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Proteste e tramonti

Creato il 06 gennaio 2013 da Unarosaverde

Sono rientrata dalla Spagna venerdi notte, dopo tre giorni massacranti. Il progetto per il quale ho lavorato in questi mesi è arrivato alla sua scadenza, il vecchio software è stato spento e il nuovo acceso.

Mi aspettavo problemi ma non del tipo di quelli che si sono presentati. Avevo previsto intoppi tecnici, procedure che non funzionano, flussi di operazioni da rivedere invece ce ne sono stati altri, di tipo psicologico. Nonostante tutte le spiegazioni dei mesi precedenti, nonostante la preparazione, la resistenza al cambiamento è uno scoglio alto contro cui, inevitabilmente, si cozza.

Per alcune persone è una sfida, per altre è indifferente, per altre ancora terrorizzante. Con queste ultime si deve parlare, spiegare con calma, rifare le cose più volte ma poi, ad un certo punto, se la situazione non si sblocca, si finisce per forza ad alzare la voce di un tono e ad ancorarsi sulle proprie posizioni. Indietro non si torna, d’altronde. Ci si adatta, si ammorbidisce qualcosa ma oltre ad un certo punto non si può mollare. E’ così e basta.

Ecco, questo ribadire: “è così e basta” costa un’enormità di energie. E’ il cardine dell’educazione dei figli, dell’insegnamento, dei comportamenti delle organizzazioni. Quando il livello di rigidezza è eccessivo il sistema sfocia nella ribellione e poi nell’anarchia, quando è troppo lasco il sistema si ammorbidisce e sfocia nell’anarchia.  Il buon senso aiuta a trovare la giusta via di mezzo.

In questo caso si tratta di imparare un nuovo metodo per lavorare che porta agli stessi risultati di prima o a migliori, visto che è stato testato e utilizzato per anni da molte altre persone e si sa che funziona. Ecco perché il terrore davanti a nuove sequenze di tasti da battere sulla tastiera e nuovi comandi da dare al computer è, se protratto, eccessivo e  ridicolo e, per chi sta facendo formazione, snervante.

Chi è senza peccato…anche a me non sempre piace il cambiamento. A volte lo aspetto con ansia, altre è stato causa di fughe per non perdere l’equilibrio; fortuna che l’uomo è creatura adattabile.

Fatto sta che venerdì sera sono arrivata in aeroporto stremata e con l’impellente necessità del primo dei rari pasti di cibo spazzatura che mi capiteranno quest’anno. McDonald, senza dubbio. Il volo poi è stato un lampo, cuffiette nelle orecchie e La Ribelle della Disney-Pixar sull’iPad. Poi, una volta a casa, sono crollata fino al mattino seguente.

Ieri c’era una giornata di sole splendida, con temperature quasi primaverili. Avrei volentieri trascorso due giorni in pigiama ma sarebbe stato un peccato sciupare un sabato così e avevo bisogno di svuotare la mente. Così ho guidato fino a Sirmione, sul Lago di Garda, dove non andavo da anni.

Ho passeggiato sulle sponde, ho ammirato cigni, gabbiani e anatre, mi sono fatta largo tra la folla che si addensava nelle vie del borghetto, ho scattato circa duecento fotografie in un paio d’ore.

Poi ho dimenticato di fare la minimalista perché mi sono infilata per la prima volta nello spaccio aziendale delle calze Gallo. All’inizio ho creduto che sarei uscita a mani vuote, perché i prezzi dell’outlet erano di poco inferiori a quelli himalayani dei negozi. Poi qualcuno mi ha fatto notare le scatole con le primette: mi sono ripigliata e ho ceduto senza fatica al fascino delle righine colorate allo stesso prezzo, o poco più, delle calze che si trovano nei supermercati ma con un livello qualitativo del tutto differente e chi se ne frega se c’è una rimagliatura a metà gamba, se si deve usare la lente di ingrandimento per trovarla.

Oggi invece ho oziato e anche questo post mi sta uscendo stiracchiato e senza troppa convinzione. Chiedo scusa ma domani ritorno un’altra volta tra coloro che protestano e ci rimango per un’intera settimana. O io o loro: sarà la battaglia finale!

Sirmione


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