, quella notte particolare,  andò incontro ad un tragico destino, un tremendo urto, la  Stockholm la sperona, la musica da ballo cessa di colpo ed è l’inizio del suo affondamento.

L’Italia è incredula, una frase segna la tragedia:” L’Oceano è cattivo, sempre, quando ha sete”!

Ospiti in studio il comandante Eugenio Giannini, all’epoca terzo ufficiale dell’Andrea Doria e lo storico navale Maurizio Eliseo, insieme ricostruiscono i fatti e le emozioni ad esso collegate.

“Ospite” a Novecento: l’Andrea Doria
Progettata per la Società Italia, rappresentava l’eleganza e lo stato dell’arte nella costruzione navale dell’Italia, rispondeva alle esigenze del  Bel Paese, reduce dalla seconda guerra mondiale e con tanta voglia di riscossa. Era una galleria d’arte o, meglio, una pinacoteca galleggiante, con dipinti, arazzi, statue, ceramiche e altre meraviglie che ne facevano un museo capace di muoversi a 26 nodi sul mare.

E l’opulenza non apparteneva solo alla Prima Classe, ma anche alla Classe Turistica e alla Classe Cabina. Le attività ricreative, le piscine, i saloni e l’aria condizionata erano a disposizione di tutti i passeggeri. Privilegi che la ponevano molto avanti ai tempi.

Era fra le navi più grandi e veloci al mondo, anche se non era stata progettata per competere in dimensioni e celerità con i prestigiosi transatlantici di quel momento, ma per portare nel mondo il messaggio delle incomparabili bellezze artistiche che l’Italia poteva offrire , era  un simbolo di rinascita. Un miracolo di realizzazione , qualcosa che, era assieme un grande prodotto industriale e un segno del tempo, rappresentava l’italianità.

Era la nave degli emigranti, quella che trasportava la speranza italiana in  America,  venivano alloggiati nella classe turistica, ne trasportava 750 ad ogni viaggio, il business maggiore era legato proprio al trasporto degli emigranti, ciò non di meno, si trattava di una nave frequentata da gente importante fra i tanti vip di allora :  Anna Magnani, Andreotti, Renata Tebaldi, Spencer Tracy, Kim Novak, Gary Grant, Orson Wells ecc.

“Ospite” a Novecento: l’Andrea Doria
Il capitano di questo superbo transatlantico, per tutta la sua vita, fu Piero Calamai, il più giovane Comandante della Società Italia che si trovò di fronte alla tragica situazione, nella notte del luglio del 1956, il fianco destro del transatlantico fu squarciato dalla prua rompighiaccio della svedese Stockholm.

Nessuno può contestare l’operato di questo comandante, che è l’unico che ha pagato  tante conseguenze negative. Decisioni rapide, giuste, che portarono al salvataggio di tutti,  ad eccezione solo delle persone morte immediatamente a causa della collisione.  Una grande operazione di salvataggio che, lo vede fino all’ultimo sulla sua nave, appoggiato alla spalliera del ponte, fermo e deciso a non abbandonare la sua nave, fino a quando il suo stesso equipaggio, già posto in salvo, ritorna a prelevarlo.

Il mattino seguente, dopo una lenta agonia, l’Andrea Doria, affonda.

Nei giorni seguenti, iniziò la scia velenosa di polemiche, conseguenze che  per il comandante Calamai furono negative e lo  videro implicato quale vittima sacrificata alla ragion di Stato, il cui operato sembrò implicitamente messo in discussione dal silenzio delle Autorità italiane, al quale si contrappose invece un’attiva campagna di auto-assoluzione della Stockholm.

“Ospite” a Novecento: l’Andrea Doria
In Italia era conveniente chiudere il caso Andrea Doria al più presto: doveva entrare il linea la “Leonardo da Vinci”, e l’Italia di Navigazione aveva tutto l’interesse a non parlare più del naufragio,  i giornali amplificarono la notizia, ma nessuno, poi, riportò l’esito dell’inchiesta che vide come unico colpevole, di una serie di errori, il terzo ufficiale della Stockholm.

Un pezzo della nostra storia che è bene ricordare, non solo perché legato ad uno spirito compatto di nazionalità, inesorabilmente sfumato nel tempo, ma, anche per il continuo rinnovarsi di un marchio di fabbrica: “l’azione  dell’insabbiamento italiano ”  che, ci contraddistingueva  allora e oggi!


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