Vi ricordate il bambino di “ET incontri ravvicinati di terzo tipo” ?
L’ americanino vitaminizzato di tre anni incontra un simpatico extraterrestre, forse anche il piccolo attore non sapendolo ha rappresentato un nostro modello di alimentazione, vita e altro.
Mentre gli Stati Uniti ci mostravano dei possibili extraterrestri amichevoli, nel contempo esibivano il loro modello di sviluppo, e non solo con il film si diffondeva nell’intero globo terrestre.
I nostri bambini treenni che sventolavano contenti il vasino affermando di avere fatto tanta c…a sono diventati bambini coscienti che i loro rifiuti erano proporzionali alla quantità dei cibi che ingerivano e più mangiavano più ne avrebbero prodotti!
Gli americani ogni volta davano prova che il loro modello era vincente, e mentre noi avevamo incrementato le quantità di cibo ingerito, eravamo pronti per il grande balzo, anche noi avremmo iniziato a confezionare prodotti piccolini in scatoloni giganti, per far credere agli ottusi consumatori che dentro la scatolona c’è il prodottone, e così via, tutto allo scopo di generare quel mega processo che puntava a produrre rifiuti in una quantità paragonabile a quella degli americani.
L’unica differenza è che loro sono sempre stati pochi in rapporto ad una estensione enorme, per cui se da qualche parte c’era puzzo per una qualche discarica, non brontolava nessuno.
Mi sono capitati molto tempo fa dei libri che cercavano di analizzare il perché gli americani e in particolare ogni persona che rappresentava “potere” (quindi industriali, manager, dirigenti etc) buttasse via così tanta roba ; una delle ragioni che stava alla base era quella che più si butta via e più si dimostra di avere, e così tutti dovevano entrare nel circolo vizioso, dove per avere occorre sacrificio, lavorare duro, guadagnare per poter permettersi di avere e quindi poi di poter gettare.
Al tempo della società dell’avere sembra pian piano delinearsi una società dell’essere, dove piccoli gesti quotidiani ci fanno tornare persone coscienti di vivere in un pianeta con dei limiti ben precisi, dove le risorse sono esauribili e se la moglie di Obama coltiva l’orto e gli americani ora hanno un modello diverso di riferimento rispetto ai molti presidenti degli Stati Uniti (più o meno guerrafondai e bel lungi da comunicare messaggi inclini alla sobrietà)
La quantità dei rifiuti prodotti possono essere una delle chiavi di lettura della civiltà di un popolo?
Affermare che sono inversamente proporzionali alla crescita di civiltà è corretto ?
Prima degli americani c’erano gli indiani d’america meglio noti come “pellerossa”. Totale rispetto della natura, uccidevano i bisonti quanto basta e ne utilizzano anche la più piccola parte.
Arriva “l’uomo bianco civile” e neanche cent’anni dopo i bisonti diventano quasi un animale in estinzione, i cacciatori ne utilizzavano la pelle, lingua e poco più, poi tutte carcasse al sole a marcire.
Non importa andare tanto lontano, anche i contadini che io stesso ricordo, avevano la porcilaia, tutti i resti di cibo buttati insieme al letame, tutto veniva riutilizzato e del maiale non si buttava via nulla, persino confezionavano dei pennelli con il pelo.
Altri tempi.
Almeno se abbiamo avuto qualche periodo felice cerchiamo di ricordarlo, specie se fa stare bene !
Ma, ora ?
Abbiamo gestito male il ciclo dei rifiuti in passato, un esempio che voglio citare per intero è un estratto dal libro Ecoballe di Paolo Rabitti, perito della Procura di Napoli nei procedimenti giudiziari sui rifiuti campani, permette di fare il punto sulle responsabilità di un disastro unico al mondo.
“Sulla vicenda sono in corso due processi a cui è demandato l’accertamento delle responsabilità penali degli imputati; ma sul meccanismo che ha portato a sommergere la Campania sotto cumuli di rifiuti non ci possono più essere dubbi. Questo meccanismo è la sistematica violazione dell’ordinanza con cui, fin dal marzo del 1998, l’allora Ministro degli interni Giorgio Napolitano aveva delineato i termini con cui avrebbe dovuto essere affrontata la crisi dei rifiuti nella regione.
