Essere tornata a vivere nella mia città natale con dieci anni in più sulle spalle, che pur sentendosi tutti sono almeno conditi da esperienza e maturità, mi ha permesso di vedere il mio territorio con un occhio diverso…meno critico, più attento alle sue peculiarità…nonché di cogliere opportunità e stimoli nuovi, quelli che mi sono mancati quando appena laureata ho deciso di fare le valigie e scoprire il mondo.
Prendendo spunto dall’invito al Salone del Gusto di Torino che mi è stato fatto dal pastificio Garofalo nell’ambito del progetto Gente del Fud in collaborazione con l’AIFB, e che mi vedrà partecipare lunedì 27 Ottobre nel loro stand a fianco dello chef Niko Romito e dei suoi allievi, ritengo sia giunta l’ora di onorare qui nel blog un prodotto di eccellenza delle mie Marche ed in particolare della mia città, il Salame di Fabriano, che si pregia, insieme a tante altre specialità del nostro Bel Paese, del riconoscimento Presidio Slow Food.
Non mangio salame, coppe, soppressati e non li ho mai mangiati per un’allergia alimentare (la stessa che mi porta a scartare il grasso del prosciutto e che fa inorridire più di una persona a cominciare dal consorte….) ma ciò non dovrebbe impedirmi di raccontarvi le curiosità che ho appreso scambiando due parole con Giancarlo Bonafoni, rappresentante del Consorzio di garanzia e tutela del salame di Fabriano, sulla sua storia e preparazione, sperando di incuriosirvi al punto da chiedere da domani al vostro salumiere di fiducia di tagliarvene qualche fetta. Per coloro che invece saranno al Salone del Gusto sarà sufficiente affacciarsi allo stand della Regione Marche ed ascoltare di persona i suoi racconti e quelli di un produttore locale, il quale sarà altresì ben lieto di farvi degustare il suo salame.
Il Salame di Fabriano al pari di qualsiasi altro insaccato tradizionale ha una lunga storia e anche se la sua origine si perde nella notte dei tempi, possiamo rinvenire le prime testimonianze attendibili nella seconda metà dell’Ottocento. In particolare, nel 1877 Oreste Marcoaldi, autore di diverse opere, riunisce in un breve dizionario questo salume sotto la voce ‘salsiccione, salame’ affermandolo come specialità Fabrianese e mettendolo allo stello livello della mortadella per Bologna e dello zampone per Modena.
Persino Giuseppe Garibaldi si scomodò per encomiare la bontà di questo prodotto avuto in dono dall’amico fabrianese Benigno Bignonzetti al quale nel 1881 invia una lettera per ringraziarlo dei “tanto buoni salami ricevuti confezionati con carne suina interamente magra, tolto cioè grasso e nervi, pesta sottilissamente, aggiuntovi centoventi lardelli, ventiquattro a forma di dadi, condita con sale e pepe nero”.
Il disciplinare del salame di Fabriano prevede l’utilizzo di carni selezionate della coscia e della spalla, macinate con tre passaggi nelle trafile fino ad essere ridotte a grana molto fine; alle carni, salate e pepate, si aggiunge quindi il lardo prelevato dalla fascia adiposa dorso-lombare o dal sopracollo, tagliato a cubetti. L’impasto viene successivamente pressato nel budello gentile, la sezione dell’intestino più adatta alle lunghe stagionature ed in grado di conferire al prodotto finale aromi particolari, senza aggiunta di conservanti. I maiali impiegati hanno almeno un anno e mezzo di vita e da qui l’aforisma “mattare i maiali che abbiano raggiunto due quintali a due Natali”.
Ciascun salame viene legato alle due estremità con un unico tratto di spago di canapa quindi appeso in coppia ad asciugare per 2-3 giorni in stufa prima di passare nei locali di maturazione dove resta per circa 3 mesi ad una temperatura di 14° C ed un’umidità dell’80%. Il salame giunto a maturazione ha una consistenza leggermente molle al tatto e la fetta si presenta con grana compatta, distribuzione regolare dei lardelli, colore rosso scuro (per la mancanza di conservanti), gusto morbido e persistente e profumo leggermente aspro.
Tutti i salami sono muniti di sigillo atto a garantire la corrispondenza con il disciplinare di produzione e in seguito di contrassegno atto a garantire l’origine e l’identificazione del prodotto. Ciascun salame è dotato altresì di certificazione stampata su carta a mano filigranata realizzata al cura del Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano.
Come lo mangiamo? Inutile stravolgerlo, cuocerlo, inserirlo in un impasto….il salame va gustato con una fetta di pane casareccio ed un buon bicchiere di vino.
Il viaggio verso Il Salone del Gusto inizia dalle mie Marche e dalla mia città…per approdare presto nelle altre regioni d’Italia alla ricerca di eccellenze che vorrei sempre poter portare sulla mia tavola, prodotti che ho scoperto e assaggiato per la prima volta a Torino 6 anni fa quando ho inconsapevolmente iniziato il mio percorso di avvicinamento al cibo e prodotti nuovi che invece vorrei trovare e riportare con me a casa! Stay tuned…