Oggi è il 21 marzo e comincia la Primavera. Ma per molti uomini e donne questa stagione di rinnovamento è iniziata con vari mesi di anticipo, soprattutto in quei luoghi del Medio Oriente e del Nord Africa dove si sono levate le grida di libertà di interi popoli contro i propri governanti oppressori. La sezione italiana di Amnesty International ha deciso di ricordare quegli eventi, in alcuni casi ancora in corso, organizzando una giornata di mobilitazione che si svolgerà questo pomeriggio a Roma in piazza Madonna dei Monti, ribattezzata per l'occasione "piazza della Primavera".
A partire dalle 14.30 si alterneranno momenti di dibattito con testimonianze e filmati a sostegno della forte richiesta di diritti umani che, dagli inizi del 2011, ha fatto scendere nelle strade milioni di persone nella rivoluzione passata alla storia, per l'appunto, come "Primavera araba".
Durante la manifestazione, che si potrà seguire in diretta streaming sul sito www.amnesty.it/mena, gruppi di attvisti e attiviste di Amnesty consegneranno vasi di margherite ad alcune ambasciate, per diffondere il messaggio che "non si può fermare la Primavera!".
E' questo, indicativamente, il programma completo della giornata:
- ore 14.30 - inizio lavori;
- ore 15.00 - videochat con Aya Homsi sul tema "Vogliamo la Siria libera!";
- ore 16.15 - videochat con Gabriele del Grande di Fortress Europe;
- ore 17.00 - videochat con Berardino Guarino della Fondazione Centro Astalli e Giusy D'Alconzo di Amnesty;
- ore 18.00 - videochat con l'attivista egiziano Amir Ramadan;
- ore 18.45 - videochat con Cristina Annunziata, vice presidente per l'Italia di Iran Human Rights;
- ore 19.00 - reading di poesie di Parisa Nazari per la Campagna per un milione di firme per l'Iran;
- in chiusura, concerto dell'Orchestra della Primavera araba.
Il 2011 è stato un anno senza precedenti per tutti quei popoli che hanno lottato per il cambiamento rimanendo per settimane intere nelle piazze e sfidando una violentissima repressione da parte delle autorità. Le prime manifestazioni di protesta si sono svolte in Tunisia e in Egitto e sono state del tutto pacifiche,portando prima alla caduta del presidente Ben Ali e poi a quella del presidente Mubarak.
E' inLibia,successivamente, che le mobilitazioni popolari non violente hanno dovuto cedere il passo a un vero e proprio conflitto, in cui solo l'intervento armato internazionale ha fatto pendere l'ago della bilancia a favore degli oppositori all'oppressivo regime del colonnello Gheddafi.
Il vento dei diritti e della libertà si è quindi spostato nelloYemen,dove sono stati necessari mesi e mesi di mobilitazione per indurre l'ostinato presidente Saleh alle dimissioni. InBahrein, invece, la richiesta di cambiamento delle masse ha scosso alle fondamenta il secolare potere della famiglia Al Khalifa.
Ma la gente si è riversata nelle strade anche in molti altri Paesi pur senza che ne derivassero conseguenze drammatiche sul piano della risposta dei governi. Fra questi l'Algeria, l'Arabia Saudita,la Giordaniae il Marocco. Senza dimenticare la situazione sempre critica dell'Iran, dove rimane in piedi un regime teocratico sanguinario che negli ultimi tempi ha notevolmente indebolito l'iniziativa dell'Onda verde.
Ora è laSiriaal centro dell'attenzione, Paese finito nel baratro dellaguerra civile dopo che il presidente Assad ha reagito alle iniziali proteste pacifiche con una brutale repressione.
Dinanzi a questo scenario assai complesso, nel quale la voglia di libertà dei popoli, in particolare di giovani e donne, si è scontrata e si scontra con le violente resistenze di regimi corrotti e autoritari,la comunità internazionale si è mostrata timida e non ha agito in modo tempestivo. Tanto che i diritti umani dell'area ne sono risultati fortemente pregiudicati.
Per questo Amnesty, facendosi interprete anche del sentimento di quelle popolazioni che sono comunque riuscite a provocare il cambio di governo, scende di nuovo in campo affinché le loro istanze non vengano dimenticate o tradite.
Anche dove i regimi sono caduti, infatti, urgono riforme che impediscano il ripetersi delle gravi violazioni dei diritti umani del passato. Mentre dove le proteste sono tuttora in corso, è necessario agire per fermare la repressione.
IL RAPPORTO "UN ANNO DI RIBELLIONE"