Magazine Cultura

[Recensione] Dalla vita degli oggetti di Adam Zagajewski

Creato il 15 giugno 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Dalla vita degli oggetti di Adam ZagajewskiTitolo: Dalla vita degli oggetti
Autore: Adam Zagajewski
Editore: Adelphi
ISBN: 9788845926822
Anno: 2012
Formato: libro
Lingua: italiana
Numero pagine: 234
Prezzo: € 20,00
Genere: Poesia
Voto: [Recensione] Dalla vita degli oggetti di Adam Zagajewski

Contenuto: I versi che Adam Zagajewski ha scelto per questa antologia riflettono la fase più alta e matura della sua produzione. Messo a confronto con interrogativi e dilemmi, con il mondo della natura e della storia, il poeta coglie tutte le contraddizioni della nostra condizione: “la sua è una tessitura in cui fiori, alberi e uomini convivono in un’unica scena. Ma questo mondo ricreato dall’arte non è un luogo di fuga, al contrario è in relazione con la cruda realtà di questo secolo” ha scritto Czeslaw Milosz. E se nelle metropoli occidentali un’umanità priva di passioni paga il benessere con la noia, l’indifferenza e la solitudine, egli può catturare, grazie a un’illuminazione interiore che si traduce nel “fervore” dei versi, l’istante in cui l’esperienza del dolore si fonde con quella della bellezza e l’aura del divino si manifesta anche nella realtà più misera: “La pelle levigata degli oggetti è tesa come una tenda del circo; Siamo come palpebre, dicono le cose; Sfioriamo l’occhio e l’aria, l’oscurità; E la luce, l’India e l’Europa; E all’improvviso sono io a parlare: cose, sapete cos’è la sofferenza?… “. Così, nella poesia di Zagajewski, l’invisibile si coniuga al mondo concreto, e l’anima si fonde con le cose della terra, dando vita a quell’assoluto quotidiano che spiega il complesso intrecciarsi di destino individuale e universale.

Recensione: La poesia di Adam Zagajewski non è una gemma oscura dai contorni enigmatici. È un fiore aperto di luce sognante, il suo chiarore illumina le cose per farsi profondo come il mare. Noi scendiamo nell’oscurità di ciò che non vediamo, poiché egli ci parla di una bellezza che si cela, ode “l’ironica voce della menzogna”, sogna “un fuoco che consumandosi non distrugge ma crea”. Ancora meglio intuisce il divino in un mondo spesso desolato e destinato all’oblio. C’è la costante ricerca di qualcosa d’altro, un continuo domandarsi. Non a caso è presente la filosofia, perché non si esiste per esistere semplicemente.

Il mondo è abitato da un’esistenza più profonda di quello che trapela, un’eco divina che pur provenendo da un altrove, ha lasciato qui la sua impronta. Se così non fosse non potremmo scorgerla nelle immagini costruite dal poeta, né quel senso di indefinibile che traluce e vuole uscire da esse.

“Dove va il nulla? Ma se Dio non esiste… da dove viene quella luce interiore?” [Conversazione con Friedrich Nietzsche p. 76].

In alcune poesie, per esempio Ode alla molteplicità, si susseguono come in un turbine immagini su immagini, un senso immediato e definito tace a favore di un senso musicale più forte: le parole diventano note o tocchi di pennello, vibrano e scorrono tanti pensieri come un’unica corrente tiepida. Il canto si slaccia dalle stesse mani del poeta, diventando fiume che fluisce spontaneo. Forse in questo ciclone di visioni si sublima l’ossessione della ricerca di “una forza che rinsalda le cose”.

Gli occhi del poeta sono i nostri, il suo sguardo è infinito e famelico, attraversa le città, le foreste, le distese innevate o si ferma e siede in qualche sala d’attesa. Sembra poter abbracciare tutto, vivere ovunque.

Sentiamo Bach, Chopin, Schumann, Schubert, vediamo quadri, udiamo voci di morti sussurrare tra gli alberi e ci accorgiamo di una luce che unisce le cose.

Adam Zagajewski non è un poeta rannicchiato in sé, non china il capo per abitare il battito del cuore, vi è una grande ubriacatura di mondo e anche se lui percepisce la ripetitività, l’apparente non senso dell’esistere, nei versi non si scorge la sconfitta. Piuttosto egli continua a divorare e restituirci la vita attraverso parvenze meravigliose.

Così, dalle gelide sponde di città straniere, dalle voci di uomini comuni, di musicisti e filosofi, si snoda come un sentiero di bellezza: le guerre, l’ira, le bramosie vivono su questa terra, dove tutto sarà un giorno bruciato, dimenticato. L’erba invaderà i luoghi, ma una luce sempre apparirà e scomparirà, una scia di incantamento che ha tracciato la sua via nell’indifferenza degli uomini. Adam Zagajewski riconosce l’eternità anche tra le ombre terrene:

Un sole bianco emerse dalle nebbie
mi trapassò l’arpione acuminato dell’incanto.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :