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Quello che non si vuol capire della violenza a Roma

Creato il 03 gennaio 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
Alessandro Ambrosini
Quello che non si vuol capire della violenza a RomaFrancesco Bianco
Non ho aggettivato nessuno dei due precedenti che hanno portato alle cronache Bianco perché il solo qualificare il suo passato o la vicenda dell’Atac svierebbe immediatamente ciò che si può dire sulla gambizzazione stessa. 
 E’ infatti prassi comune e sbagliata fare subito dei collegamenti con il passato di una persona. Può valere per moltissimi casi, può essere anche giustificato dalla logica. Ma oggi a Roma non si può ragionare così. 
Oggi a Roma il pericolo latente non sono tanto la criminalità organizzata, che c’è, esiste ma che non ha interessi particolari per fare rumore mediatico. E quando lo fa lo si evince subito dalla modalità e dalla professionalità con cui compie certi atti. 
Oggi a Roma il pericolo latente non sono neanche le bande che si stanno giocando una partita a scacchi per lo spaccio di droga. Colpevoli perfetti per il procuratore e il sindaco della capitale. 
Oggi a Roma il pericolo latente non è lo scontro politico, praticamente inesistente. 
Oggi a Roma il guaio, il virus che serpeggia tra i quartieri, il problema vero è la moda delle pistole coatte. Termine da me coniato quando abbiamo visto che i fatti di sangue dati dalla polvere da sparo erano imperfetti, raffazzonati, frequenti. Quando abbiamo visto che si può essere colpiti per un debito di mille euro, si può essere colpiti per una lite, per una mancanza di rispetto.
  Quello che non si vuol capire della violenza a RomaMotivi che riportano a Rugantino, ma che a Rugantino si fermano. Perché le modalità di scontro sono cambiate. Si sono evolute sullo stile del Dandy, del Libanese, di Fierolocchio, del Freddo. 
Tutti personaggi che non c'entrano niente con le pistole coatte, ma che hanno ottenebrato la fantasia e creato non dei modelli ma dei riferimenti visivi. Le “pistole coatte” sono nate perché se non spari non sei nessuno, "non conti un cazzo", come si direbbe fuori dal "baretto" di quartiere. 
Oggi per sentirti criminale vero, per avere un ruolo nella società, che non sia il classico impiegato, operaio, manovale, spazzino…,devi farti rispettare. 
Devi dimostrare ai tuoi compari di bevute che hai il “fero” e che se ce l’hai lo usi. Che sei anche tu “l’er più de zona”. 
Non importa che per ferire qualcuno ci metti tre, quattro, cinque colpi. Non importa se quando senti il primo colpo già hai la mano che trema e spari quasi a caso. L’importante è sparare. 
E’ questo il vero problema a Roma. Una marea di “stracciaculi”, termine non a caso ripreso da Romanzo Criminale, pronti a sparare per una lite, per gelosia o per recuperare mille euro o un pagamento in ritardo di un paio di dosi di cocaina. 
Non bisogna quindi andare alla ricerca della strategia della tensione, di Parentopoli, di dietrologie legate ai servizi segreti e chi più ne ha più ne metta. 
La realtà è stata creata dai nostri tempi, dalla nostra assenza di tutto, ora anche del lavoro. Realtà che mette su strada, ragazzi e non, con il bisogno di essere qualcuno, di fare qualcosa e di avere qualcosa. Tutte potenziali braccia armate, anche del più pidocchioso usuraio di quartiere.
La nostra colpa, a volte, è di cercare il sasso dietro a una mano, non accorgendoci che è la mano che dobbiamo vedere, che è la mano che impugna la “pistola coatta”.

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