Magazine Diario personale

Quando il lavoro e' frustrante

Da Maricappi
Cara Dottoressa, le scrivo perché ho un intenso bisogno di comunicare la mia delusione e frustrazione causata dal posto dove lavoro.Sono una infermiera che lavora in un reparto di medicina d'urgenza, il mio lavoro mi piace moltissimo e cerco sempre di dare il meglio per gli altri e per  me stessa, purtroppo mi scontro con una realtà direi quasi “ortodossa” dove l'ipocrisia regna e i voltafaccia sono sovrani.
Siamo trattati come tutto fare e a volte, o quasi sempre, siamo il sacco nero dove tutti gettano la loro sporcizia, siamo come un pungiball!Cerco di non portare a casa i miei problemi lavorativi, visto che non fa bene trasferire il mio stress alle persone che mi sono accanto e so quanto è essenziale per il malato avere davanti una persona e quindi un'infermiera con il sorriso, ma in un organizzazione che non è organizzata mi chiedo come posso affrontare le mie giornate lavorative? E soprattutto come fare per alleviare questo senso si pesantezza che mi porto dopo la lunga giornata lavorativa?Vorrei migliorare il sistema e migliorarmi per rendere tutto più semplice e meno stressante, ma davanti a me c’è solo un muro, un muro che non gradisce interferenze.
   Lettera firmata
  
Carissima,da queste righe si sente che le hai scritte con il cuore! Intanto, ti consiglio di leggere la risposta alla prima lettera di questa rubrica, scritta da una tua collega, Valentina, che portava un problema molto simile al tuo. A Valentina, oltre a spiegare cos’è lo stress e come si manifesta, dicevo anche di prendere la necessaria distanza emotiva dalle “dinamiche ospedaliere” e di non addossarsi responsabilità o problemi che non si possono risolvere perché non dipendono da noi.Sicuramente ti starai dicendo “Facile a dirsi! Ma come si fa? Quando sei lì, in quelle situazioni….”. Cerco di darti qualche suggerimento pratico. Si tratta di cose apparentemente piccole, ma aiutano davvero. Provaci e vedrai!Innanzi tutto, la tua vita non si esaurisce tra le corsie dell’ospedale e in famiglia, tra “casa e bottega”. Nessuna persona sensibile e intelligente può sentirsi completamente appagata dal lavoro e dal ruolo familiare. Quante ore al giorno dedichi a te stessa? Cosa ti concedi per il tuo sacrosanto piacere? Se c’è qualcosa che ti piace e ti appassiona, dedicaci il tuo tempo. Ad esempio, per cominciare puoi fare dei corsi dove conoscere altre persone che condividono la tua stessa passione, che può andare dallo sport al giardinaggio, dalla navigazione internettiana alla cucina tradizionale. Qualunque cosa, purché ti piaccia tanto. Tutti abbiamo bisogno di un angolo della nostra vita che appartiene solo a noi e dove ci rigeneriamo lo spirito e i neuroni. Quando sei in ospedale, impara a non essere ingenua. In certi ambienti di lavoro, l’ingenuità non è una virtù, ma una colpa. Non fare il pesciolino rosso in un mare di squali! Usa la tecnica della “doppia morale”: nella mano destra metti la colomba bianca e nella mano sinistra metti il serpente. Cioè, massima attenzione alla tua integrità, non ti fidare se non delle persone che nel tempo hanno dimostrato di meritarselo (i veri amici sono fondamentali!) e, nello stesso tempo, impara un po’ di sano opportunismo nelle relazioni: sorridi agli ipocriti e ai voltafaccia e giocali con le loro stesse armi. Infine, se ti trovi in una situazione di lavoro dove senti che stai per scoppiare, senti che ti sta salendo il sangue al cervello e non ce la fai più, con una scusa qualunque (una telefonata urgente, un malessere, ecc) lascia quella situazione per qualche minuto, isolati più che puoi, respira profondamente e cerca di muoverti per scaricare la rabbia o lo stress. Quando ti sei calmata e hai recuperato tutta la tua lucidità mentale, rientra pure in quella situazione, magari sfoderando un bel sorriso!Mi auguro con tutto il cuore di esserti stata utile!Buon lavoro.

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