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Realismo favoloso

Creato il 25 settembre 2011 da Patrizia Poli @tartina

 

Spesso, ogni particolare è pretesto per un brano di elaborato impegno stilistico.

Marcovaldo tornò a guardare la luna poi andò a guardare un semaforo che c’era un po’ più in là. Il semaforo segnava giallo, giallo, giallo, continuando ad accendersi e riaccendersi. Marcovaldo confrontò la luna e il semaforo. La luna col suo pallore misterioso, giallo anch’esso, ma in fondo verde e anche azzurro, e il semaforo con quel suo gialletto volgare. E la luna, tutta calma, irradiante la sua luce senza fretta, venata ogni tanto di sottili resti di nubi, che lei con maestà si lasciava cadere alle spalle; e il semaforo intanto sempre lì accendi e spegni, accendi e spegni, affannoso, falsamente vivace, stanco e schiavo.”

È una tecnica che ci ricorda Pasolini di “Ragazzi di Vita” (1955): l’estrema semplicità, e il ripetersi quasi infantile del linguaggio, rispecchiano la mente ingenua del protagonista, ma il lirismo della descrizione appartiene tutto dell’autore. “Stanco e schiavo” non è solo il semaforo ma anche Marcovaldo.

In racconti come “Il giardino dei gatti ostinati”, anche l’intreccio è elaborato quanto lo stile. Caratterizza tutta la narrazione una grande malinconia insieme a una vena lirica dolorosa, anche se Marcovaldo non è mai pessimista ed è sempre pronto a ricominciare.

La critica della civiltà industriale si accompagna a una altrettanto decisa critica di ogni “sogno di paradiso perduto”. L’amore per la natura del protagonista è solo quello che può nascere in un uomo di città. Noi non sappiamo da dove viene Marcovaldo, ma l’estraneo alla città è proprio il cittadino per eccellenza. La natura, quella vera, è ostile quanto la città, specie per chi non la conosce davvero.

Il libro è stato scritto nell’arco di dieci anni, dal 52 al 63. Le storie di Marcovaldo iniziano quando la grande ondata del neorealismo già accenna al regresso. L’Italia presentata nei racconti non è più indigente ma sulla via di allinearsi con gli altri paesi industrializzati, mentre sta nascendo l’illusione del boom economico e in letteratura cambiano le tendenze. Non si denuncia più, infatti, la miseria, quanto l’aridità di una società tecnologica mercificata. Uscirà solo due anni dopo “Il Padrone” di Goffredo Parise, altro esempio di realismo-favoloso.

continua…


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