E così l’impiegata strozzata dalla routine vorrebbe farsi passare per mente creativa; il banchiere in prepensionamento, da “buona forchetta” che era a casa di mammà, si svende come giornalista enogastronomico; il piazzista del paese mette giù il megafono da “arrotino” e fa le digital P.R.; l’infermiera, dopo una vita nelle corsie degli ospedali, apre un bel blog e diventa stellina fashion tra i cosmetici che vendeva sottobanco per arrotondare lo stipendio.
Chissà quante risate si fanno quelli delle Risorse Umane sbirciando tra i profili e quanti mal di pancia diventano incurabili per le medie e grandi aziende quando scambiano piccole botteghe a gestione familiare per startup. Ah, ci fossero le vecchie botteghe di una volta, abitate dal mastro che conosceva il suo mestiere!
Finita l’epoca dei maxi bigliettini da visita, affollati di titoli e mansioni, comincia quella dell’about us nella giungla confusionaria dei social network. Le job title bizzarre durano il tempo di una stagione, perché a confermare la professionalità sono la storia e l’esperienza che ognuno di noi si ritrova alle spalle.