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Affrontiamo qui “l’articolo 8”, che come gli organi di informazione fanno passare, è il “sistema Marchionne” (cioè ciò che per la prima volta è stato posto in essere nel rinnovo contrattuale della Fiat nello stabilimento di Pomigliano ad inizio anno) elevato a rango di legge. Sancisce infatti l’articolo in questione che al centro del nuovo sistema del lavoro che va delineandosi vi sta il “contratto aziendale” o “territoriale”, che può andare a derogare norme legislative e di contratti collettivi nazionali per realizzare obiettivi aziendali, a patto che la direzione aziendale raggiunga l’accordo con le rappresentanze sindacali (intese come rappresentanze aziendali delle sigle nazionali sottoscriventi l’accordo applicato all’unità produttiva). Cosa significa ciò in termini pratici? Significa che l’accordo aziendale può derogare anche in senso peggiorativo le condizioni che la legge pone a tutela dei lavoratori; ad esempio, regolamento dei contratti flessibili, disciplina delle mansioni e degli inquadramenti, conseguenze di un licenziamento illegittimo o contratto a termine nullo.
Da una parte si avverte l’esigenza, nel mondo di lavoro, di “liberarsi” da schemi talvolta fin troppo rigidi (pur in senso garantista), magari di rinnovarli, creando nuovi strumenti al passo con le mutate condizioni della produzione e le stagnazioni del mercato del lavoro. Esigenza che si scontra però con un’altra, cioè la tutela della dignità del lavoro e del lavoratore, affinché la “sacralità” dello stesso, come centro della vita civile, sociale e politica, non venga mai meno, nemmeno davanti ad una richiesta di maggiore flessibilità contingente. Per poi scontrarsi pure con un certo mondo sindacale ormai conservatore, nelle idee e nei privilegi, arroccato su una torre d’avorio dalla quale pensa a difendersi, sempre e comunque ad oltranza, e mai a guardare avanti nell’interesse stesso della classe lavoratrice.
Attenzione, però, a non creare un “sistema svizzero”, cioè di libero licenziamento del lavoratore, ma una maggiore libertà per il datore di lavoro di valutare la produttività del dipendente e di non essere imprigionato nel caso la suddetta valutazione non sia adeguata, oppure nel caso di oggettive difficoltà aziendali a mantenere organici ampi. Lo spirito dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori deve essere confermato, il mezzo per realizzarlo può, talvolta, pure cambiare; purché siano dei casi- eccezione circoscritti nell’ambito applicativo e che restino tali.
Stefano Beccardi
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