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Riforma pensioni: cosa potrebbe cambiare dal 2015

Da Pukos
Riforma pensioni: cosa potrebbe cambiare dal 2015

Tra le tante proposte, l’opzione di andare in pensione prima di raggiungere i requisiti ordinari, con una penalizzazione nell’entità dell’assegno. Questa ipotesi è tuttora allo studio tanto che è stata rilanciata nei giorni scorsi dal Yoram Gutgeld, consigliere del presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

Almeno quattro ipotesi di modifica sul tavolo dell’esecutivo per rivedere l’impianto della Riforma Fornero. La nomina di Boeri all’Inps e l’avvicinarsi del giudizio della Consulta sull’ammissibilità del referendum chiesto dalla Lega Nord per abrogare l’articolo 24 del Dl 201/2011 hanno di fatto riacceso le speranze di un intervento volto ad introdurre maggiore flessibilità in uscita.

I tempi, indipendentemente dalla decisione della Consulta, sono oggi piu’ maturi rispetto al passato fanno notare fonti vicine al Pd. Innanzitutto, sottolineano, c’è un governo con una rotta molto piu’ chiara e decisa rispetto al precedente esecutivo, quello a guida Letta, che non poteva garantire una simile leadership. Lo testimonia il fatto che il Governo Renzi sia comunque riuscito a portare a casa riforme molto complesse come Pubblica Amministrazione e Lavoro.

E’ proprio quest’ultima Riforma in realtà a chiedere un’operazione nel 2015 in materia previdenziale. Un intervento per rendere più agevole lasciare il lavoro per coloro che hanno molti anni di contributi dando la possibilità alle aziende di assumere giovani e di far crescere la diffusione del nuovo contratto a tutele crescenti. L’obiettivo è uno solo: abbattere l’enorme tasso di disoccupazione. Soprattutto quello giovanile. Con la promessa di una accelerazione qualora la Corte Costituzionale desse il via libera al Referendum promosso dalla Lega Nord il prossimo 20 Gennaio 2015.

Le ipotesi attualmente sul tavolo di Palazzo Chigi sono principalmente quattro. La prima — contenuta in una proposta del Pd, primo firmatario Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera — è quella di introdurre un meccanismo che permetta di lasciare il lavoro anche a 62 anni di età e 35 di contributi, sia pure con una penalità dell’8% che si riduce fino a azzerarsi se si va via al raggiungimento della normale età pensionabile, cioè 66 anni. Analoga possibilità di uscita anche a 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età.

C’è poi l’ipotesi di reintrodurre la vecchia pensione di anzianità con requisiti però un pò piu’ elevati. Bisogna infatti perfezionare la quota 100 (somma di anzianità contributiva e anagrafica) anch’essa sostenuta dal presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, in alternativa alla prima proposta. In altri termini si parte da un minimo anagrafico e contributivo (che dovrebbe essere ancorato a 60 anni di età e 35 di contributi) e si chiede il contestuale perfezionamento di un valore pari a 100, determinato dalla somma dell’età anagrafica e contributiva. Ad esempio si potrebbe accedere alla pensione con 62 anni e 38 anni di contributi, con 61 anni e 39 di contributi oppure con 60 anni e 40 di contributi.

Da menzionare anche il cd. prestito pensionistico, un’idea elaborata dall’Ex ministro del lavoro, Enrico Giovannini, che consentirebbe di anticipare l’età pensionabile sino ad un paio d’anni massimo rispetto ai requisiti vigenti. L’anticipo poi sarebbe restituito con dei micro prelievi una volta conseguito l’assegno previdenziale. L’idea tuttavia sta perdendo quota all’interno della maggioranza per via della sua complessità (coinvolgerebbe, infatti, anche le imprese).

Infine, un’altra ipotesi rilanciata dal consigliere economico del Pd, Yoram Gutgeld, è quella di estendere in favore di tutti i lavoratori l’opzione per il calcolo contributivo dell’assegno in cambio di un anticipo sull’età pensionabile. Qui si potrebbero ottenere anticipi molto piu’ consistenti al prezzo però di un assegno decurtato anche del 25% rispetto alle regole standard. Una simile norma oggi già esiste ma è in esaurimento (scade il 31 Dicembre 2015): si tratta della cd. opzione donna e riconosce la possibilità per le sole lavoratrici di accedere alla pensione con 57 anni e 3 mesi di età unitamente a 35 anni di contributi. Tale ipotesi potrebbe essere estesa anche ai lavoratori uomini.

Riforma pensioni: cosa potrebbe cambiare dal 2015

Con l’intervento potrebbero esserci dei correttivi anche per chiudere una volta per tutte i problemi degli esodati rimasti fuori da tutte le sei salvaguardie varate fino a oggi, la vicenda dei macchinisti delle ferrovie dello stato, la ricongiunzione onerosa e, soprattutto,  sterilizzare il drastico aumento dell’aliquota della gestione separata Inps per partite Iva e co.co.pro. scattato dal primo gennaio scorso.

Fonte: www.pensionioggi.it


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