Quell’ordinanza prescriveva il raggiungimento del 35% di raccolta differenziata; l’affidamento per 10 anni della gestione di tutti i rifiuti urbani prodotti in Campania a valle della raccolta differenziata; la realizzazione entro l’anno degli impianti di selezione e trattamento delle frazioni secca e umida del rifiuto indifferenziato e, entro il 2000, di due inceneritori predisposti per il trattamento del solo Cdr (la frazione secca del rifiuto indifferenziato, trattata perché raggiunga un tot potere calorifico). Per evitare indebiti accumuli di Cdr fino alla realizzazione degli inceneritori, lo stesso doveva essere bruciato in altri impianti, anche fuori regione; e per non pregiudicare la raccolta differenziata, il Cdr non doveva eccedere la metà dei rifiuti complessivamente prodotti in Campania. L’elettricità prodotta dagli inceneritori avrebbe goduto, per un periodo di 8 anni, degli incentivi Cip6 cioè di un prezzo di cessione dell’elettricità generata con i rifiuti 4 volte superiore al costo di produzione di un ordinario impianto termoelettrico. Il decreto Napolitano era in perfetta linea con le esperienze all’epoca più avanzate di gestione dei rifiuti urbani e ne riproduceva le fasi e le caratteristiche principali.
La prima violazione del decreto avviene con il bando di gara indetto dal Commissario straordinario ai rifiuti, l’allora Presidente della giunta regionale di centrodestra, Rastrelli. Il bando viene dimensionato per il trattamento di tutti i rifiuti prodotti dalla regione e non solo della parte che residua dalla raccolta differenziata; le prescrizioni del capitolato d’oneri riguardano solo l’inceneritore, senza alcun riguardo per gli impianti di selezione e trattamento a monte dell’incenerimento; non una parola viene fatta sugli impianti di compostaggio (processo che trasforma la frazione organica in un ammendante per i suoli agricoli), senza i quali la raccolta differenziata dei rifiuti urbani non ha senso. Una scelta a favore del «tutto fuoco» che rispecchia l’orientamento della giunta regionale dell’epoca, ma che viene poi confermata dalle successive giunte Bassolino di centrosinistra. Per di più si affida all’impresa vincente il compito, pubblico, di scegliere i siti dove costruire gli impianti.
La seconda violazione è con l’aggiudicazione del servizio. Viene scelto il progetto del raggruppamento Fisia-Impregilo, che la commissione tecnica giudica il peggiore tra quelli presentati (era obsoleto già 10 anni fa); inoltre in esso si prospetta la produzione di compost senza fare la raccolta differenziata della frazione organica, ma ricavandolo dal rifiuto indifferenziato, e in quantità superiori alle capacità di trattamento degli impianti: è evidente che non si intende né produrre compost, per il quale ci vuole la raccolta differenziata, né stabilizzare – cioè rendere inoffensiva – la frazione «umida» del rifiuto indifferenziato; ma solo chiamare compost tutto ciò che viene scartato nella preparazione del rifiuto combustibile per l’inceneritore. Non basta, l’impresa proponente subordina la validità della sua offerta all’accettazione da parte della stazione appaltante di una nota del tutto illegale dell’Abi che «mette al bando» la raccolta differenziata di plastica e carta – gli unici materiali combustibili che possono alimentare un inceneritore – attraverso la formula deliver or pay: i comuni devono pagare a chi gestisce gli impianti la stessa tariffa sia che facciano la raccolta differenziata o no. Lo scopo è quello di massimizzare gli incassi da produzione di energia elettrica: più rifiuti ci sono, più si guadagna. Molti economisti sostengono che gli incentivi per le fonti rinnovabili alterano i meccanismi di mercato. E’ vero, ma promuovono il futuro: cioè l’unica alternativa energetica in un’era post-fossile. Gli incentivi per l’incenerimento finanziano il passato: la dissipazione, con rendimenti insignificanti, di tutta l’energia utilizzata e contenuta nei materiali distrutti; uno spreco concepibile con un’offerta di combustibili fossili illimitata e senza l’assillo dell’effetto serra: un’epoca ormai alle nostre spalle.
La terza violazione del decreto Napolitano si verifica cancellando dolosamente dal contratto le clausole che obbligano l’appaltatore a bruciare i rifiuti combustibili in altri impianti fino al completamento dell’inceneritore e quelle che limitano il materiale da bruciare alla metà dei rifiuti prodotti in regione. Quelle clausole obbligherebbero l’appaltatore a pagare il servizio a altri operatori, perdendo gli incentivi Cip6. Meglio allora impacchettare quel tesoro in migliaia di «ecoballe», in attesa di poterle bruciare nel proprio forno. Se poi la realizzazione dell’inceneritore tarda e le ecoballe diventano milioni, che importa? Valgono tant’oro quanto pesano, tanto è vero che le banche (ecco che torna in campo l’Abi) le accetteranno a garanzia dei prestiti concessi, come fossero tanti barili di petrolio (quelle accumulate l’anno scorso valevano già un miliardo e mezzo di euro).
