- Lo scrittore e poeta italiano Alessandro Tassoni (1565-1635) “svela” l’inventore delle pappardelle (un pover uomo al quale fa fare una brutta fine) nella sua opera più famosa “La secchia rapita”, poema eroicomico in cui l’autore riprende la tradizione burlesca di irridere il mondo cavalleresco: è ambientato nel Medioevo, in una guerra tra modenesi e bolognesi per una contesa che ha per oggetto una secchia da pozzo “rapita” dai modenesi, mentre i bolognesi tengono come prigioniero re Enzo di Sardegna, figlio naturale di Federico II.
“… e’l miser Beccarin da San Secondo,
che delle pappardelle era inventore,
morto lasciò con gli altri malaccorti
sotto Rubiera ad ingrassar quegli orti”.
Nella sua opera il Tassoni spiega anche l’origine del Tortellino ma tali divagazioni gastronimiche hanno un certo interesse storico. Quando il Tassoni scrive: “… il cuoco maggior Mastro Prosciutto…” informa il lettore che questo salume era un ingrediente molto importante nella cucina emiliana fin da allora. inoltre le descrizioni dei banchetti che vedevano impegnati i contendenti sui rispettivi fronti sono un vero manuale storico-gastronomico.
- Domenico Romoli¹, detto il Panunto¹, scalco² e autore di “La singolar dottrina” del 1564, è il primo a fornirci la ricetta di lepri con pappardelle:”lasagne sottili, delicate e morbide” cotte in un brodo “nero e pieno di sangue” della lepre “e se il suo non basterà, prendetene uno di porco”.
Fonte: redibis.it
¹Panunto è il soprannome di Domenico Romoli, del quale non ci sono pervenute ne data di nascita o morte, ne informazioni che servano ad illustrarne la personalità. Si può desumere, dalla prima edizione del suo trattato “La Singolar dottrina” (Venezia 1560), e da alcuni accenni ivi contenuti, che visse in pieno ‘500 svolgendo mansioni di scalco presso diversi signori, fra i quali Papa Leone X. Fu, come scrisse un suo contemporaneo: “un gentiluomo fiorentino, esperto delle cose di cucina non meno che di quelle di corte, dotato di buone letture d’autori classici e moderni”. Il trattato del Panunto (o Panonto), suddiviso in due parti, si presenta come una sorta di enciclopedia dell’arte gastronomica. Nella prima, descrive in vari libri i compiti dello scalco, l’attenzione ai rapporti umani con il signore e i propri dipendenti, la natura di carni e pesci, il menù quotidiano e del banchetto. La seconda parte dell’opera è invece dedicata alla qualità dei cibi, alle diete da osservare, agli effetti che le vivande possono produrre a danno o a profitto della salute, e agli esercizi fisici convenienti nelle varie stagioni dell’età. Dalla “Singolar dottrina” è possibile ricavare testimonianze sia sull’arte della tavola che sugli stili di vita del XVI sec. Curiosi sono i consigli a favore di certi cibi ritenuti afrodisiaci: “la senape… accende la lussuria, i porri… commuovono il coito, i capperi… lo fan vivace”. Fonte: taccuinistorici.it
²lo scalco, lo speditore, il dispensiere o credenziere. Il primo determina le derrate da acquistare e ne incarica lo speditore, che a sua volta si serve del dispensiere il quale rifornisce la dispensa e istruisce i cuochi.
La ricettaIngredienti per 6 persone
1 lepre intera, 600 gr. di pappardelle¹ fresche, 1 cipolla, 2 carote, 1 gambo di sedano, ½ bicchiere di vino rosso, ½ tazza di latte , 150 gr. di pelati, olio e.v.o., parmigiano grattugiato, sale, pepe.
Preparazione
Per fare il sugo bastano le spalle e il busto della lepre, mentre le cosce e la schiena possono essere cucinate in umido o in salmì. Dopo aver provveduto alla frollatura procedete con la preparazione del sugo: fate soffriggere nell’olio la cipolla, le carote e il sedano tritati finemente. Unite il pomodoro e i pezzi di lepre. Lasciate insaporire poi bagnate con il vino. Diluite un po’ di sangue della lepre in acqua calda e versatelo sulla carne. Lasciate cuocere per una decina di minuti poi unite il latte tiepido e portate a cottura completa.
Disossate i pezzi di lepre, tagliate a pezzetti la carne ottenuta e rimettela nel tegame. Salate, pepate e cuocete ancora qualche minuto. Lessate le pappardelle al dente, conditele con il sugo di lepre caldissimo e servitele con abbondante parmigiano grattugiato. Dopo aver messo il pomodoro si possono aggiungere, oltre ai pezzi di lepre, il cuore, il fegato e il polmone tagliati finemente.
Vino
Vino rosso, fermo e corposo: Barbaresco, Barolo, Sangiovese, Merlot, Barbera, Chianti classico, Montepulciano d’Abruzzo, Morellino di Scansano, Nero d’Avola
- Lepre in umido con polenta
- Lepre in dolce e forte
E’ questa una ricetta della tradizione: tratto caratteristico è la frollatura della polpa di lepre e la cottura del ragù in vino rosso, invece che bianco com’era ed è in uso in Umbria, e che talvolta veniva messo anche nell’impasto delle pappardelle, piatto comunque tipico di tutta l’Italia centrale.
Il vino bianco era utilizzato in tutti i sughi di carne. Pellegrino Artusi il vino non lo usa affatto, ma solo sugo di carne, il cosiddetto brodo scuro: “La carne della lepre, essendo arida e di poco sapore, ha bisogno in questo caso, di venire sussidiata da un sugo di carne di molta sostanza per ottenere una minestra signorile”; e brodo e sugo di pomodoro o conserva con l’uso della noce moscata:
“Non mi rimproverate se in queste minestre v’indico spesso l’odore della noce moscata. A me pare che ci stia bene; se poi non vi piace sapete quello che avete a fare”.
Il “brodo scuro” cui allude l’Artusi si prepara rosolando nel burro prima fettine sottili di lardone o di carnesecca e odori, poi pezzetti o bracioline di carne magra di manzo ed eventuali ritagli di carne di cucina, conditi con sale e chiodi di garofano: quando la carne è quasi nera, vi si versa 1 litro e mezzo di brodo per 500 g di carne.
Fonte: redibis.it
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