Per Aurora, prossima
già nel primo terzo del suo corso
a ben vedere
mentre dormiva col nonno sul giaciglio di sponze
nell’umidore crocchianti a ogni girata
sembrava parlasse nel sonno
vomito rutti accessi di fol’amor invece contava
le pere raccolte dalle figlie di quarto letto le tramutava in talenti
non sapeva nemmeno il suo nome
quattro mogli e nessuna regina
pedicabo et inrumabo
l’ultima morta cadendo per colpa d’un filologo sbronzo
in una taverna sfondata
con mezzo quintale in testa un feto di pochi giorni
sarebbe stata mia madre il suo cavallo Barone
correva al primo fischio
il figlio pareva più vecchio di lui lo chiamava tatillo
toccandosi il petto col mento al suo passare salutava
in istilo umilissimo e rimesso
rabdomando con l’asta di ciliegio tralatizia
puoi camminare senza?
quel modo finisecolare quasi villano
un pane rinfarciato due birre roventi
fissi sul tavolo venerdì mercato c’era quasi sempre
il sole le ragazze con gli orologi scintillanti dei fratelli
i nipoti guidavano tutti i camion
secondo 4 sa di boschereccio funghi troppo maturi
9 dice che al centro dell’aia c’è una botola
coperta da un pezzo di bótte schiacciato sotto cui
si spalanca tutto un mondo prova ne sia che
il leppo i muri sbrecciati
la zia belga tornava solo per bagnarsi nel fiume
e portarne l’odore agli amici minatori si tuffava
tre volte da un tronco poi sbatteva le camicie
sui sassi le appastava dimenando
i fianchi per suo marito simbionte appostato
sulla centrale i baffi grifagni Charleroi
vibravano a ogni boccata
sassofono sul mignolo schiere di bimbi
imparaci la musica
pesci da buche sporgevano i capini a tempo di
fumava senza filtro tossendo con pudore poi
ripartiva spargendo risi la macchia d’umidità sul soffitto
fu il primo quadro che vide
com’è destino d’ogni precursore
proprio così
ve ne ritrovo tutti gli elementi
dal primo all’ultimo
sembra incredibile ma un etimo non si cerca si trova
dal cerchio al centro
dal centro al cerchio
conferendogli una sua propria tonalità
svolte al difuori d’analisi di stile
libero completamente scevro da
interferenze perburbatrici
con foga d’enigmista
sbrogliando il bandolo dell’arruffata matassa
tutto un viluppo d’immagini ciascuna con un suo
aroma quelle dei sogni non sono più accese
si organizzano in gruppi spesso in conflitto tra loro
e pensare che non possono fare a meno
l’uno dell’altro del resto si sa
i deboli cercano i deboli
forti non ve ne sono tuttavia le corazze
parrebbero d’ottima lega
ma non bisogna credere che l’ermeneutica
sia deformazione è un controsenso
dato che l’opera non è forma ma tensione
si dice l’interpretazione è tanto più autentica quanto
più evita di consegnarsi alla distorsione
chiede perché l’opera deva diventare parte
del nostro presente
non saprei ma sia chiaro fin d’ora
che lo sconfinato amore per la lingua
rivendico il diritto d’affermare
in piena scienza e coscienza
è il primo movimento di un percorso
florebat olim
a raggiera
in mille direzioni
che ne sarà del ciliegio?
(Dalla raccolta inedita Da caccia, da séguita e da ferma. Distassie del melo e della folgore)