Se poi questi stoccaggi illeciti – dopo un anno gli stoccaggi cessano di essere depositi temporanei, autorizzati dalla legge, e diventano discariche, per le quali sono necessari presidi ambientali mai realizzati – costano troppo, si mette a carico del Commissario, cioè di tutta la nazione, la differenza tra il prezzo pagato alla camorra, proprietaria delle aree di stoccaggio, e quello che l’appaltatore aveva indicato nella sua offerta al ribasso. E’ la quarta violazione del decreto: una porta spalancata alla camorra che affitta camion per portare le ecoballe in giro per tutta la regione e i terreni dove accumularle.
Quinta violazione: per produrre più ecoballe si fanno lavorare i Cdr al di sopra delle loro capacità; si sospende la manutenzione e li si mette fuori uso, anche perché non c’è più un solo buco dove conferire la parte più molesta del loro output: la frazione umida non lavorata e puzzolente che dovrebbe essere compost. Sembra che rovinando i propri impianti i titolari dell’appaltato danneggino se stessi; ma non è così. Con quegli impianti fuori uso e le discariche piene, i rifiuti si accumulano per le strade e l’emergenza torna a farsi pressante. Tanto da giustificare nuove ordinanze e nuove deroghe: cioè l’autorizzazione a produrre compost che non è compost e Cdr che non è Cdr. E nuovi impianti con lucrosissimi incentivi: non più un solo inceneritore e nemmeno 2, ma 4; e tutti con gli incentivi Cip6, aboliti nel resto dell’Italia e fuorilegge per la Commissione europea. «Da diverse conversazioni intercettate – scrive Rabitti – emerge il sistematico ricorso al blocco della ricezione dei rifiuti come strumento di pressione per avere le autorizzazioni agli stoccaggi e per giustificare i provvedimenti». Ecco spiegata l’emergenza rifiuti.”
Passa il tempo, sono ormai 5 anni che il libro è stato scritto e non è cambiato molto, ci vuole tanto a prendere coscienza di un problema, capire, diffonderlo, farlo condividere, aspettare pazientemente che altri se lo prendano a cuore, poi basta poco e per un interesse, egoismo, campanilismo, o bassa politica, qualcosa va di traverso e le buone iniziative si insabbiano nelle sabbie mobili del disinteresse. E’ veramente triste.
C’è voluto anche Saviano per raccontare cosa c’è dietro. Se noi italiani avessimo avuto un territorio come gli Stati Uniti, magari non avrebbe brontolato nessuno, i rifiuti sarebbero stati buttati in qualche remota vallata delle montagne rocciose, tutto dimenticato. O magari per non avere vicino i rifiuti i loro produttori li avrebbero spediti in una mega discarica nel terzo mondo, l’Africa ne è piena.
I problemi non si devono risolvere così, si danneggiano altri paesi, altre civiltà.
Qui ora abbiamo falde contaminate, terreni inzuppati di rifiuti tossici e chissà per quanto se li dovranno tenere le persone che ci vivono vicino.
Ecco che la nostra civiltà si deve interrogare sul suo futuro, perché c’è la necessità di ritornare a modi di vita più sobri, regole di vita condivise, ma ci vorrà del tempo.
Non abbiamo più tempo, dobbiamo farlo subito, se ne accorgono anche i giovani, ne cito uno, il primo che trovo, è un esempio, un’altra voce fuori dal coro, indica delle regole su come fare meglio la differenziata.
Tra plastiche, derivati del petrolio di ogni tipo spesso non compatibili tra loro, ci dobbiamo barcamenare in mezzo a rifiuti di ogni genere e diventa difficile classificarli, e un giovane pieno di iniziativa come : http://francescocucari.it/ si inventa un dizionario dei rifiuti scaricabile anche in applicazione per telefonino. Ci sono anche decine di blog sulla raccolta differenziata per aiutare tutti coloro che hanno dubbi o incertezze su come agire.
Eppure vedo ancora incivili che raccolgono tutto in un grande saccone nero e lo buttano dove capita, mi viene da pensare, e non posso farne a meno :
- Non è così che si partecipa in modo positivo alla vita di un paese civile. – !
Archiviato in:Ambiente, Decrescita, Economia e modelli di sviluppo, Società civile