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RACCOLTA DIFFERENZIATA BIS - "Sono tua cugina"

Creato il 04 maggio 2012 da Zioscriba

SONO TUA CUGINA
Mi chiamavo Gianriccardo ma non era colpa mia, e così un dato momento, com’è, come non è, mi trovo imbarcato su questa PARTY GAY ON LINE, che è una linea multipla tremendamente ramificata dove si può discutere, ci si può confrontare, si possono intavolare congressi, ci si può masturbare anche a gruppi di quattro o cinque in simultanea, e in teoria si possono fare un bel mucchio di conoscenze stimolanti.
Devo dire che ‘sto PARTY GAY ON LINE ti dà un casino di soddisfazioni. Innanzi tutto ha un numero lunghissimo e molto bello nelle sue forme. Trentatrè cifre, mi pare, o giù di lì. Ma in più si avvale, si giova, diocaro, di una serie di ponti e di punti di rimbalzo indubbiamente da record.
Amici, è bellissimo! Vertiginoso! Perbacco! Pensa che la tua voce rimbalza prima da Tananarive in Madagascar, poi da Hermosillo in Messico, quindi da Asuncion in Paraguay, da Trondheim in Norvegia, Ulan Bator in Mongolia, Adelaide in Australia… Perdindirindina poffarbacco, ti vengono i brividi soltanto a pensarci. È anche un buon modo per ripassarsi la geografia. Il tuo seme che si sparge per il mondo. E ci si lasciano soltanto quei settanta, novantaquattro scatti preliminari. Poi entrano le musichette, i sospiri, i carillon, e dopo cinque minuti parte la voce che ti prende per mano e ti guida attraverso le opzioni, che uno può scegliere e selezionare componendo dei numeri irrazionali di centoventidue cifre. Per esempio ci sono Amanti jungla, Barzellettieri d’Italia, Velociraptors, Tizi escrementizi, Meteore, Travestiti del giovedì, Senzamani, Perplessi del profilattico, Cerbiattelli, Fate con comodo, Ignavi, Indecisi, Non so/non risponde, Mastro Lindo bim bum bam.
L’unico difetto di PARTY GAY ON LINE è che non sempre è molto affollato, per cui ci sono delle volte che su determinate opzioni finisce che te lo meni ascoltando l’eco della tua voce irriconoscibile che rimbomba e riecheggia su e giù per Tananarive, Hermosillo, Asuncion, Trondheim, Adelaide, Ulan Bator, diocaro.
Ti vengono i brividi pure se pensi alla bolletta, ma finora nessuno in casa aveva detto niente. Sapete, abbiamo le tariffe commerciali agevolate, quelle che più chiami meno spendi. Papà, che si chiama Orso Maria Giuseppa, per gli amici Orsobeppa (e ben gli sta), vende merda all’ingrosso. E come passatempo grosso modo froda il fisco.
 Quel giorno, dopo un migliaio di scatti che non m’avevano permesso d’incontrare anima viva, a ‘sto cazzo di PARTY GAY di minchia, riagganciai.
Ma ormai per me è come una droga. Non riesco a rimanerci lontano per più di tre quarti d’ora. Così, poco più tardi, convintissimo d’essere stato l’ultimo in casa a telefonare, mi ripiazzo alla mia postazione, il duplex nella cameretta di mia sorella, in piedi, la patta aperta e la carta igienica per pulire, e per fare prima pigio il tasto REDIAL. Partì la scarica di semitoni. La scarica in effetti mi parve più breve del solito. Ma non ci feci caso. Sapete, col tasto REDIAL l’ultimo numero che hai fatto viene richiamato veloce veloce, sparando via una raffichetta impercettibile. Be’, finalmente m’imbatto in una voce, subito, senza passare per le opzioni, e mi appresto tutto contento a parlare del più e del meno con questa voce, ma però senza menarmelo. Inizialmente.
La voce stavolta devo dire era dolcissima, bellissima, invitante, arraposa. Strano. Sembrava una voce femminile.
«Ciao, io sono Gianriccardo, purtroppo» dico comunque a questa strana bella voce che sembra femminile.
«Ciao Ricky» risponde la voce. Sempre più femminile. Sempre più arraposa e dolce. A questo punto, com’è come non è, me lo ritrovo in mano. Già bello caldo e maniaco e pulsante.
«Ascolta» dico, «ma tu con quella bella voce dolce, sei per caso un maschietto?»
«Certo che no» mi dice. Mi pareva di conoscerla, a ripensarci meglio.
«Sei un transessuale?»
«Uffa noo.» La parola transessuale dev’essere una parola magica. Mi era diventato il doppio.
«Ho capito, sei una di quelle che gli piace allacciarsi in vita un dildo e inchiappettarsi gli uomini.»
«Ricky, sono tua cugina!»
«E che diavolo ci fai su PARTY GAY? Sei per caso diventata lesbica?»
«Non sono a nessun cavolo di party, sono a casa mia e sono tua cugina, stupido. Ho parlato con tua mamma venti minuti fa.»
«Cosa?»
«Mi stai mettendo in imbarazzo, Ricky. Cos’è questa storia del dildo? Che diavolo è un dildo?»
«…»
«Cos’hai, bevuto?»
«Era solo uno scherzo» balbettai.
«Lo spero per te.»
«…»
«Ricky, ci sei ancora?»
«Sì, sì. Ci sono.»
«…»
«…»
«Ma ti senti bene, Ricky?»
 Che voce dolce e comprensiva, la cuginona. Lei soltanto mi chiamava Ricky. Mi piaceva così tanto, essere chiamato Ricky… E aveva quelle due gambe così vertiginose, portava sempre gonne lunghe con lo spacco più lungo della gonna, e quella voce dolcissima…
Sull’ultimo “Ricky” partì lo sbroffo più energico di tutta la mia vita. Da vincere lo schizzo in lungo alle olimpiadi. Quasi indietreggiai per il rinculo. Lo persi pure di vista. Dove cazzo era atterrato? Non ero più gay. Mi stavo innamorando di mia cugina. Sposata. Con figli. Una complicazione via l’altra.

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