Hanno scelto il «momento buono» - così l'ha definito uno di loro - per lanciare dall'aula del Tribunale di Milano non più solo proclami sulla «via rivoluzionaria» contro la «borghesia capitalista», ma una vera e propria invocazione all'uso delle «armi». Nei giorni in cui il Paese riscopre l'incubo del terrorismo, dopo la gambizzazione di Roberto Adinolfi, le cosiddette 'nuove br' del Partito comunista politico-militare hanno forse voluto approfittare del clima da 'anni di piombo.
Dura la reazione del ministro della Giustizia, Paola Severino. «Incitare al terrorismo - ha detto - è un atto criminale gravissimo e dobbiamo esprimere il massimo e il più fermo dissenso. E questo dissenso deve arrivare da parte di tutti gli italiani. Confido nel fatto che l'Italia saprà reagire».
«Solo con le armi si sovvertono i poteri, l'offensiva deve avere le caratteristiche della propaganda armata»: queste le parole che sono risuonate oggi nel Palazzo di Giustizia. Davanti ai giudici milanesi, infatti, stamani sono tornati a processo 12 presunti appartenenti alle cosiddette 'nuove Brigate Rossè del Pcpm, che, secondo l'accusa, si rifacevano alla 'seconda posizionè delle Br, l'ala definita 'movimentistà, quella che cercava il consenso del proletariato proprio attraverso la «propaganda armata».
Presunta organizzazione terroristica che, stando alle indagini, avrebbe voluto colpire anche il giuslavorista Pietro Ichino e il manager della Breda Vito Schirone, e che venne smantellata nel 2007 con gli arresti dell'operazione 'Tramontò, coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini.
Nel giugno 2010 la prima Corte d'Assise d'Appello aveva emesso 13 condanne dai 10 giorni d'arresto ai 14 anni e 7 mesi di carcere inflitti ai presunti leader delle 'cellulè padovana e milanese, Davide Bortolato e Claudio Latino. La Cassazione, però, lo scorso febbraio ha annullato le condanne per gli imputati, accusati di associazione sovversiva e banda armata. In sostanza, la Suprema Corte ha ritenuto che i giudici d'appello non avevano chiarito nelle loro motivazioni se la banda armata, «che certo aveva intenzione e capacità di esercitare la violenza, aveva anche intenzione e possibilità di utilizzare metodi terroristici per conseguire il suo programma di eversione».
Caduta dunque la finalità terroristica. Così si è arrivati al nuovo processo d'appello davanti alla Corte, presieduta da Anna Conforti. Già in mattinata oltre una cinquantina di persone, tra amici e parenti degli arrestati e giovani soprattutto provenienti dal centro sociale Gramigna di Padova - dove si ritrovano gli antagonisti più 'durì, anche protagonisti delle manifestazioni 'no tav' - hanno esposto striscioni davanti al Tribunale con su scritto «Le lotte non si processano». Poi molti di loro si sono trasferiti dentro la maxi-aula, salutati con i pugni chiusi dai cinque imputati nelle gabbie.
Tra loro Alfredo Davanzo, presunto ideologo del Pcpm, che in una pausa di udienza, dopo che le varie eccezioni delle difese erano state respinte, rispondendo a un cronista che gli chiedeva cosa pensasse del ferimento del manager dell'Ansaldo, ha replicato: «Questo è il momento buono, viva la rivoluzione».
Lui e Vincenzo Sisi (presunto capo del nucleo torinese) dopo aver fatto pervenire nei giorni scorsi alcuni «documenti politici» al sito 'Soccorso Rosso Internazionalè (uno datato primo maggio e di oltre 30 pagine è firmato «2 militanti per il Pcp-m, vecchie talpe operaie»), hanno preso la parola in aula, prima per revocare il mandato al difensore - classico 'gesto politicò già visto in altri processi alle Br - e poi per 'invitare all'azionè. Così Sisi: «Solo con le armi si sovvertono i poteri, parlo come operaio comunista che ha preso le armi». Poi Latino: «Non amiamo la violenza, ma consideriamo che sia inevitabile e storicamente necessaria. Nessuna classe dominante ha abbandonato il potere pacificamente. Invitiamo - ha aggiunto - tutte le avanguardie operaie a organizzarsi».
Parole accolte con applausi, grida e magliette di 'solidarieta« da parte degli antagonisti. Dopo alcuni momenti di tensione le forze dell'ordine hanno sgomberato l'aula. La camera di consiglio per la sentenza è prevista per il 28 maggio.