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Poveritalia Spa! Imprenditori e cittadini sempre più oppressi dall'usura di Stato
Creato il 20 maggio 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlogdi David Incamicia |
In Italia un contribuente su otto è a rischio povertà e le situazioni peggiori si riscontrano al centro-nord e in Sardegna. È quanto rivela un rapporto del Centro studi Sintesi di Venezia che ha analizzato il "rischio povertà" a livello territoriale, un indice che esprime la percentuale di contribuenti che dichiarano un reddito inferiore ad una determinata soglia critica, variabile da comune a comune e che dipende dai differenti livelli di spesa per consumi delle famiglie, dalla dimensione media familiare e dal numero medio di percettori di reddito per ciascun nucleo familiare.
Secondo lo studio (che prende in considerazione dati di Istat e del Ministero delle Finanze del 2008), considerando i 117 comuni capoluogo di provincia, in media circa il 12,2% dei contribuenti (1,2 milioni di persone) dichiara un reddito inferiore alla soglia media di povertà (9.893 euro annui, a fronte di un reddito medio di 26.434 euro). Il Centro studi Sintesi ha stilato anche una classifica (scarica le tabelle) dei comuni più a rischio di povertà locale. Al primo posto c'è Barletta, dove il 30,4% dei contribuenti presenta un livello di reddito inferiore alla soglia di povertà locale. Segue Villacidro (capoluogo con Sanluri della provincia del Medio Campidano in Sardegna) con una quota di contribuenti con reddito sotto la soglia di povertà locale del 26,1%. Al terzo posto c'è Rimini, con una quota di contribuenti con reddito al di sotto della soglia di povertà locale del 25,1%. Scorrendo la graduatoria, nella 'top ten' ci sono diverse città del centro-nord: Massa (20,8%), Brescia (20%), Sanluri (19,7%)), Verbania (19,4%), Fermo (19,3%) e Carrara (19,2%). Tra le grandi città, a pari merito Torino e Milano (16esima e 17esima) con una quota di contribuenti con reddito sotto la soglia di povertà locale del 17,5% e sopra la media nazionale del 12,2. Entrambe migliorano rispetto alla precedente rilevazione (erano 11esima e 12esima). Segue Napoli al 34esimo posto (16,3%, era 36esima), poi Genova (54esima: 14,4%, era 57esima), Bologna (64esima: 14%, era 53esima), Palermo (74esima: 13,3%, era 72esima), Firenze (76esima: 13,2%, era 81esima) e Roma (80esima: 12,9%, posizione stabile). In fondo alla classifica - e quindi con un indice più basso di povertà locale - tra gli ultimi 10 comuni ce ne sono otto del Sud: chiudono la graduatoria Matera (8%), Potenza (7,4%) e Avellino (7%). Dal dossier si evince che tendenzialmente le città del Mezzogiorno presentano basse percentuali di contribuenti a rischio rispetto ai comuni del Settentrione, un fenomeno imputabile al maggiore costo della vita riscontrabile nei comuni settentrionali, che erode il reddito delle persone fisiche in proporzione maggiore di quanto non avvenga al Sud. Più semplicemente disporre di un reddito in linea con la media nazionale di per sé non mette i cittadini al riparo dal rischio povertà, poiché molto dipende dal costo della vita della città in cui si vive e si lavora. Appunto, in cui si lavora o si tenta di farlo. Un altro fattore di disagio, infatti, è l'eccessiva oppressione fiscale che da sempre affligge il nostro Paese e che negli ultimi tempi sta accrescendo la sofferenza economica soprattutto fra i settori produttivi. Come denuncia il sito Italia che lavora che si scaglia contro la società Equitalia Spa, definita vero e proprio braccio armato dell'usura di Stato e chiamata con disprezzo "Furtitalia". Il sito, oltre a sottolineare l'ingiusta e macroscopica differenza di tenore di vita fra la privilegiata "casta" dei politici e i comuni cittadini, mette a disposizione una rassegna sempre aggiornata di notizie eclatanti circa le vessazioni a cui sono sottoposti contribuenti ed aziende, dando voce a numerose storie di quotidiana ingiustizia. La settimana scorsa, proprio in quella Sardegna più impoverita fra le regioni d'Italia, si è tenuta una grande manifestazione di protesta organizzata dagli otto movimenti che rappresentano il vasto bacino di imprenditori, artigiani, commercianti, disoccupati e autonomi in crisi nera e schiacciati dalle pretese fiscali. Più di 20mila persone che per ore, sotto un sole cocente, hanno gridato slogan contro Equitalia ma pure contro i partiti politici, contro l'imperitura casta che non ha mai voluto affrontare il problema permettendo che migliaia di aziende chiudessero.
Dunque, nell'Italia sempre più martoriata sul piano sociale ed economico, imprenditori e dipendenti e milioni di disoccupati (giovani e non solo) si ritrovano loro malgrado uniti in un comune destino: impotenti e inascoltati nel misero presente, angosciati e frustrati per l'incerto futuro. Sono questi i temi di cui dovrebbe occuparsi la politica, da troppo tempo rinchiusa nel proprio fortino a difendere se stessa, e che dovrebbero far riflettere l'elettorato già a partire dai prossimi ballottaggi.
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