Magazine Diario personale
E' vero: ho davvero tante cose a cui pensare.
E' vero che, tra casa, lavoro e figli, il tempo non mi basta mai.
E' vero che avrei bisogno, non dico tanto, ma di 2/3 ore in più al giorno!
E' vero che "sorella ansia" e "fratello stress" fanno da sottofondo a tutte le mie giornate.
E' vero che a volte finisco per trascurare temi molto importanti.
E' vero anche che questi temi molto importanti spesso riguardano la mia salute.
E poi oscillo. A volte mi sento una roccia e altre volte mi sento un granellino di sabbia.
A volte mi nutro solo di persone e circostante positive, altre volte ricerco negatività e attiro ossessioni.
A volte preparo degli ottimi pranzetti, altre volte invece metto in tavola solo un po' di pane e formaggio.
A volte sono tanto paziente da stupirmi di me stessa e altre volte basta un niente per farmi saltare i nervi.
Nel complesso mi sento soddisfatta e serena: me lo ripeto ogni giorno!
Poi, dopo tutte queste riflessioni, arriva un momento in cui ti rendi conto che qualcosa non va.
Ieri sera ho "strattonato mia figlia spingendola e facendola cadere" solo perché lei, per sbaglio, aveva fatto scivolare il fratellino più piccolo nella vasca da bagno. Dopo questo gesto ho visto la paura sul volto della mia piccola e ho avuto paura a mia volta.
Come è possibile che mia figlia sia spaventata dalla sua mamma? Ho realizzato questo e mi sono messa a piangere come una bambina piccola anche io.
Non ho capito perché, non ho capito quale istinto mi ha portato a strattonare in malo modo la mia bambina.
Ma so che un istante dopo l'accaduto ho visto la mia bambina interiore, quella che tutti noi ci portiamo dentro dalla nostra infanzia ma che non riconosciamo, quell'essere piccolo e indifeso in cerca di amore che rimuoviamo dal nostro pensiero cosciente, ma che scandisce molte cose del nostro essere presente.
E mi sono detta: forse anche io ho avuto paura della mia mamma quando ero piccola? Sto replicando da adulta un comportamento che mi ha fatto male da bambina?
E allora mi sono ricordata della storia di quel piccolo cucciolo di elefante, che, legato per una zampa a un albero, impara a rinunciare a liberarsi a causa della sofferenza procuratagli dai suoi sforzi dolorosi, il pensiero del dolore rimane nei suoi comportamenti per tutta la vita, e anche quando l'animale è talmente cresciuto da poter sradicare un albero dalle radici lui rinuncia all'esperienza, ci rinuncia per tutta la vita.
La mia rabbia di ieri sera non ha senso, da qualsiasi parte del passato essa provenga non ha senso.
Il passato non può pesare così tanto da farmi legare simbolicamente ad un albero la mia bambina.
Così, all'improvviso dopo il gesto e la rabbia, è arrivata questa consapevolezza, con lei è arrivata anche una sensazione, profonda e radicata, che, proprio da questa nuova potente consapevolezza, incomincia il mio cammino.
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