Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Alessandro Giuliani, biologo e Primo Ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità dove si occupa della modellizzazione matematica e statistica di sistemi biologici. Fa parte del corpo docente del dottorato di ricerca in Biofisica dell’ Università “La Sapienza” di Roma e collabora con l’Università Keio di Tokio e con l’Università Rush di Chicago. Nel tempo si è occupato di temi molto diversi fra loro come la fisica dei sistemi complessi, la biochimica, la chimica organica, la psicobiologia, le neuroscienze, la biologia molecolare, l’ecologia. Oltre al libro che presenterà qui sotto, intitolato “Scienza: istruzioni per l’uso” (Rubbettino 2010), è co-autore de “Scienza della natura e stregoni di passaggio” (Jaca Book 2011) e “L’ordine della complessità” (Jaca Book 2009)”.
di Alessandro Giuliani*
*biologo e primo ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità
Un punto topico della letteratura, oltre che del giornalismo e del pettegolezzo spicciolo, è quello della personalità pubblica, famosa, carismatica, vista dall’angolazione particolare del maggiordomo, dell’infermiera, del cuoco, del parrucchiere o in ogni caso di chi disponga di un osservatorio che gli consenta di scovarne il lato umano nascosto dalla preponderante immagine pubblica. Dopo più di un quarto di secolo di lavoro nel campo della statistica e, più in generale, dell’ analisi dei dati applicata alle scienze della vita, mi sono convinto di essere un po’ come l’infermiere (o il medico, il confessore, lo psicologo, il maggiordomo..) di quella multiforme personalità a cui diamo il generico nome di scienza. Forse questa mia esperienza potrebbe essere di qualche utilità nell’odierno dibattito su argomenti che a molti appaiono di grande importanza per il loro contenuto ma che dal mio particolare punto di vista appaiono piuttosto delle fantasie un po’ bislacche. Proverò a spiegare il perché…
Praticamente tutti i commentatori dei fatti scientifici, siano essi filosofi, letterati, politici, teologi, non mettono mai in discussione un assunto di base: che se una cosa l’hanno detta gli scienziati essa deve essere dotata di una forte carica di realismo, deve insomma essere (qualsiasi cosa questo voglia dire) “un fatto oggettivo”. Questa posizione, anche se derivante dal bellissimo sentimento di prendere sul serio ciò che un esperto di una materia che non conosciamo ci dice (sentimento senza il quale la stessa vita della società sarebbe messa in serio pericolo), provoca la curiosa distorsione che fa sì che tutti i pensatori non specificatamente interni al mestiere scientifico, si fanno l’idea che discipline come la logica matematica o la teoria dei giochi (che hanno un peso del tutto irrilevante sul formarsi delle convinzioni scientifiche) siano molto importanti per occuparsi con cognizione di causa delle scienze e, piuttosto che procurarsi una decente infarinatura di analisi dei dati, statistica e teoria della misura (le uniche cose veramente importanti per giudicare della congruità delle affermazioni scientifiche) preferiscono elucubrare sull’ambiguo statuto del dualismo onda-particella o sul carattere frattale della natura. Insomma, dando per assodato che se la “Scienza” afferma qualcosa vuol dire che ha i suoi buoni e solidi motivi, essi cadono nella trappolona brillantemente individuata da Nicolas Gomez-Davila «la scienza inganna in tre modi: trasformando le sue proposizioni in norme, divulgando i suoi risultati più che i suoi metodi, tacendo le sue limitazioni epistemologiche».
Prima di proseguire voglio però sia chiaro a tutti che, anche se la scruto quando più è indifesa, mentre si trucca e si imbelletta, ma anche quando piange o ride di cuore o ha il mal di pancia, io amo la scienza e assolutamente non credo che suo scopo precipuo sia l’inganno…tutt’altro, è proprio perché ho un grande amore per la scienza che mi sento in dovere di difendere il suo onore da chi usurpa il suo nome per propinarci mal cucinate ideologiche pietanze. In questo libro ho allora cercato di fornire al lettore e alla lettrice delle suggestioni che rendano (almeno spero) tutto sommato abbastanza futile una parte considerevole del dibattito sulla rilevanza antropologica delle neuroscienze o sul determinismo genetico. Insomma, se riuscirò a convincere i lettori che una buona parte di quelli che vediamo indicato come “risultati epocali” sulle pagine scientifiche dei giornali (per capirsi amenità come “l’area cerebrale della volontà di potenza” o il “gene dell’intelligenza”) sono semplicemente degli esempi di scienza abborracciata, privi di ogni relazione con la realtà, forse avremo più tempo per occuparci di cose veramente interessanti e smaschereremo le ideologie (spesso violentemente anticristiane, sempre disumanizzanti) nascoste dietro una (fragile) facciata scientifica.
Per non cadere negli stessi difetti che dico di voler emendare il discorso però non può che essere basato sul puro “canone artigiano” che nella scienza altro non è che una buona e sensata metodica sperimentale. Quindi si cerca di costruire una sorta di manuale di stile scientifico basato sui concetti principali dell’analisi dei dati e della metodologia statistica. Non sono io di certo la persona adatta a giudicare se ci sia o meno riuscito ma confido che la stretta relazione tra vera scienza e senso comune (aspramente negata dagli scientisti ma solo perché ne hanno una gran paura) possa avermi aiutato in questo tentativo.