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“Per Amelia Rosselli” (una non parodia)

Da Fabry2010

A seguito dell’interessante dibattito suscitato dalla parodia rosselliana di Gualberto Alvino recentemente pubblicata qui, propongo il mio poemetto rosselliano non parodistico (da A.L.B., Devi chiamarmi sempre, Campanotto 2005, ripreso in La furia dei venti contrari, Variazioni Amelia Rosselli. Con testi inediti e dispersi dell’autrice, a cura di Andrea Cortellessa, Le Lettere 2007).
PER AMELIA ROSSELLI

Ragazza cara, my girl, chi te l’ha fatta
così maligna verso il marciapiede
dove tutti i camion, tutti i piccioni e i luridi
impensati canali coperti scorrono;
se penso “ebbene, sto come foglia nelle stagioni,
abbiamo occhi bellissimi e padri martiri”
e resto un attimo commossa per il Creato
che si riflette malamente nella Storia
azzurro ghiaccio nell’essenza delle vesti
semplici perché da donna-ragazza
tutte queste benedette bambine che hanno studiato;

se penso in cuore tutto questo ora,
io Amelia piango troppo per la tua morte.

ALARE
(Gli ultimi giorni di Amelia Rosselli)

Gettarsi dalla finestra è l’empito non volgare
non volgere nulla perché di bianco c’è solo gli occhi
di là di su di giù dei capitelli traversi
pei grandi palazzi rossi dell’amor-Roma
che sorgono come mazzi di fiori irti.

Per chi non capendo cade di senso l’acqua scorrevole
via via assorbita nel suo rigenere peccaminoso:
ma cosa più sbagliava delle fontane di acciaio?
Cosa più faceva da tomba e vita insieme se non il cunicolo
quadrangolare delle mie catacombe aperte?

Sull’autobus non si riesce a fare la e, si pasticcia.

ALARE
(Gli ultimi giorni di Amelia Rosselli)

Eritropoiesi a poco dal guardaroba:
tutto il sangue diventa azzurro e poi
anche la pipì e il bianco degli occhi.
La roba trascolora in azzurro marinaro.
Perché mio signore spazzato via
mi poni nella casa questi armadi
come valige inamovibili, perché il
fiore delle vene mi fa alfabeti sui polsi
segnati dalla malattia del colore?
Vicina, a poco dal guardaroba,
sto per dire che prendo qualcosa.
Cerco una tinta che va bene con le mie braccia.

ALARE
(Gli ultimi giorni di Amelia Rosselli)

Il gatto odora gli spiriti, annusa l’aria,
sta immobile. L’adoratore dell’aria fa le fusa per il cibo già avuto.
O mio gatto piovuto dalla vicina di casa che se ne andava
io allora su questo principio
avrei dato al mondo molti più animali che figli o altro.
Ma poiché il compito di sorreggere gli animali sul corpo
fa parte del dominio dei totem
allora nessuno stregone può ora toccare
il gatto a me vicino e lontano.
Nel maciullo del chiuso io adesso vado.
Ciao gatto, vadovadovado.

ALARE
(Gli ultimi giorni di Amelia Rosselli)

Si faceva un censimento acrobatico
sempre dalla cantina come
quasi una conta di leucociti
che di mese in mese scherzava.
A poco a poco spedisco la mia carcassa
al macello, o meglio so che lo devo
fare, ma in profondo non mi importa
che tanto. La mia corporatura è un mantello secco
penso ripari aringhe da sfregare
con pane in tempo della povertà.



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