Potente, un pugno nello stomaco, di quelli che non ti aspetti, di una forza travolgente, ecco il nuovo film di William Friedkin, pietra miliare del cinema Horror, regista del male, come venne definito nel 1973 dopo L'esorcista, nonostante l'età (classe 1935) è ancora capace di stupirci con questa pellicola, probabilmente la migliore commedia noir degli ultimi anni. Ripresa dall’ omonima opera teatrale scritta da Tracy Letts, la storia si svolge In un inconsueto Texas piovoso e freddo, dove, attraverso una sudicia e precaria vita familiare il regista ci trascina nella sua visione del mondo americano letteralmente fatto a pezzi, Friedkin non salva nessuno, nemmeno Dottie, la più piccola della famiglia interpretata dall'angelica Juno Temple. Tutto è grottesco, la dannazione è ovunque, le donne sono furbe e traditrici, le madri snaturate, gli uomini sono dei pupazzi, ridicoli o disonesti. Ma in questo vortice di amoralità e violenza emerge l’eleganza e lo stile, sia nella struttura formale della pellicola sia nel personaggio di Joe, il killer. Il giovane Emile Hirsch (Into the Wild, Milk) è Chris, la miccia che innesca una serie di sfortunati episodi, ventiduenne, figlio maggiore, non particolarmente acuto, convince il padre ad assoldare uno spietato assassino per far fuori sua madre, compagna di un altro uomo, coinvolgendo incautamente anche la sorella minore, ingenua e con qualche rotella fuori posto, e la nuova moglie del padre. Per dividersi i soldi dell’assicurazione scelgono Joe, apparentemente gentiluomo, in realtà un killer senza scrupoli, interpretato da un grandissimo (insolitamente) Matthew McConaughey, texano doc, che dopo aver interpretato tutte le commedie rosa dell’ultimo decennio, si mette alla prova nel ruolo del killer depravato, violento e dai modi raffinati, uscendone vincitore con un'impeccabile interpretazione. Le cose andranno naturalmente tutte storte, e lo svolgersi della vicenda è caratterizzato da una teatralità, intesa come spazio metaforico, in cui si manifestano le pulsioni interiori di norma represse dalla società, una società che Friedkin rende grottesca e amorale, distruggendo ogni suo simbolo a partire dal pollo fritto, mirando allo stupore e allo spettacolare, con una cura del dettaglio maniacale, a partire dai pugni, ben piantati, e con un nichilismo che lascia intravedere degli sprazzi di sentimentalismo. Il finale è la ciliegina sulla torta, e il risultato è un film, sicuramente non adatto a tutti, (è V.M.14 anni), ma espressivamente pulito ed emotivamente forte, spiazzante, divertente, esplosivo (non è da stupirsi se arriva in sala qualche schizzo di sangue). Tarantino non avrebbe potuto fare di meglio, questo è davvero pulp.
Voto: 8.5
Chiara: 9 | Presidente: 8.5