Previsioni oro, incognita euro-asiatica sulle stime delle banche d’affari
INVESTIRE IN ORO
A conferma che non vi è certezza nell’evoluzione delle quotazioni del lingotto (le cui stime di medio termine rimangono comunque positive), si può cercare di riassumere proficuamente quale sia lo scenario attuale e di breve periodo che i trader stanno cercando di governare in un periodo che non è particolarmente ricco di novità, e che risulta essere contraddistinto da una tendenza di grande aleatorietà.
Cominciamo così con il ricordare che negli ultimi giorni del 2014, l’oro si è mosso finalmente in rialzo, stupendo una buona parte degli osservatori. Tuttavia, il rimbalzo è stato più che tiepido, considerato che è resistito al di sotto della soglia critica (tecnica e psicologica) dei 1.200 dollari l’oncia, la stessa soglia sopra la quale le quotazioni del lingotto erano partite nel gennaio del 2014, per poi salire ripidamente a metà marzo su quota 1.377 dollari l’oncia. Si tratta comunque di una soglia discretamente maggiore di quel 1.144,34 dollari l’oncia toccato, come minimo storico recente, ad inizio novembre 2014.
Ma cosa accadrà in futuro?
Gli economisti delle principali banche d’affari stimano che le quotazioni dell’oro continueranno a oscillare in un range già conosciuto nel 2014, con possibili flessioni anche sotto quota 1.100 dollari, e possibili inversioni sopra la soglia dei 1.200 dollari. Insomma, un andamento sopra o sotto le attuali soglie, ma non troppo lontano da questa forbice di tendenza.
Il rischio principale è che il mercato degli investitori nell’oro non reagisca positivamente quando – è questione di settimane – la Federal Reserve statunitense darà il via libera alla stagione dei rialzi dei tassi di interesse di riferimento: una situazione che dovrebbe accrescere il costo di opportunità dell’investimento in oro, favorendo a sua volta i deflussi dagli Etf che investono nel metallo prezioso, con emorragie stimate in circa 300-400 tonnellate.
Se così fosse, proseguono gli analisti delle principali banche d’affari a stelle e strisce, le quotazioni dell’oro potrebbero realmente calare al di sotto dei 1.100 dollari l’oncia e, forse, toccare quota 1.050 dollari l’oncia. In prossimità, cioè, dei costi marginali di produzione, infranti i quali le società non avrebbero nemmeno più interesse ad estrarre il metallo, poiché una simile operazione porterebbe più costi che benefici.
Un’altra incognita sarà relativa al comportamento da parte degli operatori asiatici e, in particolar modo, della Cina. Il Paese è diventato il primo produttore di oro a livello globale, con una quota di oltre il 14% del mercato. Non è d’altronde un mistero che la Cina sia particolarmente avida di oro e che, una volta acquistato, difficilmente il metallo prezioso lascia i confini nazionali. Ignoti sono tuttavia gli esatti quantitativi di oro presenti nelle casseforti cinesi: una incognita che riguarda anche la Russia sebbene, al fine di far fronte al rapido deterioramento del rublo, Mosca abbia iniziato a invertire la tendenza, divenendo da compratore a venditore.
Insomma, gli elementi di aleatorietà sul futuro sono numerosi, e non certo prevedibili. In tutto ciò non rimane che ribadire il consiglio più accurato in una simile fase di incertezza, nel quale la prudenza deve essere decuplicata: una buona strategia per investire in oro è quella che prevede una opportuna diversificazione dei propri asset, riservando magari al metallo prezioso non più del 5% del proprio patrimonio, e un ingresso su più livelli di quotazione attraverso un piano di accumulo capitale in un Etf o in altro fondo che investe nell’oro.