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Parole che non si usano più

Da Marcofre

Nella lettura de “Il mestiere di scrivere” (esatto, sempre di Raymond Carver), sono giunto al capitolo “Meditazione su una frase di Santa Teresa”.

Piccola digressione: è tempo di “Cattedrale”, ho ripreso a leggerlo dall’inizio. Fine della digressione.

Si tratta della trascrizione del suo ultimo intervento, nel 1988, quando gli fu conferita la laurea honoris causa dall’Università di Hartford, da qualche parte nel Connecticut.

Lo scrittore invita i suoi ascoltatori a puntare la loro attenzione su due parole che si usano poco. Vale a dire “anima” e “tenerezza”. A quei tempi (che non sono dietro l’angolo), parevano quasi sparite dal quotidiano. Ma anche oggi non è che le cose siano differenti, in realtà.

Se “anima” vi pare troppo impegnativo, conclude Carver, usate spirito. E infine afferma:

Fate attenzione allo spirito delle vostre parole, delle vostre azioni.

Si tratta di poche pagine, un intervento conciso, nello stile del suo autore, credo. Forse dovuto anche a motivi di salute, chissà. Di certo si tratta di una grande lezione; perché invita chi ascolta (e ora legge), a puntare l’attenzione non a lui, alla sua opera, bensì a concetti piccoli.

Tenerezza.
Anima.

Tutto questo fantastico baraccone che risponde al nome di Web (dalle potenzialità enormi se ben usato), rischia spesso di farci perdere di vista parole che hanno un’importanza, una gravità, che tendiamo a rimuovere.
Si usano poco, perché forse crediamo troppo nel contesto, vale a dire la tecnologia, e le strategie per domarla e piegarla alla nostra ambizione.

E abbiamo poca fiducia nelle parole, nella forza di cambiare che racchiudono. Invece, è essenziale prendersi una pausa. Aprire un libro, o anche un ebook, e ricercare tra le righe l’orizzonte che alcune parole sono capaci di dischiudere.


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