Quando nel 1978 le Brigate Rosse (BR) rapirono Aldo Moro, credettero di trovarsi di fronte ad uno dei massimi rappresentanti ed esecutori di un “regime” organizzato, monolitico, perfettamente riconoscibile, che combatteva la classe operaia e prendeva ordini da grandi e lontane centrali cospirative: la CIA, gli USA, la Germania, ecc..Seppure era ed è certamente vero che l’Italia è una democrazia incompiuta, la stampa non è libera, esistono profonde ingiustizie e via dicendo, di fronte a Moro, le BR furono costrette a rendersi conto che quel regime non esisteva (e non esiste) o meglio non esisteva (e non esiste) nelle forme secondo cui esse credevano esistesse o altri credono che ora esista. Se cioè sono chiari ed evidenti i beceri effetti ed i deprimenti risultati, le cause invece sono assolutamente sfuggenti, evasive, “anguillose”. Oltretutto, l’eliminazione di un suo presunto esecutore, Moro, che – fra l’altro – come ebbe a dire Pasolini era “il meno implicato di tutti”, non fece altro che rafforzare le forze contro cui le BR combattevano.
Gian Maria Volontè interpreta Moro nel film “Il caso Moro” del 1986
Oggi, come allora, fortunatamente con ben altre modalità, il Movimento 5 Stelle sta combattendo le stesse battaglie e, commettendo, gli stessi ingenui errori. Come magistralmente recitato da Volonté in questo spezzone del film “Il caso Moro” (dal minuto 1.00 a 2.50), il “regime” che mantiene l’Italia in questo stato di ingiustizie e marciume è tutt’altro che monolitico, tutt’altro che impegnato a perseguire grandi e lontani disegni o complotti, tutt’altro che identificabile e quindi possibile a mettersi in un mirino. Il “regime” è invece fatto di piccole meschinerie, miseri interessi di parte, millenari e gretti meccanismi atti a preservare il personale status quo. E dunque l’Italia che abbiamo sotto gli occhi (da secoli) è piuttosto il risultato “della concatenazione, più o meno casuale, di tutta una serie di circostanze piccole”.
Per questo, oggi come allora, l’errore del M5S è concettuale: i grandi registi e cospiratori del “regime” non hanno nomi o hanno i nomi di milioni di persone. Il “regime” è un mastodonte, una balena (non a caso la Democrazia Cristiana veniva detta “la balena bianca”), senza identità, senza forma e, allo stesso tempo, ha l’identità e la forma dell’Italia intera. Ed, ormai, gridare ossessivamente e nevroticamente al complotto ogni pomeriggio o mandare “affanculo” un qualche politico un giorno sì e l’altro pure, oltre a tradire frustrazione, non fa che rafforzare questo mastodonte, esattamente come lo rafforzarono le azioni brigatiste.
Allo stesso modo, questa balena ha ora fagocitato anche Renzi, semplicemente attendendo che finisse nella sua grande bocca. Una balena con una grande bocca aperta che inghiotte e digerisce qualsiasi cosa, da qualche millennio. Sceso da Firenze a Roma pieno d’energia e grandi e nuovi propositi, si è trovato impelagato nelle millenarie paludi del “regime” e, per non perdere l’impulso derivatogli dalle primarie e dal suo essere “homus novus”, è stato costretto ad andare al governo secondo i più antichi, meschini, democristiani e fratricidi meccanismi. Il suo governo è un rimpasto del precedente, un collage di pezzi di partiti non destinati a stare insieme ed uniti più che altro dall’ansia di perdere il posto e confrontarsi con gli elettori, un governo già vittima di ricatti e capriccetti, nel quale ogni spinta di rottura rispetto al passato (qualsiasi essa sia) verrà “prudentemente” e inesorabilmente ammortizzata e spenta. Insomma: un tipico governo della nostra Repubblica. In altre parole, Renzi è già finito avvolto nelle spire del mastodonte che ne bloccheranno ogni spinta verso il cambiamento. Neanche il fascismo è riuscito a scalfire questi meccanismi, figuriamoci uno scout di Firenze.
Il Colosseo è lì da qualche millennio…