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Recensione del libro “La vita inaspettata” di Telmo Pievani

Creato il 03 settembre 2011 da Uccronline

Recensione del libro “La vita inaspettata” di Telmo Pievani
di Michele Forastiere*
*insegnante di matematica e fisica in un liceo scientifico.

 
Mi ero ripromesso di approfondire il discorso sull’ultimo libro del filosofo della scienza Telmo Pievani, “La vita inaspettata – Il fascino di un’evoluzione che non ci aveva previsto”, (Raffaello Cortina Editore 2011), ed eccomi qui. La sensazione immediata è che lo scopo del libro sia quello di convincere il lettore della validità dei seguenti concetti:

  1. sebbene non si possa dimostrare scientificamente l’inesistenza di Dio, la ragione e la scienza potrebbero ammettere, al massimo, un Dio incapace di agire nella storia
  2. chiunque insiste a credere in un Dio creatore è smentito dalla scienza, quindi è solo uno stolido testardo credulone

Naturalmente ogni opinione è rispettabile; nondimeno, trovo che Pievani usi talvolta strumenti poco corretti per sostenere le proprie tesi. Mi sembra infatti che, nell’analizzare certi fatti e documenti, di tanto in tanto egli tenda a “dimenticare” o a travisare qualche elemento-chiave. Il risultato è che il lettore distratto finisce per ricavarne sempre – guarda caso – un’impressione favorevole agli assunti dell’autore. Credetemi, non è possibile in questa sede prendere in esame tutte le stonature che ho incontrato ne “La vita inaspettata”. Ne analizzeremo perciò solo alcune.

Cominciamo a sfogliare il libro. Il titolo è un riferimento esplicito alla monografia di Stephen J. Gould “La vita meravigliosa” (Feltrinelli, Milano 1990). Grazie principalmente a quest’opera, Pievani giunge alla conclusione che l’esistenza dell’Uomo è in gran parte frutto della contingenza, ovvero di una lunga serie di coincidenze fortuite e irripetibili (capitoli 1, 2 e 3). Niente di strano, però, perché secondo lui la specie umana vale quanto qualsiasi altra: per esempio, quanto l’unico superstite dell’ordine dei Tubulidentati, l’Orycteropus Afer (pag. 43), o quanto i discendenti virtuali degli scomparsi vermi priapulidi del Cambriano e dell’estinto Velociraptor (pag. 212).

Pievani, tuttavia, omette di dire che Gould non la pensava affatto così. Nell’ultimo capitolo de “La vita meravigliosa”, infatti, il grande paleontologo afferma di continuo che non tutte le possibili storie evolutive avrebbero potuto condurre all’apparizione di un’intelligenza autocosciente. Osserva, per dirne solo una, che se un imprevedibile evento (la caduta dell’asteroide dello Chicxulub) non avesse cancellato i dinosauri, con ogni probabilità non si sarebbe mai evoluto un essere mentalmente simile all’Uomo; a sostegno di ciò, cita un lavoro scientifico che nega la possibilità di un sufficiente sviluppo cerebrale nei dinosauri.

Il corollario alla filosofia della contingenza parrebbe perciò questo: pur in presenza di un numero soverchiante di vicoli ciechi, l’Universo sembra aver imboccato ogni volta la strada giusta verso l’evoluzione di vita autocosciente. Giunto a questo punto della trattazione, mi sarei dunque aspettato che Pievani affrontasse di petto la domanda che ne consegue, vale a dire: si può giustificare esaurientemente l’esistenza dell’Uomo grazie al solo intreccio del Caso e della Necessità naturale, oppure si può ammettere che essa possa non essere riducibile, nella sua interezza, a puro materialismo? È chiaro a tutti che la scienza non è in grado di rispondere; l’autore, però, decide di non sollevare nemmeno la questione e sceglie un’altra strada. Prima di seguirlo su questa, tuttavia, devo fare un piccolo inciso.

Come si sa, c’è chi ha creduto di poter dare una risposta definitiva a favore del materialismo, individuandola in una presunta quantità illimitata di risorse materiali a disposizione del Caso. Si tratta, in pratica, dell’idea di un Universo attualmente infinito ed eterno (cfr. Ultimissima 19/5/11), più o meno come quello di Epicuro e Giordano Bruno: l’Infinito materiale che permette di sfuggire all’Infinito trascendente. Il fatto è che la scienza, nonostante la grancassa che di tanto in tanto parte (vedi l’ultimo libro di Hawking, “Il Grande Disegno”), non è affatto convinta che ciò sia vero (cfr. qui e qui).

Pievani, che ha compreso tutto ciò molto bene, decide abilmente di evitare il discorso – lasciandolo pur sempre aleggiare in qualche modo sullo sfondo (pagg. 176, 224, 234), e si dedica a convertire i lettori alla fede ateista tentando, in maniera diretta e brutale, di screditare chiunque sostenga il teismo. D’altra parte, a mio parere, questa è la sola strada che gli resta, dato che ha appena mostrato di aderire a una filosofia della contingenza che è, di per sé, totalmente compatibile con la dottrina cattolica della Provvidenza.

In breve, Pievani parte all’attacco della teologia naturale (che tende a identificare col creazionismo di marca Intelligent Design), evidenziandone le debolezze scientifiche (pagg. 146, 159, 161, 171); poi insinua l’idea che le gerarchie della Chiesa Cattolica siano solo all’apparenza aperte alla scienza, ma che di fatto sposino subdolamente le idee creazioniste (pagg. 151, 153); infine, per dimostrare quanto i cattolici siano divisi sull’argomento, fa passare per miscredente il padre gesuita, nonché astronomo, George V. Coyne (pag. 160). Il tutto, secondo me, senza fornire prove sufficientemente persuasive (per farsi un’idea sulla vera posizione della Chiesa, vedi per esempio qui), e prendendo anche un bel granchio riguardo a Coyne. Vediamo come.

Alle pagine 40 e 41 del libro-intervista di Chiaberge (“La variabile Dio” – Longanesi 2008), citato a pag. 160 de “La vita inaspettata”, Coyne dichiara: «[Dio] non poteva sapere ciò che non era conoscibile [… ma ...] sperava che noi saremmo un giorno esistiti. Potrebbe aver pregato perché diventassimo una realtà vivente».

Subito dopo questa citazione, Pievani insinua che l’“illuminato” Coyne, grazie alla scienza, non crederebbe più in un Dio onnipotente. A rigore di logica, dunque, il gesuita sarebbe nell’intimo un eretico, che mente ogni volta che recita il Credo. Per fortuna, si tratta soltanto di una solenne bufala, presto sbugiardata. In effetti, Coyne sta parlando in quel passo di un ipotetico Dio immanente, e sta affermando che quell’ipotetico Dio non potrebbe essere onnisciente. Dunque, coerentemente col suo essere sacerdote cattolico e scienziato, sostiene l’esistenza di un Dio trascendente rispetto alla creazione (concetto che in effetti chiarisce alle pagg. 91 e 92 del libro di Chiaberge). La frottola, come si può vedere qui, sarebbe stata messa in giro da una recensione parziale del solito Odifreddi, e  Pievani parrebbe aver attinto unicamente da questa.

Insomma, stando così le cose, ho il presentimento che nemmeno grazie a “La vita inaspettata” – ricca com’è di lunghe e dotte dissertazioni – Pievani riuscirà a convincerci che la fede sia davvero una faccenda da stolidi testardi creduloni.


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