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Percorsi alternativi di crescita: l’economia islamica

Creato il 07 dicembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

Percorsi alternativi di crescita: l’economia islamica Questo post nasce dalla lettura di un articolo di Abdellah Redouan, segretario generale del Centro islamico di Roma, che affronta il tema dell’economia islamica, presentando alcune questioni di natura etica. Così come accade nel mondo cattolico, anche in quello islamico sono in diversi ad interrogarsi sul ruolo centrale chèe l’uomo deve ricoprire all’interno di un sistema economico profondamente basato sul persistere delle ineguaglianze. L’esigenza d iaffermare il piano dell’etica assume, nei fatti, un valore interreligioso, che è ecumenico…

Nel mondo islamico la parola economia viene espressa come “iqtiṣād”. Il significato comune di questa parola afferma in primo luogo la centralità di Dio nel mostrare la via ed in secondo luogo il senso di moderazione di cui l’uomo deve dare prova nel percorrere la via indicata da Dio, ponendosi in una posizione mediana fra gli eccessi, rappresentati dall’ossessione di appropriazione e dalla negligenza assoluta.

Le diverse attività economiche, quindi, sono strettamente legate al piano della fede e dell’etica. Inoltre, nella Sunna si afferma: “L’economia nello spendere (risparmiare) è già metà del necessario”… “chi economizza o risparmia non si impoverisce”. Per economia islamica, quindi, si possono intendere l’insieme dei fondamenti generali estratti dal Corano e dalla Sunna, sui quali edificare l’economia secondo le esigenze di ogni epoca.

Si può affermare che l’economia islamica ha due fondamenti. Uno immutabile e permanente, i cui principi di base sono la moderazione, la giustizia ecc… Il secondo è variabile e relativo ai modi e ai programmi economici.

La prima caratteristica etica è quella dell’unione dell’immutabile e del variabile in un’armonia totale. Il denaro e la ricchezza appartengono a Dio. L’uomo ne è il custode. La proprietà privata viene considerata come dono divino, pertanto rispettata, per compiere funzioni sociali. Importantissimo è il principio per cui ogni azione ecnomica è rivolta a Dio, che giudica le azioni dell’uomo. L’interesse generale e quello individuale sono in simbiosi ed è da questa simbiosi che si giustifica l’intervento dello Stato. Infine, l’economia viene concepita e regolamentata in funzione delle esigenze dell’uomo, senza stravolgerle.

L’Islam incoraggia il lavoro come strumento per guadagnarsi da vivere. Le attività economiche sono regolate, come il commercio. Sono proibite, invece, l’usura, la frode e il monopolio. L’essere umano è invitato a trarre soddisfazione da ciò che acquisisce attraverso il suo lavoro, senza diventare schiavo di avidità e passioni. “Se appagato e contento è il tuo cuore, certo sei pari a chi ha il possesso del mondo.” L’islamico sarà giudicato due volte: per come ha utilizzato i suoi beni e per il modo con cui li ha guadagnati.

Al di là delle specificità di ogni singola fede, una cosa è certa. Tutte le culture e le società hanno, nella storia, cercato di definire un sistema di regole per coordinare e gestire l’insieme delle attività economiche degli uomini. E’ altrettanto vero, però, che in tutte le religioni il discrimine tra ciò che è lecito e l’illecito trova un fondamrnto nell’affermazione dei principi di giustizia, solidarietà ed equità sociale.

Se l’uomo avesse il coraggio di eliminare le sovrastrutture sociali, seppur differente per credo o colore della pelle o cultura, si scoprirebbe più simile di quanto possa credere. Poichè, in fondo, l’economia è uno strumento dell’uomo per vivere meglio e non viceversa, come, purtroppo, si tenta di far credere da più parti.


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