La romanizzazione della Lega procede spedita e nel cammino non può mancare una bella guerra per bande intestina. Una battaglia che negli ultimi due-tre anni è andata in scena dietro le quinte, ma che ormai sta salendo sempre più in superficie.
L’inizio delle ostilità ha una data ben precisa: il 2004. Umberto Bossi viene colpito da un ictus e dal quel momento, seppur continuando a metterci la faccia, il carisma, le dita (a volte due a volte è bastato anche uno solo) e svariati rumori, le decisioni principali sono state prese da altri.
Più precisamente, dal cosiddetto Cerchio Magico. Un gruppo plasmato dalla moglie di Bossi Manuela Marrone all’indomani del malore del marito. La struttura è composta da Rosy Mauro, vicepresidente del Senato e fondatrice dello sconosciuto sindacato padano, Federico Bricolo, capogruppo al Senato, Marco Reguzzoni, capogruppo alla Camera, e Francesco Belsito, segretario amministrativo del partito. Per anni il Cerchio si è occupato di candidature, nomine in posti di governo, sottogoverno e negli enti.
Ma con il tempo è cresciuto il malcontento della base a causa di decisioni ritenute incomprensibili, come l’elezione del primogenito Riccardo Bossi a europarlamentare, con il fratello Franco a fargli da portaborse, e quella di Renzo come consigliere regionale in Lombardia. Mal digerita anche la linea del Cerchio: massima fedeltà al PDL e sostegno senza dubbio alcuno a Berlusconi.
La base ribolle e di certo non può tollerare una rotta così ossequiente.
La partita più importante, al di là della reggenza, è quella successione. Il Cerchio Magico ha un cavallo sicuro, anzi un pesce: il Trota. Peccato che la militanza sia compatta nel ritenerlo quantomeno inadeguato.
La preponderanza del Cerchio Magico ha fatto sì che i colonnelli della Lega si compattassero in un fronte comune che non solo corre, da favorito, per succedere Bossi, ma ha obiettivi ancora più ambiziosi, leggasi Palazzo Chigi.
A guidare l’ala “istituzionale” del Carroccio è Roberto Maroni. Il Ministro dell’Interno ha acquisito sempre più autonomia e prestigio, trascinando dalla sua parte anche Roberto Calderoli, Ministro della Semplificazione che di fatto è ad interim anche quello delle Riforme dove Bossi è solo di facciata, e Roberto Castelli. La linea è più distanziata da PDL e da Tremonti e si gioca di sponda con le Opposizioni sugli argomenti più scottanti: la base apprezza tant’è che Maroni ha giocato il ruolo del protagonista sul pratone di Pontida.
Maroni spopola all’interno del partito e sul territorio: il più grande alleato è Flavio Tosi, molto più che sindaco di Verona. Solo 10 dei 49 deputati è fedele al Cerchio Magico, gli altri stanno con il Ministro. Così come Davide Caparini, rappresentante leghista in Vigilanza Rai, il sindaco-deputato integralista Massimo Bitonci, il segretario dei Giovani Padani Paolo Grimoldi, l’ultraleghista Matteo Salvini, europarlamentare e fervido interprete della campagna elettorale a Milano, Attilio Fontana, sindaco di Varese, la capitale della Padania, e Andrea Gibelli, vice di Formigoni.
Maroni può contare anche sulla maggioranza tra i senatori e tra i segretari regionali: Giancarlo Giorgetti, uomo potentissimo nel partito, in Lombardia, Roberto Cota in Piemonte, Gianluca Pini in Romagna e Pietro Fontanini in Friuli. Il veneto Gian Paolo Gobbo è equidistante, mentre in mano a Rosy Mauro ci sono l’Emilia e la Liguria.
Le segreterie regionali rischiavano di essere il casus belli proprio poco prima di Pontida.
Il Cerchio sembrava pronto a scalzare Giorgetti e a eleggere commissario politico Rosy Mauro per preparare la strada verso la nomina di Reguzzoni a segretario. La mossa avrebbe fatto saltare il partito che si sarebbe presentato spaccato alla sua riunione più importante.
I maroniani hanno parato il colpo e hanno contrattaccato con una “mozione di sfiducia” verso Reguzzoni come capogruppo. In 39 hanno firmato il documento per la rimozione dall’incarico, in un momento tra l’altro chiave per il governo. Bossi però ha calcato la mano, la conta non c’è stata e Reguzzoni è stato confermato, per ora. La sostituzione è imminente e il sostituto è pronto: si tratta del maroniano Giacomo Stucchi. Maroni, poi, ha vinto un’altra importante battaglia sull’arresto di Papa.
La guerriglia sembra avere un vincitore annunciato, ma sono attesi sviluppi clamorosi, anche alla luce del sole. Intanto il partito che sembrava più compatto, duro e puro, continua la sua normalizzazione. Manca solo qualche indagato importante.